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Martedì 16 Aprile

VIVIAMO LA BELLEZZA DEL NOSTRO BATTESIMO

“Abbiamo bisogno anche noi – scrive il prevosto - di attraversare il Giordano, per ‘non essere più stranieri né ospiti’, ma ‘concittadini dei santi e familiari di Dio’ e vivere così la bellezza del nostro battesimo”.

Nell’inno con cui la liturgia ambrosiana ci ha introdotto alla solennità dell’Epifania del Signore, nella celebrazione vigiliare, abbiamo cantato le diverse manifestazioni di Dio compiute attraverso l’umanità del suo Figlio Gesù. Nella terza strofa di questo testo intensissimo sta scritto: “Il rito del tuo battesimo consacra il fiume Giordano, che lungo la storia tre volte sospinse a ritroso i suoi flutti”. Sant’Ambrogio descrive così l’evento del Battesimo, che il nostro rito ambrosiano celebra nella prima domenica dopo l’Epifania.

Con il battesimo al Giordano, Gesù inizia quella che è chiamata la sua vita pubblica, dopo aver condiviso nel nascondimento trent’anni della nostra esistenza, nella casa di Nazaret. Ci sono voluti ben trent’anni di condivisione della nostra umana esistenza perché il Padre potesse dire a Gesù, con verità: “Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento”.

Di per sé, il battesimo di Gesù è un gesto imbarazzante, e il racconto di Luca, in parte lo rivela, mettendo quasi in secondo piano il fatto che sia stato battezzato. Con questo gesto, infatti, Gesù si mischia alla folla dei peccatori, alla gente che accorre al Giordano per farsi battezzare da Giovanni, mostrando così di essere lui pure sottomesso a lui e bisognoso di perdono. Per questo Luca non descrive propriamente l’episodio. Dice semplicemente: «Ed ecco, mentre tutto il popolo veniva battezzato e Gesù, ricevuto anche lui il battesimo, stava in preghiera, il cielo si aprì e discese sopra di lui lo Spirito Santo in forma corporea, come una colomba, e venne una voce dal cielo: “Tu sei il mio Figlio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento”».

Luca accenna semplicemente, come di passaggio, che anche Gesù ha ricevuto il battesimo, e sottolinea, invece, come in questo momento si manifesta nientemeno che lo splendore del volto di Dio, il Dio trinitario: il Padre che ama il Figlio e invia su di lui il suo Spirito. Quasi a dire: qui non siamo più davanti semplicemente al battesimo compiuto da Giovanni, ma siamo posti di fronte alla rivelazione di Dio che viene attuata nell’umanità di Gesù, nel suo essere dalla parte dei peccatori, contro ogni peccato, perché ripieno dello Spirito e riconosciuto come l’amato dal Padre. Così facendo, Gesù mostra di portare a compimento nella sua persona la promessa fatta da Isaia: “Ecco, l’ho costituito testimone tra i popoli, principe e sovrano delle nazioni” e diventa concretamente segno di quella speranza già annunciata dal profeta: “L’empio abbandoni la sua via e l’uomo iniquo i suoi pensieri: ritorni al Signore che avrà misericordia di lui, al nostro Dio che largamente perdona”. Celebrare il battesimo del Signore in questo Anno Santo della misericordia vuol dire proprio annunciare il volto di questo Dio che “largamente perdona”.

Paolo, scrivendo la sua lettera ai cristiani di Efeso, usa un’altra immagine, ma esprime il medesimo concetto: in Gesù la misericordia di Dio raggiunge la nostra vita. Parlando di Gesù, infatti, scrive: “Egli è la nostra pace, colui che di due ha fatto una cosa sola, abbattendo il muro di separazione che li divideva, cioè l’inimicizia, per mezzo della sua carne”. Gesù, condividendo la nostra fragilità e venendo nella nostra carne mortale, ha tolto di mezzo il muro di paura e di inimicizia che intercorreva tra Israele e i gentili, tra il popolo primogenito dell’alleanza e i pagani. Ma ha fatto ancora di più: ha abbattuto il muro delle nostre paure che ci tengono lontani da Dio e ce lo fanno vedere quasi come un nemico da cui difenderci. Anzi, ha abbattuto quella paura che è in noi e che ci impedisce di guardare alla verità di noi stessi e di accettarci per quello che siamo, anche nella nostra miseria e povertà.

Immergendoci nelle acque del Giordano, Gesù ci ha portato la pace: pace con noi stessi, nella nostra povera esistenza spesso ferita; pace con i fratelli, nelle diversità delle persone e delle culture; pace con Dio, nella gioiosa riscoperta della sua paternità verso tutti. L’inno di sant’Ambrogio cantato nei vesperi dell’Epifania, e che richiama la manifestazione di Gesù al battesimo presso il Giordano, ricorda come il fiume “lungo la storia tre volte sospinse a ritroso i suoi flutti”, cioè al passaggio di Giosuè (Gs 3,14-17), di Elia (2Re 2,8) e di Eliseo (2Re 2,14). Abbiamo bisogno anche noi di attraversare il Giordano, per “non essere più stranieri né ospiti”, ma “concittadini dei santi e familiari di Dio” – come ci ha detto Paolo – e vivere così la bellezza del nostro battesimo, sentendo nei nostri cuori l’amore di Dio che pone anche in noi la sua compiacenza.

Don Ettore Colombo
Responsabile della Comunità pastorale Famiglia di Nazaret

Letture della prima domenica dopo l’Epifania, Battesimo del Signore: Isaia 55,4-7; Efesini 2,13-22; Luca 3,15-16.21-22

Cernusco sul Naviglio, 10 gennaio 2015