GESÙ CI INSEGNA AD ESSERE UOMINI VERI

Domenica 18 dicembre, VI di Avvento – “Proprio in quanto cristiani, vogliamo essere uomini veri – scrive il prevosto - e questo ce lo insegna il Signore Gesù, diventando uno di noi.”

In questa ultima domenica di Avvento la nostra liturgia ambrosiana ci fa celebrare il mistero dell’Incarnazione del Signore o della Divina Maternità della Beata Vergine Maria. La liturgia romana, come sappiamo, celebra la solennità della Madre di Dio nel primo giorno dell’anno civile, al termine dell’ottava di Natale. La nostra tradizione ambrosiana, invece, pone in modo più corretto il mistero della maternità di Maria al termine del cammino di Avvento, e ci invita a considerarlo nella giusta prospettiva. Quella che celebriamo, infatti, non è una festa mariana, come possiamo immaginare, ma è una festa del Signore, e per questo può essere celebrata anche di domenica, che è il giorno del Signore per eccellenza.

Attraverso la maternità di Maria, siamo invitati a guardare al mistero dell’Incarnazione, alla volontà di Dio di farsi uomo e di assumere in pienezza la nostra umanità. Un accenno a questo mistero, anche se in modo molto allegorico, ci veniva ricordato dalle immagini della lettura del profeta Isaia. Quella che abbiamo ascoltato non è certo una pagina di immediata comprensione e per questo merita di essere spiegata con maggior attenzione. Isaia sta annunciando la vittoria di Dio sui suoi nemici. Invita Israele, il popolo dell’alleanza, a spianare la strada davanti al Signore che viene come vincitore. La stessa città di Gerusalemme è invitata a cambiare nome, perché non sarà più abbandonata da Dio. Anzi, non solo Israele, ma l’umanità intera avrà la gioia di partecipare a questa salvezza e a questa pace divina, messianica: «Li chiameranno – dice infatti il testo, al plurale – ‘Popolo santo’, ‘Redenti del Signore’».

A dare questo annuncio di gioia è un soldato, che giunge «con le vesti tinte di rosso», cioè sporche del sangue dei nemici che ha sconfitto in battaglia. E a chi gli domanda «Perché rossa è la tua veste e i tuoi abiti some quelli di chi pigia nel torchio?» egli risponde di aver fatto tutto «da solo» e che «nessuno era con me». Questo soldato diventa così simbolo della forza di Dio che sconfigge definitivamente i nemici del suo popolo. E la tradizione cristiana ha riletto in questa immagine la persona di Cristo Gesù che nel mistero dell’Incarnazione ha preso su di sé il nostro sangue, si è fatto uomo, e ha poi donato il suo sangue nel gesto dell’Eucaristia e della Pasqua. Ecco, dunque, la ricchezza di questa pagina che ci invita – in un modo per noi un po’ insolito – a meditare sulla verità dell’incarnazione del Signore.

Gesù si è fatto veramente uomo, carne della nostra carne, sangue del nostro sangue, e ha poi donato tutto se stesso – il suo Corpo e il suo Sangue, come ricordiamo nell’Eucaristia, cioè la sua persona e la sua vita – perché la nostra esistenza potesse essere rinnovata. Per questo motivo, infatti, Dio si è fatto uomo: perché l’uomo potesse diventare come Dio e partecipare della sua stessa vita. Così dicevano i padri della Chiesa. Ma se leggiamo con più attenzione anche le altre due pagine della Scrittura che oggi ci sono proposte, allora scopriamo che il vero modo con cui possiamo diventare come Dio, visto che siamo fatti a sua immagine, è quello di vivere senza sconti e in pienezza la nostra umanità.

Maria, la Madre del Signore, mette a disposizione tutta se stessa – con il suo “sì” detto all’angelo – perché si compia in lei l’azione divina, la parola del Signore. Ha accettato di vivere sul serio la sua umanità, lasciandosi riempire dalla potenza dello Spirito.

E Paolo, mentre è in carcere e sta vivendo un momento difficile della sua esistenza, senza lasciarsi scoraggiare, invita i cristiani di Filippi – e anche noi – a rallegrarsi nel Signore e a far conoscere a tutti la propria amabilità, perché il Signore è vicino.

Al termine del cammino di Avvento, quando il Signore è ormai vicino a ciascuno di noi e celebriamo il mistero della sua Incarnazione, domandiamo – per intercessione di Maria sua madre – di essere ravvivati e sorretti nella nostra umanità. Se c’è qualcosa che oggi, particolarmente, è venuto a mancare nella nostra esistenza quotidiana, infatti, è la nostra capacità di uomini a essere realmente uomini, a vivere in modo umano la nostra vita, non rassegnandoci alla violenza, all’inganno, alla sopraffazione, alla furberia e alla doppiezza. Proprio in quanto cristiani, vogliamo essere uomini veri, e questo ce lo insegna il Signore Gesù, diventando uno di noi. Tutto ciò che è vero, nobile, giusto, puro e amabile, tutto questo sia davvero oggetto dei nostri pensieri. Allora saremo realmente uomini e la pace di Dio sarà con noi.

Don Ettore Colombo

Responsabile della Comunità pastorale “Famiglia di Nazaret”

Per leggere i testi delle letture della Messa di domenica 18 dicembre, sesta di Avvento, cliccare qui

Cernusco sul Naviglio, 18 dicembre 2016