Venerdì 29 Marzo

“IL NOSTRO DIO È UN DIO CHE PERDONA”

“Anche il Dio dell’Antico Testamento – scrive il prevosto - è un Dio sempre disponibile al perdono, e lo è con tutti. Gesù non ha fatto altro che manifestarlo con la propria vita e con le sue azioni”.

Nell’ultima domenica dopo l’Epifania la liturgia ci fa portare a termine il mistero dell’Incarnazione e ci prepara a celebrare il mistero della Pasqua del Signore, introdotto dal cammino penitenziale della Quaresima che avrà inizio domenica prossima. Per questo motivo viene detta domenica “del perdono” e mette al centro della nostra attenzione questa modalità del manifestarsi di Dio verso di noi: il nostro Dio, il Dio di Gesù Cristo, è un Dio che perdona.

La prima tentazione da evitare è quella di pensare che il Dio dell’Antico Testamento, a differenza di quello rivelato da Gesù, sia un Dio della giustizia e della punizione. Non è affatto così e oggi ce lo ricorda la pagina del Siracide(Siracide 18,11-14). Questo autore della Prima Alleanza ci descrive un Dio che effonde sugli uomini la sua misericordia. Non solo su chi gli sta vicino – come fanno gli uomini che perdonano il loro prossimo – ma su ogni essere vivente. Anche il Salmo ci ha fatto pregare così, riconoscendo che “misericordioso e pietoso è il Signore, lento all’ira e grande nell’amore”. Dunque anche il Dio dell’Antico Testamento è un Dio che è sempre disponibile al perdono, e lo è con tutti, con ogni essere vivente.

Gesù non ha fatto altro che manifestarlo con la propria vita e con le sue azioni e oggi la pagina di vangelo di Luca ce lo testimonia con la vicenda di Zaccheo (Luca 19,1-10). Quest’uomo – il cui nome, per ironia della sorte, significa “Giusto” – è considerato un peccatore da tutti, a motivo della sua compromissione con il potere romano. Era il capo dei pubblicani, di coloro che – pur essendo ebrei – riscuotevano le tasse per conto dei romani invasori e, il più delle volte, cercavano di guadagnarci personalmente. Zaccheo, dunque, non solo svolgeva un compito odiato da tutti, ma si era pure arricchito esercitandolo. Da qui la sorpresa quando Gesù si ferma sotto la pianta dove Zaccheo cercava di spiarlo, magari senza essere visto, e volgendo lo sguardo proprio su di lui, gli chiede di scendere perché deve “fermarsi” a casa sua. Con questo verbo Gesù manifesta non solo il desiderio di conoscere quest’uomo e di intrattenersi con lui, ma addirittura di “pernottare” in casa sua, nella casa di un peccatore. E proprio in questa casa Gesù si fa ospitare, portando in essa la salvezza e suscitando, allo stesso tempo, le ire e la mormorazione di tutti i presenti: “È entrato in casa di un peccatore!”.

Gesù non ha paura di contaminarsi, compiendo questo gesto, e trasforma un uomo segnato dal suo pessimo comportamento e dal giudizio di tutti in una persona nuova, capace di “alzarsi in piedi”, cioè di “risorgere”. E con le parole che subito dopo pronuncia, afferma anche che questo non è un caso isolato, ma è il suo modo di agire con tutti: “Il Figlio dell’uomo infatti è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto”. Vengono alla mente le parole con cui Papa Francesco ha iniziato il suo ministero nella Chiesa, parlando proprio della misericordia di Dio e della sua disponibilità al perdono, sempre e comunque, verso chiunque, senza nessuna eccezione. Così disse, infatti, durante la preghiera dell’Angelus, fatta per la prima volta dalla finestra in piazza san Pietro: “Il Signore mai si stanca di perdonare, siamo noi che ci stanchiamo di chiedere perdono”. È lo ha ripetuto più volte, anche nella sua ultima intervista pubblicata in un agile e bellissimo libro che ha per titolo “Il nome di Dio è misericordia”.

Per chiedere il perdono di Dio, per chiederlo a questo Dio che non si stanca mai di perdonare, l’unica condizione necessaria è quella di riconoscerci peccatori. Dovremmo saper dire come Paolo: “Cristo Gesù è venuto nel mondo per salvare i peccatori, il primo dei quali sono io” (1Timoteo 1,15).

Solo così sapremo domandare il perdono a Dio e saremo disponibili poi ad offrirlo ai fratelli, come fa sempre lo stesso Paolo nel passo della Seconda lettera ai Corinzi di questa domenica (2Corinti 2,5-11), coinvolgendo nella sua capacità di perdono anche quella dell’intera comunità. Paolo era stato offeso gravemente proprio da un membro di questa chiesa di Corinto, eppure scrive: “A chi voi perdonate, perdono anch’io”. Anzi, l’invito di Paolo – “Vi esorto quindi a far prevalere nei suoi riguardi la carità” – è occasione per vivere al meglio la Giornata nazionale della vita che oggi si celebra nel nostro paese per la 38° volta e che ha come titolo “La misericordia fa fiorire la vita”.

Solo con la misericordia e il perdono, infatti, possiamo prevenire e curare tutti quegli attentati alla vita che ancora si compiono ai nostri giorni, verso i più poveri e i più deboli, impedendo loro di nascere o lasciando che muoiano nella loro povertà. Zaccheo, Paolo e tanti altri hanno cambiato vita. Siamo noi in grado di cambiare la nostra e quella degli altri?

Don Ettore Colombo
Responsabile della Comunità pastorale Famiglia di Nazaret

Letture dell’Ultima domenica dopo l’Epifania, detta “del perdono”: Siracide 18,11-14, 2Corinti 2,5-11, Luca 19,1-10

Cernusco sul Naviglio, 7 febbraio 2016