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“IL CRISTIANO NON PUÒ CONVIVERE CON LO SPIRITO DEL MONDO”

Al termine della Via Crucis serale del terzo venerdì di Quaresima, nella chiesa parrocchiale di San Giuseppe Lavoratore, il prevosto ha messo in guardia dal “pericolo della mondanità”.

Chiesa parrocchiale San Giuseppe Lavoratore

“La Chiesa siamo tutti! Tutti! Dal primo battezzato, tutti siamo Chiesa, e tutti dobbiamo andare per la strada di Gesù, che ha percorso una strada di spogliazione, Lui stesso. E’ diventato servo, servitore; ha voluto essere umiliato fino alla Croce. E se noi vogliamo essere cristiani, non c’è un’altra strada. Ma non possiamo fare un cristianesimo un po’ più umano – dicono – senza croce, senza Gesù, senza spogliazione? In questo modo diventeremo cristiani di pasticceria, come belle torte, come belle cose dolci! Bellissimo, ma non cristiani davvero! Qualcuno dirà: ‘Ma di che cosa deve spogliarsi la Chiesa?’. Deve spogliarsi oggi di un pericolo gravissimo, che minaccia ogni persona nella Chiesa, tutti: il pericolo della mondanità. Il cristiano non può convivere con lo spirito del mondo. La mondanità che ci porta alla vanità, alla prepotenza, all’orgoglio. E questo è un idolo, non è Dio. E’ un idolo! E l’idolatria è il peccato più forte!” (Papa Francesco, Assisi, 4 ottobre 2013)

Al termine della Via Crucis serale del terzo venerdì di Quaresima, nella chiesa parrocchiale di San Giuseppe Lavoratore, il prevosto, don Luciano Capra, nella sua riflessione finale ha ripreso e commentato quanto detto da Papa Francesco ad Assisi nel 2013, sopra riportato.

“La Chiesa non è solo il Papa, i vescovi e i preti. La Chiesa siamo tutti noi battezzati – ha sottolineato don Luciano - ciascuno nel ruolo che occupa, nel compito che ha.” Il Papa ci invita a spogliarci, ma “di che cosa dobbiamo spogliarci? Ciascuno di noi deve spogliarsi di un pericolo gravissimo, che minaccia ogni persona della Chiesa: il pericolo della mondanità spirituale.” Una “malattia che attacca noi cosiddetti vicini” e che ci porta a “ragionare secondo la mentalità del mondo e non con la mentalità e il pensiero di Cristo.”

“Come si fa a capire quando uno ragiona con la mentalità del mondo?” Ce lo spiega bene il Papa: “la mondanità del mondo ci porta alla vanità, alla prepotenza e all’orgoglio”. Il prevosto riflette: “in ogni peccato c’è dentro l’orgoglio, cioè il fare di testa nostra, il crederci migliori degli altri, l’avere sempre da insegnare agli altri, il credere di essere noi più liberi degli altri.” Per sottrarci a questa malattia – è l’invito finale di Don Luciano - “dobbiamo chiedere allo Spirito Santo di liberarci da questa mondanità, di mettere dentro di noi un cuore libero che ci permetta di porci sempre più in ascolto di Cristo e di vivere secondo il suo Vangelo”.

Cernusco sul Naviglio, 30 marzo 2019