LE PROMESSE DI DIO, SPESSO, SONO SUPERIORI ALLE NOSTRE ATTESE

Domenica 27 novembre, terza d’Avvento – “Noi, i figli del regno – scrive il prevosto - a volte, vorremmo che Dio, nella sua venuta, esaudisse le nostre attese, e non siamo capaci di renderci conto che, invece, egli viene per compiere le sue promesse.”

Il tempo di Avvento, ce lo hanno ricordato le prime due domeniche della liturgia ambrosiana, è il tempo in cui “i figli del regno” attendono “la venuta del Signore”. Ma ci è possibile rimanere in attesa della sua venuta solo perché sappiamo che Dio ha già portato a compimento le sue promesse. Ecco il perché del titolo dato a questa terza domenica di Avvento: “Le profezie adempiute”. Che Dio porti a compimento le sue promesse ci viene ricordato da tutte e tre le pagine della Scrittura scelte per questa liturgia. Ma le stesse pagine della Scrittura ci mettono anche in guardia: parlare del compimento delle promesse di Dio non vuol dire, necessariamente, ritenere che Dio esaudisca ogni nostra attesa.

Lo dimostra chiaramente Paolo, nel passo della Lettera ai Romani di questa domenica. Paolo afferma che “I doni e la chiamata di Dio sono irrevocabili”. Anche se una parte dell’Israele di Dio si è ostinata a rifiutare il dono dell’alleanza con Lui, tuttavia il Signore, da vero amante del suo popolo, non ha rinnegato quanto egli aveva offerto ed ha addirittura ampliato gli orizzonti della salvezza, facendo sì che tutti gli uomini potessero ottenere la sua misericordia. Noi stessi ne siamo stati spettatori nell’Anno Giubilare che si è appena concluso. E lo siamo ancora oggi, perché è terminato l’Anno santo della misericordia, ma non è terminata la misericordia di Dio verso di noi. Quali sono poi le promesse di Dio nei riguardi del suo popolo lo abbiamo ascoltato dalla parola profetica di Isaia, un vero e proprio inno di incoraggiamento davanti alle difficoltà e alle prove della vita: «Dite agli smarriti di cuore: “Coraggio, non temete! Ecco il vostro Dio, giunge la vendetta, la ricompensa divina. Egli viene a salvarvi».

Le promesse di Dio fatte al suo popolo – «Allora si apriranno gli occhi dei ciechi e si schiuderanno gli orecchi dei sordi. Allora lo zoppo salterà come un cervo, griderà di gioia la lingua del muto, perché scaturiranno acque nel deserto» – si sono compiute in Gesù di Nazaret, il Messia atteso, colui che viene ogni giorno nella nostra vita. È lo stesso Gesù, nel brano evangelico, a ricordarcelo, con le parole che rivolge a Giovanni, attraverso i suoi discepoli. Le profezie di Isaia si sono adempiute: «Andate e riferite a Giovanni ciò che udite e vedete: i ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunciato il Vangelo».

Ma Gesù aggiunge anche un’altra espressione che ci sorprende: «E beato è colui che non trova in me motivo di scandalo!». Questo perché addirittura Giovanni, il precursore, si era scandalizzato del comportamento di Gesù al punto da mandare i suoi discepoli a dirgli: «Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?» Giovanni, nella sua predicazione, aveva annunciato un Messia giudice, che avrebbe portato la scure alla radice dell’albero e diviso il buon grano dalla pula, facendo giustizia del male degli uomini. Invece si trova davanti Gesù, che fa si giustizia ed elimina il male, ma si mette dalla parte dei piccoli, degli ultimi e dei peccatori. È lo stesso scandalo che proviamo anche noi oggi. Se Gesù è il Messia che porta a compimento le promesse di Dio e adempie le profezie antiche, perché allora c’è ancora tanto male attorno a noi? perché lo cose non sono cambiate radicalmente? perché i giusti soccombono e i malvagi sembrano avere la meglio?

Anche a noi, oggi, rivolge lo stesso invito a partecipare della sua beatitudine e della sua felicità, cioè a dare credito a lui e ad avere un comportamento come il suo. Questo significa: «E beato è colui che non trova in me motivo di scandalo!». Noi, i figli del regno, a volte, vorremmo che Dio – nella sua venuta – esaudisse le nostre attese, e non siamo capaci di renderci conto che, invece, egli viene per compiere le sue promesse. E le promesse di Dio, spesso, sono superiori alle nostre attese e chiedono a ciascuno di noi la conversione del cuore.

Con la sua venuta e con la sua presenza in mezzo a noi, Gesù ci ha dimostrato che la misericordia di Dio consiste proprio in questo: non nella giustificazione del male, ma nella sua sconfitta, che però non distrugge chi lo compie, ma gli permette di rinnovare la sua esistenza. È questo quello che Dio stesso ha fatto con Israele, suo popolo, allargando i confini della sua alleanza persino davanti alla chiusura del cuore e alla ostinazione, ed è questo quello che fa Gesù con tutti coloro che incontra, pubblicani e prostitute, pagani e peccatori, malati e infermi: allontana il male da loro, ma non elimina la loro vita. Ed è per questa sua azione di salvezza che il più piccolo nel regno dei cieli è più grande persino di Giovanni Battista. E a noi è rivolta questa parola di speranza.

Don Ettore Colombo

Responsabile della Comunità pastorale “Famiglia di Nazaret”

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Cernusco sul Naviglio, 27 novembre 2016