Giovedì 28 Marzo

“SIAMO LIBERI PERCHÉ ANCORATI ALLA PAROLA DI GESÙ”

Domenica 19 marzo, III di Quaresima – “La ricerca di se stessi e della propria gloria – commenta don Ettore – rende insensibili alla verità e, di conseguenza, rende anche schiavi della propria persona”.

Il cammino di Quaresima che ci conduce a celebrare la Pasqua del Signore è anche un’occasione per riscoprire il dono del nostro Battesimo. Così, infatti, nella Chiesa primitiva era stato pensato questo itinerario per coloro che chiedevano di diventare cristiani, per i catecumeni. E ai diversi elementi della liturgia battesimale fanno riferimento le tappe che di domenica in domenica ci presentano il Signore Gesù in dialogo con alcune figure tipiche per il cammino della conversione.

Nella prima domenica di Quaresima, attraverso lo scontro tra Gesù e satana, nell’episodio delle tentazioni, ci è stato richiamato il dialogo che durante il battesimo si svolge tra il sacerdote e colui che riceve questo sacramento. Un dialogo impostato sulla volontà di rinunciare a satana, alle sue opere e alle sue seduzioni. Nella seconda domenica di Quaresima, nell’incontro tra Gesù e la donna Samaritana, ci è stato presentato il dono dell’acqua viva, cioè la possibilità di essere immersi nella vita stessa di Dio e nella grazia dello Spirito.

In questa terza domenica di Quaresima, nella lunga discussione tra Gesù e alcuni Giudei, la nostra attenzione è portata sul tema della fede, che nella celebrazione del Battesimo è pubblicamente confessata, prima di essere immersi nell’acqua della vita. In quest’ottica siamo, dunque, invitati, a rileggere con calma questo testo, abbastanza complesso e di non facile e immediata comprensione. Gesù sta anzitutto parlando con “quei Giudei che avevano creduto in lui” e che però, alla fine, “raccolsero pietre per scagliarle contro di lui”. Con molta probabilità l’autore del quarto Vangelo sta descrivendo la situazione della comunità cristiana delle origini, dove erano confluiti nella stessa fede Giudei e pagani, e il rapporto tra i due diversi gruppi non sempre era facile. I primi, in particolare, potevano vantare verso gli altri la loro appartenenza al popolo dell’elezione, il loro essere discendenza di Abramo e discepoli di Mosè.

Il discorso si sviluppa attraverso sette interventi di Gesù a cui fanno da risposta sette contrapposizioni dei Giudei, quasi ci trovassimo di fronte – anche nel numero di battute, come era già capitato per la Samaritana – ad un discorso completo (sette come numero di pienezza). Gesù rivela il suo legame con Dio, con immagini sempre più profonde: egli è la parola di verità che rende liberi; è il Figlio di Dio che dona la sua stessa libertà; è colui che dice la verità di Dio; è uscito e viene da Dio perché mandato da Lui; è colui che glorifica Dio e da Dio viene glorificato; è colui che precede la vita stessa di Abramo, perché è Dio.

Nelle sette contrapposizioni dei Giudei, invece, si afferma l’esatto contrario: essi accusano Gesù di essere schiavo delle proprie idee, gli rinfacciano di dimenticarsi di essere un israelita figlio di Abramo, affermano che egli è nato da prostituzione e non da Dio, che è un Samaritano e ha un demonio, che pretende di essere più grande di Abramo, e che si mette addirittura alla pari con Dio.

Proprio quest’ultima pretesa di Gesù è vista dai suoi avversari come un’affermazione talmente grave da non essere più contrastata con delle parole, ma nei fatti, con il tentativo di ucciderlo per lapidazione.

Questo confronto così serrato ci interroga ancora oggi sulla nostra fede e sul rapporto che vogliamo instaurare con il Signore Gesù e con Dio. Il problema, infatti, è che si può credere di credere – e continuare a farlo – ma in un modo sbagliato. Gesù afferma che accogliendo la sua parola, diventando suoi discepoli e rimanendo nella sua verità si può essere realmente liberi. I suoi avversari, invece, affermano e credono il contrario. E forse lo crediamo anche noi. Che cosa significa, infatti, per noi “essere liberi”?

Spesso identifichiamo la libertà con la possibilità di cambiare continuamente, col fare ciò che vogliamo, col non avere alcun riferimento a cui rispondere. Ma la libertà cristiana – cioè di chi vuole essere discepolo di Gesù – e di tutt’altra cosa. Paradossalmente, come cristiani, siamo liberi perché ancorati alla parola di Gesù e conosciamo la verità non perché la possediamo, ma perché – attraverso la risposta della fede – abbiamo scelto di dimorare in essa e di appartenervi totalmente.

Condizione necessaria perché ciò avvenga è vivere l’atteggiamento di Gesù: “Io non cerco la mia gloria”. E’ questo un criterio irrinunciabile di verità e di libertà: la ricerca di se stessi e della propria gloria – come i Giudei sono accusati di fare – rende insensibili alla verità e, di conseguenza, rende anche schiavi della propria persona.

Lasciamoci, perciò, rimettere in discussione dalle parole di Gesù e diventiamo, come Mosè – quando salì per la seconda volta sul monte – intercessori per tutti coloro che non credono o credono male, così da non rimanere legati alla lettera della Legge – secondo le parole di Paolo – ma al dono dello Spirito, che è capace di ricreare ogni giorno nei nostri cuori, il legame di alleanza con Dio, secondo quanto avviene in ogni Eucaristia.

Don Ettore Colombo

Responsabile della Comunità pastorale “Famiglia di Nazaret”

Per leggere i testi delle letture della Messa di domenica 19 marzo 2017, III di Quaresima, cliccare qui

Cernusco sul Naviglio, 19 marzo 2017