INVITATI AD APRIRE IL CUORE E A CAMBIARE LE NOSTRE PROSPETTIVE

Solennità di Tutti i Santi, 1 novembre – “Siamo tutti invitati – scrive il prevosto - a una vera e propria conversione nei nostri sguardi, nei nostri pensieri, nelle nostre parole e nelle nostre azioni.”

È difficile celebrare la solennità cristiana di Tutti i Santi nel contesto attuale che stiamo vivendo. Ogni giorno, infatti, siamo spettatori dei drammi dell’umanità. Le situazioni di guerra, di povertà e di fame che ancora assillano gran parte del mondo, le calamità naturali che in pochi istanti privano ogni persona del necessario, se non addirittura della stessa vita, le emergenze assistenziali e i tanti bisogni che toccano il nostro vivere quotidiano ci impediscono di fare festa e di vivere nella gioia.

Eppure la parola di Dio di questa solennità ci dice esattamente il contrario. Lo abbiamo sentito dire, anzitutto, dalla bocca stessa di Gesù, all’inizio del grande discorso della montagna che egli stesso rivolge alle folle e ai suoi discepoli. Proprio Gesù proclama “beati” – makarioi – cioè “pieni di felicità e di gioia”, i poveri, quelli che sono nel pianto, chi ha fame e sete, quanti sono perseguitati, coloro che subiscono ogni sorta di ingiustizia e di sopraffazione. Proprio queste persone, così duramente provate dalla vita, sono “beate”, “felici” e per loro è destinata la ricompensa del regno dei cieli. Anche l’apostolo Paolo, nella Lettera ai Romani, ci ha detto la stessa cosa, raccontando il destino di gioia e di gloria che Dio riserva a ogni uomo. Così “la tribolazione, l’angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada” non possono separarci dall’amore che Dio ha per noi in Cristo Gesù. E persino l’apostolo Giovanni, presentandoci la visione dell’Apocalisse, ci ha descritto “una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, tribù, popolo e lingua”, tutti coloro che “vengono dalla grande tribolazione” e che ora stanno davanti a Dio e a Gesù Cristo con le vesti purificate nel sangue dell’Agnello.

I fatti di ogni giorno ci presentano uomini e donne che fuggono dai propri Paesi per la povertà, per la fame e per la guerra. Ogni giorno assistiamo a un numero sempre più grande di persone che domandano aiuto e rifugio. I recenti avvenimenti di cronaca ci hanno detto di nostri connazionali rimasti senza casa e senza nulla, privati delle proprie radici, dei propri legami e dei propri affetti, così come lo sono tutti coloro che giungono nelle nostre terre in cerca di una vita migliore per sé e per i loro figli. Noi vediamo tutti questi eventi dalla parte drammatica e siamo come impietriti e impauriti davanti a tanto dolore. La paura, la rabbia, l’incapacità a dare risposte giuste e immediate ci spinge a chiuderci in noi stessi. Toccati da queste vicende e guardando ai drammi delle singole persone, a volte rispondiamo con sensibilità e generosità, altre volte, invece, con sospetto e timore.

Nella solennità di Tutti i Santi, la parola di Dio ci invita ad aprire il cuore e a cambiare le nostre prospettive. Siamo tutti invitati a una vera e propria conversione nei nostri sguardi, nei nostri pensieri, nelle nostre parole e nelle nostre azioni. Come cristiani, ci ricorda Paolo, dobbiamo dire ad ogni uomo – non solo a chi ci è simpatico o appartiene alla nostra cerchia – che nessuno viene abbandonato da Dio. E dobbiamo dirlo con la nostra vita. Come cristiani – sono le parole di Gesù – dobbiamo avere il coraggio di capovolgere il nostro stile di vita e di ripartire dagli ultimi, da chi è povero, calpestato, deriso, insultato, come Gesù stesso, che si è fatto povero perché noi potessimo diventare ricchi grazie alla sua povertà. Come cristiani – ed è l’affermazione carica di speranza di Giovanni – abbiamo la certezza che non sono pochi quelli destinati a una vita “beata” e “felice”, ma sono una moltitudine immensa, che sta già davanti ai nostri occhi e che ci interpella ogni giorno nella sua sete di felicità.

Siamo chiamati a fare questo con il nostro stile di vita, nelle nostre scelte quotidiane, fatte di accoglienza, di ascolto, di apertura, di solidarietà verso tutti, ma anche di ricerca della giustizia, di lotta contro ogni disuguaglianza, di rifiuto di ogni ricchezza ostentata e inutile.

In questa solennità non siamo chiamati a celebrare la festa di questo o di quell’altro santo, e neppure a fare memoria di tutti i santi che conosciamo messi insieme. È un esercizio, questo, che non avrebbe alcun senso. Siamo chiamati, invece, a vivere la nostra vocazione alla santità – cioè la chiamata ad essere uomini e donne felici – che non può realizzarsi se non attraverso la santità e la felicità degli altri. Ringraziamo il Signore se non viviamo situazioni estreme di povertà e di bisogno, ma allo stesso tempo – qualora ci fosse richiesto di viverle – riconosciamo di non essere abbandonati da Dio, ma di poter sperimentare con lui la stessa sorte vissuta dal suo Figlio Gesù. E per chi ora già vivendo questa condizione – cristiano o meno che sia – apriamo il nostro animo, perché solo così potremo sentirci dire dallo stesso Gesù: “beati voi”.

Don Ettore Colombo

Responsabile della Comunità pastorale “Famiglia di Nazaret”

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Cernusco sul Naviglio, 1 novembre 2016