Venerdì 29 Marzo

III Domenica di Avvento

Il brano evangelico mostra come Gesù, concluso il discorso missionario e l’invio dei Dodici (9, 36 - 10, 42), è il primo a intraprendere la predicazione. Con ciò si vuol evidenziare che è lui “l’Inviato”, è lui il “Messia” annunziato dai Profeti.

I versetti 1-6 riportano la domanda rivolta a Gesù dai discepoli di Giovanni Battista incarcerato da Erode e riguardante la sua identità messianica (v 3). A essa Gesù risponde enumerando le opere da lui compiute (vv 4-6) e che, secondo i Profeti, identificano proprio il Messia.

Nella seconda parte (vv 7-15) viene riportata la “testimonianza” data da Gesù a Giovanni Battista, il suo Precursore, di cui riconosce l’autenticità come Profeta (vv 7-9) e soprattutto di essere “quell’Elia” che nella tradizione biblica sarebbe ritornato al momento dell’arrivo del Messia.

Questa terza domenica di Avvento vuole mettere in evidenza come in Gesù si sono adempiute le profezie che hanno tenuto viva in Israele e, tramite esso, nel cuore dell’umanità l’attesa della salvezza come inaugurazione del regno di Dio destinato, come sappiamo, a realizzarsi in pienezza e definitivamente con il ritorno “glorioso” del Signore. La “salvezza” è annunziata dai Profeti come effettiva liberazione del popolo d’Israele dalla triste condizione dell’esilio ed è cantata come un intervento diretto di Dio che procura una reazione gioiosa nel popolo specialmente nei più poveri e tribolati: «Allora lo zoppo salterà come un cervo, griderà di gioia la lingua del muto» (Lettura: Isaia 35, 6).

Tale reazione contagia tutto il creato e in particolare il “deserto” e la “terra arida” destinata a «diventare una palude e il suolo riarso sorgenti d’acqua» (v 7).

Non a caso, perciò, il Signore Gesù ai messi del Battista, che intendono accertarsi su di lui come inviato da Dio per la salvezza, ovvero come Messia, risponde: «Andate e riferite a Giovanni ciò che udite e vedete: i ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunciato il Vangelo» (Vangelo: Matteo 11, 4-5).

Si tratta cioè di gesti molto concreti e a tutti comprensibili come segnali che finalmente le profezie si sono adempiute! Dare la vista ai ciechi, risuscitare i morti, sono infatti cose che solo Dio può operare. In Gesù che le compie, dunque, agisce la divina potenza che interviene in modo concreto liberando da condizioni di malattia, di menomazione, addirittura di morte e di marginalità: «ai poveri» infatti «è annunciato il Vangelo», la bella e la buona notizia che li trasforma da “ultimi” e da “più piccoli” in più «grandi nel regno dei cieli», più grandi, addirittura, del Precursore del Signore (v 11).

L’Epistola paolina s’incarica di aiutarci a valutare in tutta la sua portata la “salvezza” che le profezie annunziano e che in Cristo si adempiono. Tutti gli uomini, a cominciare dagli appartenenti al popolo che Dio ama e i cui doni e la cui chiamata «sono irrevocabili» (Romani 11,29), sono di fatto “rinchiusi” «nella disobbedienza» ovvero nell’empietà e nel peccato che è essenzialmente l’incredulità e l’idolatria di sé.

È questa la vera schiavitù, è questa la malattia che precipita l’umanità nella morte, quella eterna, da cui nulla e nessuno la può liberare se non la libera sovrana decisione di Dio di «essere misericordioso verso tutti» (Romani 11, 39).

L’Avvento, mentre ci dispone a celebrare la prima venuta nell’umiltà della carne del Figlio di Dio, ravviva nel cuore della Chiesa anzitutto la consapevole e forte fede in Cristo quale unico e definitivo portatore della divina salvezza. In lui, perciò, si sono adempiute tutte le divine promesse. Non ne «dobbiamo aspettare un altro» (Matteo 11, 3).

L’orazione All’inizio dell’Assemblea Liturgica interpreta in modo sintetico e chiaro tutto ciò: «O Dio, che nella venuta del tuo Figlio unigenito hai risollevato l’uomo, caduto in potere della morte, a noi che ne proclamiamo con gioia l’incarnazione gloriosa dona di entrare in comunione di vita con il Redentore, nostro Signore e nostro Dio».

All’antica universale implorazione: «O cieli, stillate rugiada, dalle nubi discenda giustizia; si schiuda la terra e germogli il Salvatore» (Canto All’Ingresso) Dio risponde nel Bambino di Betlemme, nell’Uomo della croce, e ora, nel “pane” della mensa eucaristica.

don Alberto Fusi dal sito www.liturgiagiovane.org (immagine di copertina dal sito it.wikipedia.org)

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