«LA VITA CRISTIANA È UN CONTINUO MOVIMENTO, È UN “USCIRE” E UN “AFFIDARSI”»

La vita cristiana, scrive il prevosto, è “un continuo cammino di sequela dietro al Signore, un vero e proprio passaggio dalla morte alla vita. Questo vale per chi viene introdotto alla fede per la prima volta e per chi il Battesimo lo ha già ricevuto da tempo ed è impegnato, ogni giorno, a seguire le orme del Signore”

La quinta domenica di Quaresima è dedicata nella liturgia ambrosiana alla figura di Lazzaro e al segno della sua risurrezione, quasi una prefigurazione della Pasqua di Gesù. Nella pagina evangelica di questa domenica c’è una parola molto forte pronunciata da Gesù. È il grido rivolto all’amico morto da quattro giorni e ormai cadavere: “Lazzaro, vieni fuori!”. “Venire fuori”, “uscire” è un’esperienza che caratterizza tutta la nostra vita, che ha inizio dall’uscita di ciascuno di noi dal grembo materno fino all’altra uscita, quella da questa esistenza terrena, quando entriamo nel mistero e nell’oscurità della morte. Gesù, con la sua parola potente, rivela che si può uscire anche dalla morte, per poter entrare nella pienezza della vita, una vita piena, eterna, che non ha più fine.

Per questo il racconto di Giovanni insiste molto sui verbi di movimento, così come fanno anche gli altri due passi della Scrittura di questa domenica.

Il libro del Deuteronomio, attraverso la professione di fede di Israele, ci ha ricordato che tutto ebbe inizio da una “uscita”, quella di Abramo: “Mio padre era un arameo errante”, e tutto è continuato con la liberazione di questo popolo, la sua “uscita” dal paese d’Egitto e dalla terra di schiavitù, per entrare nella terra della libertà: “Il Signore ci fece uscire dall’Egitto”. Tutto è dunque movimento. Anche la lettera di Paolo ai cristiani di Roma ci ha descritto questa vicenda di movimento, evidenziando la dinamica della ricerca della mente umana che, tuttavia, può arrivare a perdersi e a smarrirsi di fronte alla verità. E’ l’esperienza dei pagani che, “pur avendo conosciuto Dio, non lo hanno glorificato né ringraziato come Dio, ma si sono perduti nei loro vani ragionamenti”. Anch’essi hanno avuto la possibilità di conoscere questo Dio che “fa uscire”, ma hanno preferito rimanere “rinchiusi” nei loro vani ragionamenti.

Soprattutto il racconto della risurrezione di Lazzaro ci ha parlato di questo invito all’uscire fuori, non solo per il grido di Gesù che abbiamo già ricordato, ma anche per gli atteggiamenti dei diversi personaggi che costellano la narrazione. Gesù, raggiunto dalla notizia della malattia dell’amico, decide di “uscire” dal luogo dove si trovava e coinvolge in questa decisione anche i suoi discepoli: “Andiamo di nuovo in Giudea!”. Marta, appena apprende che Gesù sta arrivando, “esce” dal villaggio di Betania per raggiungerlo: “come udì che veniva Gesù, gli andò incontro”. Anche Maria, a un certo punto, sentendo la chiamata del Maestro, “esce” di casa: “si alzò subito e andò da lui”. E si muovono i Giudei in casa con lei: “vedendo Maria alzarsi in fretta e uscire, la seguirono”. La loro, forse, è semplice curiosità, ma anche questa aiuta ad “uscire”. Si muove persino Lazzaro, che già da quattro giorni sta fermo nel sepolcro e manda ormai cattivo odore. Eppure, al comando di Gesù, “il morto uscì, i piedi e le mani legati con bende, e il viso avvolto da un sudario”. Tutti sono dunque in continuo movimento. Si muovono anche i capi dei sacerdoti e i farisei che, a motivo di questo segno, iniziano a complottare contro Gesù e decidono di dare la morte a lui, che è sorgente della vita, e allo stesso Lazzaro, che ne è la più chiara testimonianza, anzi, la testimonianza vivente.

Tutto questo ci ricorda che la vita cristiana – così come già la vita stessa dell’uomo – è un continuo movimento, è un “uscire” e un “affidarsi”, un continuo cammino di sequela dietro al Signore, un vero e proprio passaggio dalla morte alla vita. Questo vale per chi viene introdotto alla fede per la prima volta – pensiamo al catecumeno che domanda di essere battezzato – e per chi il Battesimo lo ha già ricevuto da tempo ed è impegnato, ogni giorno, a seguire le orme del Signore.

Il rischio, purtroppo, è quello di accontentarsi di una vita “sedentaria”, incapace di osare, per la paura, come fanno i discepoli di Gesù che gli suggeriscono di non tornare in Giudea, perché mette a rischio la propria persona. Oppure, al contrario, si può arrivare a forzare i tempi di Dio, come fa Tommaso, che si esalta nel voler andare insieme a Gesù, per morire con lui, e poi, al momento richiesto, non ne sarà capace e fuggirà come tutti. Ma c’è anche il pericolo di rimanere talmente ancorati alle nostre sicurezze e di non smuoverci, al punto da voler eliminare ogni novità, come fanno alcuni dei Giudei.

Chiediamo, invece, di avere il cuore e l’animo di Marta e di Maria, di saper piangere e patire per la sofferenza dei nostri fratelli e di affidarci poi con fiducia all’azione di Dio che è sempre a nostro favore. Diventeremo così commensali con lui, come Lazzaro, e potremo gustare anche noi una vita piena, perché risorta.

Don Ettore Colombo
Responsabile della Comunità pastorale Famiglia di Nazaret

Per leggere i testi delle letture della Domenica di Lazzaro – V di Quaresima (Deuteronomio 6,4a;26,5-11; Romani 1,18-23°; Giovanni 11,1-53), cliccare qui.

Cernusco sul Naviglio, 13 marzo 2016