GESÙ VIENE A FARCI VISITA E A CONSOLARCI

Domenica 4 dicembre, IV di Avvento – “Per poter avvicinare ancora tutti gli uomini – scrive il prevosto - Gesù chiede che gli mettiamo a disposizione la nostra umanità, trasfigurata dal dono della sua presenza”.

“La venuta del Signore”, che “i figli del Regno” attendono nella loro vita quotidiana, non fa altro che rivelare “le profezie adempiute”, cioè il compimento delle promesse di Dio, così come ci è stato ricordato nelle prime tre domeniche dell’Avvento ambrosiano. In questa quarta domenica, che ha per titolo “L’ingresso del Messia”, le pagine della Scrittura scelte dalla liturgia sono un vero e proprio annuncio di consolazione, come ripete più volte il profeta Isaia. “Consolate, consolate il mio popolo – dice il vostro Dio –. Parlate al cuore di Gerusalemme e gridate che la sua tribolazione è compiuta”. Non solo il popolo di Israele e la città di Gerusalemme avevano bisogno di essere consolate perché, finalmente, l’esilio e la deportazione a Babilonia erano terminati, ma anche noi abbiamo bisogno di consolazione davanti ai drammi e alle brutture che ancora affliggono la nostra umanità.

Consolare significa mettersi in ascolto dell’altro; ancora di più: prendere le sue difese e stargli vicino. È questa, infatti, l’azione dello Spirito “consolatore” che il Signore Gesù ha donato alla sua Chiesa e che agisce ancora nei nostri cuori. Ma è questo anche l’atteggiamento che siamo chiamati a rivivere sull’esempio di Gesù che, secondo l’autore della Lettera agli Ebrei, ha come unico scopo quello di compiere la volontà del Padre. Per questo Gesù è venuto – “Ecco, io vengo a fare la tua volontà” – e così facendo ci ha rivelato la potenza di Dio che ancora viene a liberare il suo popolo: “Ecco il vostro Dio! Ecco, il Signore Dio viene con potenza”.

Ma la potenza di Dio, di questo Dio che viene a farci visita e a consolarci, non si esprime in gesti di forza e di sottomissione. È invece tutta incentrata sulla cura e sulla vicinanza al più piccolo e al povero. È la potenza e la forza di un pastore – per usare le parole di Isaia – che si fa carico di tutto il suo gregge, specialmente dei piccoli (“porta gli agnellini sul petto”) e di chi ha bisogno di essere sorretto e accudito (“conduce dolcemente le pecore madri”).

È la potenza di Gesù che – come avviene nel suo ingresso a Gerusalemme, descritto dall’evangelista Matteo – può disporre di tutte le cose e farsi obbedire dagli uomini, perché è “il Signore”, e, allo stesso tempo, non si sogna minimamente di imporre la sua volontà. Gesù viene – sempre secondo le parole della Lettera agli Ebrei – per compiere la volontà di Dio, e la volontà di Dio – come ci ha detto Isaia – è quella di consolare il suo popolo. Per questo Gesù fa il suo ingresso nella città santa non con le insegne di un conquistatore, su un cavallo tutto bardato per la guerra, ma su quelle di un re di pace, realizzando così le parole del profeta: “Ecco, a te viene il tuo re, mite, seduto su un’asina e su un puledro, figlio di una bestia da soma”. Questo è il modo con cui Gesù “è venuto” e ha fatto il suo ingresso nella storia, ma è anche il modo con cui egli viene ogni giorno, per la potenza consolatrice del suo Spirito, e verrà alla fine dei tempi, per tutti gli uomini. Se questo è il modo con cui il Signore Gesù viene e il Messia fa il suo ingresso nella nostra umanità, questo deve essere lo stesso modo con cui la Chiesa si accosta ad ogni uomo e ad ogni donna che incontra lungo la propria strada e nella sua missione.

Lo ha ricordato molto bene Papa Francesco nell’omelia al termine della celebrazione del Giubileo straordinario della Misericordia, quando ha invitato a domandare “la grazia di non chiudere mai le porte della riconciliazione e del perdono, ma di saper andare oltre il male e le divergenze, aprendo ogni possibile via di speranza”. E lo ha motivato così questo invito: “Come Dio crede in noi stessi, infinitamente al di là dei nostri meriti, così anche noi siamo chiamati a infondere speranza e a dare opportunità agli altri”.

Per poter essere una Chiesa capace di accogliere la consolazione di Dio e di dare consolazione agli uomini e alle donne del nostro tempo – è sempre il Papa che lo afferma nelle sue esortazioni apostoliche – dobbiamo saper accogliere, accompagnare, sostenere e integrare tutti coloro che incontriamo, come ha fatto Gesù, senza aver paura delle singole fragilità e senza giudicarle.

Come Gesù, per fare il suo ingresso nella città santa e donare la sua vita per tutti, ha chiesto che gli fosse messo a disposizione un’asina con un puledro, così ora, per poter avvicinare ancora tutti gli uomini, chiede che gli mettiamo a disposizione la nostra umanità, trasfigurata dal dono della sua presenza. Cinquant’anni fa un sacerdote ambrosiano scrisse sull’immagine della sua prima messa “asinus portans mysteria”: “un asino che porta i misteri”. Il Signore ci conceda questa grazia.

Don Ettore Colombo

Responsabile della Comunità pastorale “Famiglia di Nazaret”

Per leggere i testi delle letture della Messa di domenica 4 dicembre, quarta di Avvento, cliccare qui

Cernusco sul Naviglio, 4 dicembre 2016