È TORNATO PADRE EMILIO, DOPO DUE ANNI MOLTO DIFFICILI IN BANGLADESH
Nel Paese asiatico nel 2015 ci sono stati ripetuti tentativi di omicidio nei confronti di missionari cristiani e lo scorso anno 9 italiani sono stati uccisi a Dacca. Ma padre Emilio rimane sereno e fiducioso.
Padre Emilio Spinelli
È rientrato in Italia lo scorso mercoledì, dalla sua missione in Bangladesh, e lo abbiamo accolto con un grande abbraccio: perché per il concittadino padre Emilio Spinelli, missionario del PIME (Pontificio Istituto Missioni Estere) i quasi due anni trascorsi nel Paese asiatico, dalla sua ultima permanenza tra noi, non sono stati per niente facili e tranquilli. Ma lui, come al solito, non si scompone e rimane irresistibilmente fiducioso, nella convinzione che le cose possano presto cambiare. Nel Bangladesh nel corso del 2015 ci sono stati ripetuti tentativi di omicidio nei confronti di missionari cristiani e lo scorso anno 9 italiani sono stati uccisi a Dacca, capitale del Paese.
Nella sua attuale missione - Bhutahara, diocesi di Rajshahi, composta da una quarantina di villaggi con piccole comunità cristiane – padre Emilio Spinelli si sente tranquillo, circondato dall’affetto di quasi 400 ragazzi. Riconosce però che “questi ultimi due anni sono stati molto difficili. Con l’uccisione di diversi stranieri, ad opera di terroristi, è come se un incantesimo si sia rotto” nella civile convivenza tra mussulmani, indù e cristiani.
Le prospettive? “Noi ci comportiamo come prima. I mussulmani – ci dice padre Emilio - soffrono di questa violenza. Gli assassini sono terroristi che provengono da famiglie buone, ma sono stati fuorviati da manipolatori mussulmani.” Per un certo periodo, la polizia scortava tutti i missionari stranieri nei loro spostamenti o quantomeno li obbligava a segnare ogni loro trasferimento, ma Spinelli ci dice “che riusciva a depistarli”, perché si voleva sentire libero nel raggiungere da solo le sue piccole comunità.
A breve è prevista la visita di Papa Francesco in Bangladesh: “se ne sta discutendo e si pensa che possa avvenire entro la fine di questo anno. Siamo in attesa di conoscere la data esatta, per poi partire a grande velocità nella preparazione, coinvolgendo tutte le comunità. Non solo i cristiani, ma anche i musulmani e i buddisti.”
“Nella mia missione – ci racconta padre Emilio, che in Bangladesh è da oltre quarant’anni - al momento andiamo benino. Continuiamo ad accogliere gente che desidera il Battesimo. Abbiamo bambini e ragazzi che accompagniamo, per chi è orfano, sino alla maturità. In missione rimangono sino alla quinta elementare, poi per le medie e le superiori vanno in un college in una città vicina, a spese della nostra missione. In totale abbiamo 250 bambini che vivono in missione più altri 150 che la raggiungono ogni giorno per frequentare la nostra scuola.” In missione, ci dice il nostro missionario “c’è un’abbondanza di bambini”, rispetto all’Italia dove, invece, si vive un inverno demografico. Ad aiutare padre Emilio c’è un altro sacerdote bengalese e un gruppo di suore sempre locali oltre a dei volontari.
“Al sabato al villaggio arrivano ammalati, di qualsiasi religione – ci spiega padre Emilio - che non possono andare in ospedale. Noi ascoltiamo la loro storia, prestiamo le prime cure e poi decidiamo dove mandarli, nei casi più gravi anche nella lontana capitale, facendoci carico delle relative spese.”
“Abbiamo sempre bisogno di tanti aiuti, ma di risorse ne abbiamo poche” e allora come fate? Semplice la ricetta di padre Emilio: “noi intanto facciamo e non ci pensiamo”. L’appello alla generosità, per sostenere la sua missione è inevitabile. In questi due mesi che rimarrà tra noi sarà facile incontrarlo, per salutarlo, per dialogare con lui e per dimostrargli concretamente la nostra vicinanza.
Cernusco sul Naviglio, 11 marzo 2017