«DIO È FEDELE ALLE SUE PROMESSE»

Nelle celebrazioni del triduo pasquale, l’arcivescovo ha posto attenzione alle tragedie e alle sfide di oggi. «Dio è fedele alle sue promesse», mentre noi, ha ricordato Scola, «con­tinuamente traditi dal peccato, non riusciamo a man­tenerci fedeli a Lui».

Alla Messa in Coena Domini - la liturgia che apre il Triduo pa­squale, celebrata dall’arcivescovo di Milano, cardinale Angelo Scola, lo scorso giovedì santo - la sua riflessione ha posto attenzione alle tragedie e alle sfide di oggi: «Per decenni ci sia­mo voltati dall’altra parte di fronte alle tragedie del Medio Oriente e dell’Africa. Ora speriamo di non voltarci dall’altra parte anche di fronte ai fatti di Bruxelles». L’arcivescovo ha messo in guardia dalla tentazione di «cadere nell’oblio che conduce all’incredulità». «Così - ha spiegato - le nostre comunità cri­stiane si frammentano in un pulvi­scolo di gruppi generosi ma il ri­schio è che non brilli più la bellezza convincente dell’unità, dell’essere una cosa sola. Analogamente nelle nostre società plurali, la dimenticanza di Dio trasforma opinioni di singoli e di gruppi in radici di estraneità che giunge fino a produrre inimicizia. Ne patiamo tutti, a partire dagli ultimi, perchè senza riconoscere lo sguardo misericordioso di Dio la giustizia stessa è meno giustizia, l’uguaglianza meno uguaglianza».


Pasqua 2016 (Foto Siciliani - Gennari / SIR. Riproduzione riservata)

«Non c’è sofferenza umana – fisica, psichica o spirituale – che non trovi il suo punto di inseri­mento nella Passione del Signore. Ogni sofferenza umana è portata, accolta, abbracciata dalla Passione e Morte del Figlio di Dio». È il messaggio affidato dal car­dinale Scola ai fe­deli durante la celebrazione, in Duomo della Pas­sione del Signore, nello scorso venerdì santo. «Guardando il Crocifisso - ha poi proseguito l’arcivescovo di Milano - si comprende la grazia dei martiri, dei tanti martiri del nostro tempo. Si comprende la scelta di donne e uomini di consacrarsi nella vergi­nità, l’amore casto dei giovani, il matrimonio fedele ed aperto alla vita di tanti cristiani. Si trova qui la sorgente dell’inesauribile carità che, da duemila anni, guida la vita della Chiesa e di migliaia di cristia­ni che si fanno carico della soffe­renza degli uomini loro fratelli». Quindi ha aggiunto: «La promessa di Gesù al buon ladrone è anticipo della domanda di perdono che è al fondo del cuore dell’uomo, anche dell’uomo sofisticato del Terzo mil­lennio, che con troppa facilità si di­chiara agnostico, magari ateo. In­vece è spesso solo immerso in un ovattato oblìo: crede di non credere, ma in mille modi resta sensibile al Dio di misericordia».

«In questa notte santa noi impariamo, con com­mossa gratitudine, che la misericordia del Pa­dre ha il volto personale del Figlio suo Gesù – ha affermato il cardinale Scola nel Duomo, durante la solenne ve­glia pasquale - . Questo e solo questo è il cuore del cri­stianesimo. In questa notte santa apprendiamo che il nucleo di ogni esperienza ecclesiale, personale e co­munitaria - come afferma l’apostolo Paolo nella Lette­ra ai Romani - consiste nel suscitare l’obbedienza del­la fede in tutte le genti a gloria del suo nome».

Rivolto poi ai cate­cumeni che durante la solenne veglia hanno ricevuto i sacramenti dell’i­niziazione cristiana, Scola ha detto: «Pieni di gioia, noi vi accogliamo in questa notte bene­detta come fratelli e sorelle, membri della famiglia dei fi­gli di Dio. I catecumeni, pro­venienti da quattro continenti e da varie nazioni e cultu­re, che abbracciano da adulti la fede cristiana, sono ger­mogli eloquenti e preziosi della perenne giovinezza del­la Chiesa ambrosiana e non solo». Quindi ha aggiunto: «Il dono di questi nuovi cri­stiani è sorgente di rinnovato desiderio di sequela del Ri­sorto. Questa sia per noi tutti e per tutti gli uomini e le don­ne delle nostre terre la vivificante sorpresa pasquale».

«Il Signore è in mez­zo a noi sì o no?». A questa domanda tratta dal libro dell’Esodo, il cardinale – proseguendo nella sua omelia della notte di Pasqua – ha così risposto: «È questa la domanda provocatoria degli Israeliti nel momento più duro della traversata del deserto. A ben ve­dere però, essa è anche quella di noi donne e uomini spes­so smarriti del terzo, sofisticato millennio». Ebbene: «Dio risponde, oggi come allora, coinvolgendosi di persona con la famiglia umana, "giocandosi" con la storia. Lo te­stimonia la liturgia di questa Veglia che è la più solenne dell’intero anno liturgico. In essa la Chiesa, nostra Madre, fa vivida memoria della lunga strada che Dio, dalla crea­zione del mondo, nelle diverse tappe della storia della sal­vezza, non cessa di percorrere con il suo popolo». Ecco: «Dio è fedele alle sue promesse». Mentre noi, «con­tinuamente traditi dal peccato, non riusciamo a man­tenerci fedeli a Lui». Da qui «il costante, e spesso ina­scoltato, richiamo dei profeti alla con­versione». (fonte: Avvenire, 26 e 27 marzo 2016)

Cernusco sul Naviglio, 29 marzo 2016