MISERICORDIA, STILE DI VITA QUOTIDIANO

Domenica 19 febbraio – Il prevosto: “Domandiamo a Dio la grazia di ricevere la sua misericordia e di saperla offrire agli altri con la stessa grandezza d’animo che Lui usa nei nostri riguardi”

Tra il tempo dopo l’Epifania e l’inizio della Quaresima, la liturgia ambrosiana ci fa vivere due domeniche tutte incentrate sul tema della misericordia di Dio: la domenica “della divina clemenza” e la domenica “del perdono”; quasi a dire che la misericordia è la più alta e la più vera manifestazione di Dio e che solo attraverso di essa è possibile la nostra conversione e il ritorno a Lui. Lo abbiamo ascoltato anche nelle pagine della Scrittura.

La lettura del profeta Baruc ci ha presentato il popolo di Israele che, mentre si trova in esilio, riconosce davanti a Dio il proprio peccato – “siamo stati empi, siamo stati ingiusti verso tutti i tuoi comandamenti” – e si affida alla bontà e alla misericordia di Dio: “Ascolta, Signore, la nostra preghiera, la nostra supplica, liberaci per il tuo amore e facci trovare grazia davanti a coloro che ci hanno deportati, perché tutta la terra sappia che tu sei il Signore, nostro Dio”.

Ma è soprattutto la pagina evangelica di Giovanni a farci dono della manifestazione della misericordia di Dio in Gesù di Nazaret, attraverso il perdono offerto all’adultera. Sant’Agostino, commentando questa pagina che è una vera perla preziosa, da custodire nel tesoro della Chiesa, scrive: “Relicti sunt duo, misera et misericordia”, cioè: “Rimasero soltanto loro due: la misera e la misericordia” (In Joh 33,5). E Papa Francesco utilizza questa icona del vangelo di Giovanni e il commento di sant’Agostino per proporre la sua Lettera apostolica a conclusione del Giubileo straordinario della misericordia: Misericordia et misera. Scrive il Papa: “In questo racconto evangelico, tuttavia, non si incontrano il peccato e il giudizio in astratto, ma una peccatrice e il Salvatore. Gesù ha guardato negli occhi quella donna e ha letto nel suo cuore: vi ha trovato il desiderio di essere capita, perdonata e liberata. La miseria del peccato è stata rivestita dalla misericordia dell’amore” (n. 1).

Questo atteggiamento di Gesù che accoglie la donna peccatrice e le offre il suo perdono, manifestando così la “divina clemenza”, non va confuso con un sentimento di buonismo. Con le parole che pronuncia – “Neanch’io ti condanno; va’ e d’ora in poi non peccare più” – Gesù permette a questa donna di guardare al futuro e rimette in moto la sua vita, consentendole, come sottolinea il Papa, di “camminare nella carità” (cfr. Ef 5,2).

È lo stesso atteggiamento che viene chiesto oggi alla Chiesa, attraverso quella “conversione pastorale” che, con insistenza, Papa Francesco domanda a tutti i fedeli e a ogni comunità cristiana. Abbiamo bisogno non di trasmettere delle tradizioni o di difendere dei principi, ma di incontrare personalmente ogni uomo e ogni donna che vivono accanto a noi, come ha fatto Gesù, con la sua stessa discrezione, con la sua pazienza e anche con il suo silenzio, così come ci viene descritto proprio in questa pagina evangelica di Giovanni. Gesù ha sicuramente guardato negli occhi gli scribi e i farisei che lo interrogavano, così come ha cercato e colto lo sguardo di quella donna posta “in mezzo” a tutti. Ma poi, per ben due volte, Giovanni scrive che Gesù si chinò e si mise a scrivere col dito per terra: quando la donna gli sta davanti, sotto gli occhi e il giudizio di tutti; e quando i suoi accusatori se ne vanno uno per uno, cominciando dai più anziani. Come a dire che lo sguardo di Gesù è uno sguardo carico di compassione: non vuole mettere in imbarazzo questa donna sorpresa in flagrante adulterio, ma non vuole neanche guardare con curiosità chi si allontana per primo, riconoscendosi altrettanto peccatore.

Non solo abbiamo bisogno di incontrare personalmente chi ci sta accanto, con lo stesso sguardo di Gesù, ma abbiamo anche bisogno di far incontrare ciascuno con questo sguardo “ricco di misericordia”. E il modo migliore per farlo, secondo le parole di Paolo, è quello di lasciarci guardare noi da Gesù ed essere raggiunti dalla sua misericordia e dalla sua clemenza: “Morti a ciò che ci teneva prigionieri, siamo stati liberati dalla Legge per servire secondo lo Spirito, che è nuovo”. Noi tutti, da cristiani e da peccatori, veniamo raggiunti dalla novità dello Spirito – quello Spirito che, nel giorno del nostro Battesimo, ha rimesso ogni nostro peccato fin dalle radici – ogni volta che disponiamo il nostro cuore all’ascolto della sua parola e facciamo ritorno a Lui. In modo particolare attraverso i segni della sua grazia, i sacramenti della Riconciliazione e dell’Eucaristia, noi tutti ci accostiamo al dono della divina clemenza.

Domandiamo la grazia, in questa Eucaristia, di ricevere la sua misericordia e di saperla offrire agli altri con la stessa grandezza d’animo che Dio usa nei nostri riguardi. Solo così potremo anche noi “camminare nella carità” e fare della misericordia uno stile di vita quotidiano.

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Cernusco sul Naviglio, 19 febbraio 2017