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II Domenica di Avvento - 22 novembre 2020

II DOMENICA DI AVVENTO

22 NOVEMBRE 2020

(tratto dal sito internet ChiesadiMilano – Il Portale della Diocesi Ambrosiana)

LETTURA Is 51, 7-12a
Lettura del profeta Isaia

Così dice il Signore Dio: «Ascoltatemi, esperti della giustizia, popolo che porti nel cuore la mia legge. Non temete l’insulto degli uomini, non vi spaventate per i loro scherni; poiché le tarme li roderanno come una veste e la tignola li roderà come lana, ma la mia giustizia durerà per sempre, la mia salvezza di generazione in generazione. Svégliati, svégliati, rivèstiti di forza, o braccio del Signore. Svégliati come nei giorni antichi, come tra le generazioni passate. Non sei tu che hai fatto a pezzi Raab, che hai trafitto il drago? Non sei tu che hai prosciugato il mare, le acque del grande abisso, e hai fatto delle profondità del mare una strada, perché vi passassero i redenti? Ritorneranno i riscattati dal Signore e verranno in Sion con esultanza; felicità perenne sarà sul loro capo, giubilo e felicità li seguiranno, svaniranno afflizioni e sospiri. Io, io sono il vostro consolatore».

SALMO Sal 47 (48)

Il tuo nome, o Dio, si estende ai confini della terra.

Grande è il Signore e degno di ogni lode
nella città del nostro Dio.
La tua santa montagna, altura stupenda,
è la gioia di tutta la terra. R

Il monte Sion, vera dimora divina,
è la capitale del grande re.
Dio nei suoi palazzi
un baluardo si è dimostrato. R

Come avevamo udito, così abbiamo visto
nella città del Signore degli eserciti,
nella città del nostro Dio;
Dio l’ha fondata per sempre. R

O Dio, meditiamo il tuo amore dentro il tuo tempio.
Come il tuo nome, o Dio,
così la tua lode si estende sino all’estremità della terra;
di giustizia è piena la tua destra. R

Circondate Sion, giratele intorno.
Osservate le sue mura,
passate in rassegna le sue fortezze,
per narrare alla generazione futura:
questo è Dio, il nostro Dio in eterno e per sempre. R

EPISTOLA Rm 15, 15-21
Lettera di san Paolo apostolo ai Romani

Fratelli, su alcuni punti, vi ho scritto con un po’ di audacia, come per ricordarvi quello che già sapete, a motivo della grazia che mi è stata data da Dio per essere ministro di Cristo Gesù tra le genti, adempiendo il sacro ministero di annunciare il vangelo di Dio perché le genti divengano un’offerta gradita, santificata dallo Spirito Santo. Questo dunque è il mio vanto in Gesù Cristo nelle cose che riguardano Dio. Non oserei infatti dire nulla se non di quello che Cristo ha operato per mezzo mio per condurre le genti all’obbedienza, con parole e opere, con la potenza di segni e di prodigi, con la forza dello Spirito. Così da Gerusalemme e in tutte le direzioni fino all’Illiria, ho portato a termine la predicazione del vangelo di Cristo. Ma mi sono fatto un punto di onore di non annunciare il Vangelo dove era già conosciuto il nome di Cristo, per non costruire su un fondamento altrui, ma, come sta scritto: «Coloro ai quali non era stato annunciato, lo vedranno, e coloro che non ne avevano udito parlare, comprenderanno».

VANGELO Mt 3, 1-12
Lettura del Vangelo secondo Matteo

In quei giorni venne Giovanni il Battista e predicava nel deserto della Giudea dicendo: «Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino!». Egli infatti è colui del quale aveva parlato il profeta Isaia quando disse: «Voce di uno che grida nel deserto: Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri!». E lui, Giovanni, portava un vestito di peli di cammello e una cintura di pelle attorno ai fianchi; il suo cibo erano cavallette e miele selvatico. Allora Gerusalemme, tutta la Giudea e tutta la zona lungo il Giordano accorrevano a lui e si facevano battezzare da lui nel fiume Giordano, confessando i loro peccati. Vedendo molti farisei e sadducei venire al suo battesimo, disse loro: «Razza di vipere! Chi vi ha fatto credere di poter sfuggire all’ira imminente? Fate dunque un frutto degno della conversione, e non crediate di poter dire dentro di voi: “Abbiamo Abramo per padre!”. Perché io vi dico che da queste pietre Dio può suscitare figli ad Abramo. Già la scure è posta alla radice degli alberi; perciò ogni albero che non dà buon frutto viene tagliato e gettato nel fuoco. Io vi battezzo nell’acqua per la conversione; ma colui che viene dopo di me è più forte di me e io non sono degno di portargli i sandali; egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco. Tiene in mano la pala e pulirà la sua aia e raccoglierà il suo frumento nel granaio, ma brucerà la paglia con un fuoco inestinguibile».

***

Commento al Vangelo:

(tratto dal sito internet ChiesadiMilano – Il Portale della Diocesi Ambrosiana)

In questa seconda domenica di Avvento il credente è accompagnato dalle parole di Giovanni il Battista che lo introducono a comprendere meglio la missione di Gesù e a interrogarsi sulla qualità della vita: si sta raccogliendo buon grano o si sta rastrellando paglia inutile che merita solo di finire nel fuoco? È un’alternativa molto forte che permette di prepararsi bene all’incontro con Colui che sta per venire e scoprire il senso autentico dell’esistenza. Il ventilabro del giudizio del Salvatore, separando il buon grano dalla pula, distingue tra giusti e ingiusti. Le piccole o grandi scelte che ogni giorno si è chiamati a operare, insegnano a trattenere il bene della vita e a disperdere il male. È un cammino di conversione, sapienza e discernimento che può iniziare solo se si accetta che è il Salvatore a giudicare: «E il suo giudizio sarà la croce, dove brucia ogni nostro male e ci dà la sua vita» (S. Fausti). Confidiamo nella sua giustizia e nel suo amore.

***

Commento Biblico

a cura di Gianantonio Borgonovo

SECONDA DOMENICA DI AVVENTO - I FIGLI DEL REGNO

(tratto dal sito internet ChiesadiMilano – Il Portale della Diocesi Ambrosiana)

«Jésus annonçait le Royaume, et c’est l’Église qui est venue», recita il famoso adagio del teologo modernista francese Alfred Loisy (1857-1940). La sua fallace affermazione è tuttavia attuale per ogni generazione di cristiani, in quanto siamo chiamati a vivere sino in fondo la nostra appartenenza ecclesiale in continua conversione. Solo così non perderemo i vasti orizzonti della nostra chiamata universale, perché la Chiesa è al servizio del Regno e non il Regno a servizio della Chiesa. Vale anche per noi il severo monito di Giovanni il Battista per Farisei e Sadducei che andavano da lui per farsi battezzare: «Vi dico che da queste pietre Dio può suscitare figli ad Abramo» (cf Vangelo). Il nostro compito è la conversione e, partendo da essa, la testimonianza che Gesù Cristo è il Signore, con la passione apostolica e l’inarrestabile volontà di raggiungere tutti coloro che ancora – magari in modo inconsapevole – stanno attendendo il Vangelo della vita, con la stessa impareggiabile volontà di Paolo per continuare ad essere apostoli (cf Epistola). Il Dio Padre del Signore nostro Gesù Cristo – colui che è il Dio Creatore, il Dio che ha liberato Israele dalla mano dell’Egitto e ha fatto rinascere il suo popolo – è davvero «il nostro consolatore» (Lettura). Dio viene come portatore di salvezza per tutte le genti. La riconciliazione avvenuta nelle prime comunità cristiane tra credenti che provenivano dall’ebraismo e dalle nazioni del mondo greco è sempre soggetta alla provvisorietà e ad un equilibrio instabile. Essa è però il segno di un mondo riconciliato in Cristo, dove non vi sono privilegi di razza o di religione (l’essere figli di Abramo), ma dove conta solo ciò che veramente ci unisce: la fede nell’unico Signore e Salvatore

PER LA NOSTRA VITA:

- I -

Un profeta è un uomo che, a un preciso e sconvolgente momento della sua vita, sa di essere afferrato da Dio e chiamato da lui, e che non può fare altrimenti che andare dagli uomini e annunciare la volontà di Dio. La chiamata è divenuta il punto di svolta della sua vita, e per lui vale oramai soltanto l’andare dietro a questa chiamata, anche se portasse alla disgrazia e alla morte.

Il punto centrale, a partire dal quale è acquisita la comprensione dell’anima profetica, è il fatto che il profeta sa di essere alleato con Dio e che questa alleanza renderà la sua vita una tragedia, una tragedia d’incomparabile serietà, proprio perché si tratta di un’alleanza con Dio. Dal fatto che il profeta sia alleato con Dio dipende che le sue parole siano così strane, che egli sia così inflessibile, così temibile, che sia incomprensibile dal punto di vista umano e psicologico.

Dio lacera, manda in frantumi, annienta l’armonia spirituale dell’uomo che è il suo annunciatore. Dio stesso è autore della tragedia della vita del profeta, affinché in questa sconfitta dell’uomo venga alla luce la forza e il peso della richiesta divina[1].

- II -

Profeta, precursore, Giovanni compie infine la sua missione: preparare le vie alla gloria di Colui che viene nel deserto. L’avvertimento escatologico è prossimo. Il Verbo di Dio sta per giungere di fronte all’uomo sua creatura. È il Verbo onnipotente: «Ecco: i popoli sono come goccia che cade nel secchio» (Is 40,15). Verrà come un pastore per pascolare il suo gregge, radunare le pecore, tenendo in braccio gli agnelli (cf Is 40,11). Egli viene a visitare i suoi. E questa ora decisiva della storia è ormai imminente. Giovanni è inviato per predisporre i cuori ad accogliere il Signore. Il suo messaggio sarà messaggio di conversione: «Egli camminerà davanti al Signore… per ricondurre i cuori dei padri verso i figli ed i ribelli ai sentimenti dei giusti» (Lc 1,17). Poiché gli uomini si sono allontanati da Dio.

L’antico peccato di Adamo continua a riprodursi in essi. Il peccato di Adamo era la presunzione dell’uomo di essere autosufficiente: “Noi non abbiamo bisogno di Dio”. Era la presunzione dell’umanità di essere artefice del proprio destino e garante della propria salvezza. Ma, in tal modo, l’uomo si autodistrugge poiché egli non esiste e non agisce che in relazione alla sorgente divina dalla quale prende vita e alla quale si riferisce. È in questo mondo peccatore che Dio viene. Questo mondo, Giovanni, non può salvarlo. Persino lui, il maggiore dei profeti, conosce la vanità di qualsiasi predicazione. Egli non sarà l’apportatore di una vita di saggezza, ma l’annunciatore di un avvenimento. A questo mondo peccatore sta per essere offerta una salvezza. La liberazione è prossima.

Il Verbo di Dio redimerà Adamo e lo riporterà al Padre. In lui verrà restaurata la comunicazione tra Dio e l’uomo. Il Regno di Dio è prossimo. Dio regnerà sovranamente, anzitutto nell’umanità di Gesù Cristo, tutta quanta riferita a lui; in ogni uomo, poi, che potrà partecipare a questa salvezza realizzata in Gesù Cristo[2].

- III -

Tutto è sorprendente nel destino del Precursore. Il Signore davanti alla folla ne dà una testimonianza piena di mistero: egli è più che un profeta (Mt 11,9). Un profeta rivela i segreti di Dio, trasmette agli uomini la sua parola; Giovanni è un testimone che attesta l’evento prendendovi parte; egli è più che un profeta poiché la sua testimonianza è una delle condizioni umane della missione di Cristo: Conviene che così adempiamo ogni giustizia (Mt 3,15)[3].

- IV -

In Giovanni la possibilità della salvezza è collegata alla disponibilità a sottoporsi al battesimo di conversione e a portare “frutti” (Lc 3,9) di conversione. Pure Gesù conosce il messaggio della conversione (Mc 1,15), che però è strettamente collegato con la testimonianza in favore del regno, che viene agli uomini con una forza integrante e riconciliante. Il messaggio di questo regno trasformante, rinnovante e vivificante è perciò euanghélion, vangelo, buona novella. Rispetto all’oscuro sfondo apocalittico dell’imminente fine collettiva di questa generazione perversa […]: prevale, nella predicazione di Gesù non l’aspetto dell’annuncio della perdizione, bensì piuttosto l’aspetto ottimistico dell’annuncio della salvezza[4].

- V -

Dio ha un amore fedele, incondizionato; neppure il peccato può condizionarlo. Egli infatti perdona, è tenerezza e misericordia; appena vede nell’uomo un minimo di resipiscenza, subito entra con tenerezza infinita e distrugge il peccato. Ma nonostante il perdono, il cuore dell’uomo rimane invincibilmente peccatore; occorre allora che Dio, mentre perdona e distrugge il peccato, trovi un altro modo per garantirsi una risposta all’alleanza. Ecco l’intuizione dei profeti: Dio perdona il peccato del suo popolo ed egli stesso, mediante il Messia e lo Spirito, verrà ad abitare nel cuore del popolo. Egli stesso dirà sì alla propria alleanza. L’alleanza antica, in cui Dio vuole consanguineità con il suo popolo, si realizza perché in questa nuova alleanza, egli non è solo colui che fa l’alleanza, ma anche colui che risponde di sì all’alleanza.

L’accesso a Dio da parte dell’uomo non è facile: non è una passeggiata gioiosa, che l’uomo compie incontro a Dio, ma ha a che fare con l’umile riconoscimento di una situazione di imperfezione, di infedeltà che radicalmente abita nel cuore dell’uomo.

E’ l’esperienza dell’uomo peccatore, che sa di avere labbra impure e cuore impuro. L’idea di comunione con Dio dunque comporta un rossore, un mettersi la mano sulle labbra per dire: “Come posso io comparire davanti a Dio?” Ma dà anche un tocco nuovo, stupendo, commovente al rapporto del popolo con Dio. Il popolo sta davanti a Dio non soltanto come uno che ama, ma come uno che ama con tremore, sapendo tutta la fragilità e la povertà del proprio amore, conoscendo come esso venga fuori, goccia a goccia, da un’esperienza di durezza, di fatica, di superficialità, di ottusità, connaturata col cuore dell’uomo. Accanto a questa esperienza, però, il popolo fa anche quella della tenerezza dell’amore di Dio: egli sa che non solo Dio lo ama, ma lo ama perdonando; e un amore che perdona è l’amore più sublime[5].



[1] D. BONHOEFFER, Voglio vivere questi giorni con voi, a cura di M. WEBER, Traduzione dal tedesco di A. AGUTI - G. FERRARI (Books), Editrice Queriniana, Brescia 2007, p. 390.

[2] . DANIELOU, Giovanni Battista, testimone dell’Agnello, Morcelliana, Brescia 1965.

[3] P.N. EVDOKIMOV, L’uomo icona di Cristo. Saggi di spiritualità (Il Pozzo), Editrice Áncora, Milano 1982, 20032 , p. 73.

[4] R. MIGGELBRINK, L’ira di Dio. Il significato di una provocante tradizione biblica, Traduzione di C. DANNA (GdT 309), Editrice Queriniana, Brescia 2005, p. 97.

[5] L. SERENTHÀ, La storia degli uomini e il Dio della storia, a cura di A. CARGNEL - M. VERGOTTINI (Collana di Teologia e Spiritualità 5), O.R., Milano 1987, pp. 55-56