Giovedì 28 Marzo

«”FIGLI DEL REGNO” SONO QUELLI CHE NON SI PENSANO MIGLIORI DI ALTRI»

Domenica 20 novembre, seconda d’Avvento – «”I figli del Regno” – scrive il prevosto - sono tutti gli uomini e le donne amati da Dio e trattati da Lui come figli. Per questo motivo ogni uomo può attendere la venuta del Signore.»

La prima domenica di Avvento ci ha invitato a riflettere sulla venuta del Signore. Siamo entrati in questo tempo particolare dell’anno liturgico perché “il Signore viene”. Questa venuta non è solo quella del prossimo Natale, ma è anche quella di ogni giorno, nel nostro quotidiano, e – in modo del tutto speciale, anche se spesso ce ne dimentichiamo – è la sua venuta alla fine dei tempi, nel giorno del Signore.

In questa seconda domenica, che ha per titolo “i figli del Regno”, ci viene detto chi sono coloro che attendono la venuta del Signore o, meglio ancora, chi può attendere questa venuta in modo corretto. Solo “i figli del Regno”, infatti, hanno la capacità di stare in attesa della “venuta del Signore”. Tutti gli altri, invece, vivono la propria esistenza in modo superficiale.

Ma chi sono “i figli del Regno”? E che cosa devono fare “i figli del Regno” per attendere “la venuta del Signore”? La tentazione più grande è quella di pensare che solo una certa categoria di persone può onorarsi di questo titolo, mentre tutti gli altri ne sono esclusi. E tentazione ancora più grande, è quella di ritenere che questa categoria di persone, in ultima analisi, siamo soltanto noi. Noi siamo “i figli del Regno”: noi cristiani, noi credenti, noi praticanti. Tutti gli altri, invece, non lo sono. Sono degli esclusi. In realtà non è così e, a dircelo a chiare lettere, è proprio la parola del Signore.

Nella pagina del vangelo secondo Luca è Giovanni il precursore a metterci in guardia, quando – rivolto ai suoi connazionali – afferma: “Non cominciate a dire fra voi: ‘Abbiamo Abramo per padre!’. Perché io vi dico che da queste pietre Dio può suscitare figli ad Abramo”. Dunque “i figli del Regno” possono essere davvero tutti, addirittura persino delle pietre. Non è questione di fede o di una appartenenza religiosa. Il Regno di Dio, infatti, è la sua capacità di custodire e dirigere il cuore degli uomini e ad ogni uomo ben disposto, in qualunque condizione si trovi, può essere data la grazia di diventare figlio del Regno.

“I figli del Regno” sono allora quelli che non presumono di se stessi e non si pensano migliori di altri. Per questo motivo la parola di Dio non scende in mezzo alle corti o sui potenti della storia – che pure vengono nominati – ma su Giovanni, figlio di Zaccaria nel deserto, così come poi si farà carne in Gesù di Nazaret, “un ebreo marginale”, secondo la provocatoria espressione di uno studioso dei vangeli. E per lo stesso motivo Giovanni non si rivolge a una élite ristretta di persone, ma a tutti: parla alle folle che accorrono a lui, ai pubblicani e persino a dei soldati stranieri, perché nessuno è escluso dalla possibilità di potersi incontrare con Dio e di essere riconosciuto come suo figlio, “i figli del Regno”, appunto.

E anche il profeta Baruc, nella lettura di questa domenica, insiste a dire che “i figli del Regno” non sono soltanto i figli di Israele, che ritornano dall’esilio e giungono a Gerusalemme. Sono anche tutti i popoli della terra, tutti coloro che “dal tramonto del sole al suo sorgere” – da occidente a oriente – arrivano in questa città.

Lo stesso Paolo, che da buon israelita appartiene per nascita al popolo primogenito dell’alleanza, all’Israele di Dio, quando scrive la sua lettera ai Romani annuncia la misericordia e la tenerezza di Dio – “il regno di Dio” – a tutti gli uomini, per “i deboli” e per “i forti”, per chi dalla nascita, come lui, appartiene al popolo dell’alleanza e della circoncisione, e per chi – come la maggior parte di noi – proviene dalle genti e dalle nazioni pagane.

“I figli del Regno”, allora, non sono una determinata categoria di persone, ma sono tutti gli uomini e le donne di ogni tempo e di ogni luogo, amati da Dio e trattati da Lui come figli. Per questo motivo ogni uomo può attendere la venuta del Signore e, per lo stesso motivo, secondo le parole di Isaia riportate da Giovanni, “ogni uomo vedrà la salvezza di Dio”.

E alla seconda domanda – “Che cosa devono fare i figli del Regno per attendere la venuta del Signore?”, la stessa domanda che più volte abbiamo sentito rivolgere a Giovanni il Precursore – sono ancora le pagine della Scrittura a dare risposta, attraverso il passo del profeta Baruc, citazione del profeta Isaia, ricordato da Giovanni. Di per sé, “i figli del Regno” non devono fare proprio nulla, ma piuttosto “lasciarsi fare da Dio”, “lasciarsi amare e raggiungere da Lui”. Non siamo noi – secondo le parole di Baruc e di Isaia – a dover spianare ogni alta montagna o a dover colmare le valli livellando il terreno, ma è Dio stesso a farlo, per mettere di fronte a ciascuno di noi una strada che conduce a Lui. A noi spetta solo percorrerla. Ed è quello che iniziamo a fare ora, chiedendo a Dio che sa trasformare le pietre in figli di Abramo di rendere noi “figli del Regno”.

Don Ettore Colombo

Responsabile della Comunità pastorale “Famiglia di Nazaret”

Per leggere i testi delle letture della Messa di domenica 20 novembre, seconda di Avvento, cliccare qui

Cernusco sul Naviglio, 20 novembre 2016