Domenica dell´Incarnazione

Nella domenica dedicata alla Divina maternità di Maria lo sguardo si fissa su una madre della quale Dio stesso si è innamorato. Come fosse rapito dalla disponibilità intelligente e vivace di una ragazza di Nazaret, di nome Maria. Diventare semplicemente madre è quanto una qualsiasi ragazza osava chiedere a Dio, come tante donne ebree; regalarle Suo Figlio è quanto Dio ha voluto fare in lei, “per opera di Spirito santo”. Nel grembo di una giovane donna Dio trova una casa.

“Entrando da lei”
Lo spunto iniziale è un'indicazione riportata dal Il° Libro di Samuele, dove si narra del re Davide che aveva deciso di costruire un tempio al Signore. E Natan s'affretta a raggiungere il re per ricordargli che “non tu costruirai una casa a Dio (...), ma Dio costruirà una casa per te” (7,5-11). Da sempre Dio sognava di riuscire a trovare casa tra gli uomini. Ma come rispondente in modo adeguato a questo desiderio divino? Non c'è religione che non si sia cimentata nell'impresa di fare una casa per il proprio Dio. E per quanto il palazzo fosse bello e sontuoso, sembra sempre mancare qualcosa. Mancava soprattutto qualcuno. Per sé, stando al libro dell'Esodo, al Dio degli ebrei inizialmente sembrava bastasse anche solo una piccola tenda mentre accompagnava gli ebrei nel loro pellegrinare nel deserto. Poi un'intuizione profonda del cuore Lo prende, sino a commuoverLo e a farLo sussultare. Così il Vangelo, la buona notizia, comincia a raccontare di un angelo che Dio invia a una ragazza di Nazaret di nome Maria, già era promessa sposa di Giuseppe. Per lei, proprio per lei, Dio deve aver provato qualcosa che le parole non sapranno mai descrivere appieno. Ma in ogni caso non sarà mai adeguata una lettura funzionale di questo episodio evangelico che tenderebbe a ridurre Maria a strumento umanamente necessario per l'avvio e la gestazione del Figlio di Dio che entra nella storia. Forse per questo si dice che l'angelo “entra da lei”. Non è un semplice contatto, un interessante abboccamento, un intenso dialogo. È un Dio che ti entra dentro e ti raggiunge al cuore, senza scampo.

La tenerezza di Dio
Anche il dialogo tra l'angelo e Maria affascina non poco. Comincia Gabriele dicendo: “Rallégrati, piena di grazia, il Signore è con te”. E subito, una domanda attraversa il cuore di Maria: perché mi saluta così? Cosa mi sta dicendo? dove vuole arrivare Dio? Gli esperti di relazione umana - di innamoramento, appunto - potrebbero parlare qui di quel sentimento dimenticato che è il pudore. C'è molto di più. Non solo lo smarrimento di una ragazza che sentendosi osservata, reagisce a suo modo avviando un pensiero, un'interpretazione. La reazione è più intensa e teologica. Maria, infatti, sta percependo che a guardarla non è un uomo, ma Dio. Si sente avvolta dalla potenza dello sguardo di Dio. Uno sguardo che non ferisce, ma subito ti riempie di tenerezza e gioia profonda. Proprio come solo Dio sa fare. E forse qualcosa di tutto questo sta raccolto nelle prime parole che l'angelo pronuncia guardando Maria: “Rallegrati”. Kaire Maria. Se Dio ti avvicina, se Dio ti raggiunge, il giudizio non c'entra. È, infatti, anzitutto un gioco di sguardi, una profonda relazione d'amore. Trovandoci nell'imminenza del Natale cristiano, a fronte di un mondo che si agita ancora attivando i suoi sentimenti e le sue enormi manovre commerciali, non ci è chiesto tanto di fare qualcosa, neppure una buona azione, ma solo di avviare uno spazio, di creare una disposizione del cuore. A. Casati parla ad esempio del “tempo lungo degli occhi”: “Che sia questo, Signore / il tuo riposo? / Lo stupore / di un suono lontano, / il tempo / lungo degli occhi, / la veglia / infinita del cuore”.

Dire ‘sì' come Maria
Così Maria dice sì. Facendo spazio a Dio, facendosi casa di Dio. E questo esercizio di disponibilità a Dio - non un'incosciente sottomissione - si protrarrà per tutta la sua vita. Come una madre che resta per sempre madre di suo figlio. Purché Lui diventi e cresca, sino a raggiungere la Sua statura, la Sua pienezza umana, realizzando la Sua chiamata, la Sua vocazione. Così Maria, come tante madri, si troverà ad attraversare le strade più impervie. Spesso umanamente complesse e incomprese. Dai sospetti dei compaesani nei confronti di questa maternità umanamente inattesa, sino a dover assistere alla morte ignominiosa di suo Figlio sulla croce. Così Maria ha continuato a concepire e gestire dentro di sé il Figlio stesso di Dio. Così lo stato di continua gestazione di Maria diventa significativo anche dei nostri percorsi cristiani. Dal momento nel quale a tutti e a ciascun credente è chiesto di cominciare a concepire Gesù, sentendoLo presente e vivo dentro la propria esistenza, sino al momento della Sua elaborazione in noi. Nella sequela continua di Lui. Come un'imitazione (imitatio Christi), una declinazione infinita e continua di Lui. Senza più sosta, senza stancarsi mai. Così che “Cristo abiti nei vostri cuori per mezzo della fede, affinché, radicati e fondati nell'amore, possiate comprendere con tutti i santi quale sia la larghezza, la lunghezza, la profondità e l'altezza, e conoscere l'amore di Cristo che sopravanza ogni conoscenza, affinché siate ripieni di tutta la pienezza di Dio” (Ef 3:17- 19). Sì, la vita ha un senso solo se si ama, come Maria.

don Walter Magni dal sito www.qumran2.net (immagine di copertina dal sito it.wikipedia.org)

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