LA PAROLA DI DIO CI FA CONOSCERE LA VERITÀ E CI RENDE LIBERI

“Domandiamo al Signore – scrive il prevosto - di lasciarci amare da lui perché la nostra vita sia davvero trasformata dall’incontro con lui, così da vivere un’intera esistenza come la sua, da uomini veramente liberi”

Il cammino di Quaresima che ci conduce a celebrare la Pasqua del Signore è anche un’occasione per riscoprire il dono del nostro Battesimo. Così, infatti, nella Chiesa primitiva era stato pensato questo itinerario per coloro che chiedevano di diventare cristiani, per i catecumeni. E ai diversi elementi della liturgia battesimale fanno riferimento le tappe che di domenica in domenica ci presentano il Signore Gesù in dialogo con alcune figure tipiche per il cammino della conversione.

Nella prima domenica di Quaresima, attraverso lo scontro tra Gesù e satana, nell’episodio delle tentazioni, ci è stato richiamato il dialogo che durante il battesimo si svolge tra il sacerdote e colui che riceve questo sacramento. Un dialogo impostato sulla volontà di rinunciare a satana, alle sue opere e alle sue seduzioni.

Nella seconda domenica di Quaresima, nell’incontro tra Gesù e la donna Samaritana, ci è stato presentato il dono dell’acqua viva, cioè la possibilità di essere immersi nella vita stessa di Dio e nella grazia dello Spirito.

In questa terza domenica di Quaresima, nella lunga discussione tra Gesù e alcuni Giudei, la nostra attenzione è portata sul tema della fede, che nella celebrazione del battesimo è pubblicamente confessata, prima di essere immersi nell’acqua della vita. In quest’ottica siamo, dunque, invitati, a rileggere con calma questo testo (Gv 8,31-59) che non ci risulta così facilmente comprensibile a una prima lettura. Gesù sta anzitutto parlando con “quei Giudei che avevano creduto in lui” e che però, alla fine, “raccolsero pietre per scagliarle contro di lui”. Con molta probabilità l’autore del Quarto vangelo sta descrivendo la situazione della comunità cristiana delle origini, dove erano confluiti nella stessa fede Giudei e pagani, e il rapporto tra i due diversi gruppi non sempre era facile. I primi, in particolare, potevano vantare verso gli altri, la loro appartenenza al popolo dell’elezione, il loro essere discendenza di Abramo e discepoli di Mosè.

Il discorso si sviluppa attraverso sette interventi di Gesù a cui fanno da risposta sette contrapposizioni dei Giudei, quasi ci trovassimo di fronte – anche nel numero di battute, come era già capitato per la Samaritana – ad un discorso completo: sette è il numero del compimento. Gesù rivela il suo legame con Dio, con immagini sempre più profonde: egli è la parola di verità che rende liberi; è il Figlio di Dio che dona la sua stessa libertà; è colui che dice la verità di Dio; è colui che è uscito e viene da Dio perché mandato da Lui; è colui che glorifica Dio e da Dio viene glorificato; è colui che precede la vita stessa di Abramo, perché è Dio e partecipa della sua eternità.

Nelle sette contrapposizioni dei Giudei, invece, si afferma l’esatto contrario: essi accusano Gesù di essere schiavo delle proprie idee, gli rinfacciano di dimenticarsi di essere un israelita figlio di Abramo, affermano che egli è nato da prostituzione e non da Dio, che è un Samaritano e ha un demonio, che pretende di essere più grande di Abramo, e che si mette addirittura alla pari con Dio.

Proprio quest’ultima pretesa di Gesù è vista dai suoi avversari come una affermazione talmente grave da non essere più contrastata con delle parole, ma nei fatti, con il tentativo di ucciderlo per lapidazione. Questo confronto così serrato ci mette di fronte alle nostre responsabilità e ci interroga ancora oggi sul rapporto che vogliamo instaurare con Dio, attraverso il suo Figlio Gesù, per essere uomini realmente liberi.

È quanto Mosè chiede al popolo di Israele, nel momento in cui fa il suo ingresso nella terra della promessa, come abbiamo ascoltato nella pagina del Deuteronomio (Dt 6,4a;18,9-22). Se vuole essere il popolo del Signore, deve affidarsi a Lui con tutto il cuore e deve ascoltare la parola di colui che Dio stesso invia come profeta in mezzo al suo popolo. Per noi, lo sappiamo, questo profeta promesso da Dio non è altro che il suo Figlio Gesù, in cui crediamo.

Ed anche l’apostolo Paolo (Rm 3,21-26) domanda la stessa fede a tutti coloro che – ebrei o pagani – accettano di costruire la propria esistenza su quella di Gesù, il solo giusto, riconoscendo di diventare e di essere giusti non per merito personale o per la stretta osservanza della Legge, ma semplicemente per dono di Dio, per la sua grazia.

A questa risposta della fede ci invitano i passi della Scrittura proposti dalla liturgia. Se vogliamo vivere il dono del Battesimo coinvolgendo tutta la nostra vita, allora non possiamo che fare riferimento a Gesù e al suo modo di vivere le relazioni con il Padre e con gli uomini.

Dopo aver ascoltato la sua parola che ci fa conoscere la verità e che ci rende liberi, domandiamo al Signore Gesù di lasciarci amare da lui perché la nostra vita sia davvero trasformata dall’incontro con lui, così da vivere un’intera esistenza come la sua, da uomini veramente liberi, e liberi perché figli: figli di Dio come lui. Questo significa diventare cristiani e questo è il dono del Battesimo.

Don Ettore Colombo
Responsabile della Comunità pastorale “Famiglia di Nazaret”

Letture della III Domenica di Quaresima – “di Abramo”: Dt 6,4a;18,9-22; Rm 3,21-26; Gv 8,31-59; per leggere i testi completi delle letture, cliccare qui