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Martedì 16 Aprile

“IN QUESTI GIORNI SARÀ GESÙ A COINVOLGERCI NELLA SUA PASSIONE”

Nei giorni della Settimana Santa – scrive il prevosto – “non saremo noi a fare qualcosa per Gesù, ma sarà lui a coinvolgerci nella sua passione, come ha fatto con Lazzaro, fino a condividere la sua stessa sorte, stando a mensa con lui e andando incontro alla morte a causa sua. Solo così la ‘sua’ Pasqua diventerà anche la ‘nostra’ e saremo realmente trasformati nell’uomo nuovo.”

Il passo di Vangelo di questa domenica ci ricorda ciò che avvenne nella vita di Gesù “sei giorni prima della Pasqua”. Anche noi ci ritroviamo oggi, “sei giorni prima della Pasqua”, a rivivere gli stessi eventi, per lasciare che la parola e l’azione di Gesù raggiunga la nostra esistenza e ci renda uomini nuovi. Per questo siamo invitati – secondo l’esortazione della Lettera agli Ebrei, una vera e propria omelia sul mistero pasquale – a correre “con perseveranza nella corsa che ci sta davanti, tenendo fisso lo sguardo su Gesù, colui che dà origine alla fede e la porta a compimento”. È solo tenendo fisso lo sguardo su Gesù, l’“uomo dei dolori che ben conosce il patire” – come ci ha ricordato il quarto cantico del servo del Signore proposto da Isaia – che possiamo ricevere i benefici della sua passione e avere la nostra vita trasformata dall’incontro con Cristo.

Il racconto evangelico di quanto avvenne “sei giorni prima della Pasqua”, aiuta anche noi a prepararci ora alla nostra Pasqua. Possiamo confrontarci con le diverse figure che ruotano attorno alla persona di Gesù, per vedere come ci stiamo preparando a questo momento così importante per la sua e per la nostra vita, e come siamo disposti ad essere raggiunti e a vivere il mistero pasquale.

Il primo atteggiamento è quello della folla che, essendo vicina la Pasqua dei Giudei, va alla ricerca di Gesù e si interroga se egli verrà mai alla festa. Chiediamoci se anche noi siamo alla ricerca di Gesù e se questa nostra ricerca è vera o è semplicemente dettata da una curiosità superficiale e passeggera.

Il secondo atteggiamento, questa volta ostile, è quello dei capi dei sacerdoti e dei farisei. Anch’essi sono alla ricerca di Gesù, non per ascoltarlo e conoscerlo meglio, ma per poterlo arrestare, visto che ostacola i loro progetti. Forse anche noi, qualche volta, abbiamo avuto nella nostra vita questi sentimenti di ostilità davanti al Signore, specialmente quando non ha esaudito le nostre attese.

Il terzo atteggiamento è quello di Marta, la sorella di Maria e di Lazzaro, che – come capita spesso nelle pagine evangeliche – viene presentata come colei che “serviva”: con il verbo all’imperfetto, a indicare che “continuava a servire”. Questo era il suo comportamento abituale. Chiediamoci se noi siamo capaci di un autentico servizio, nella Chiesa come nella società, e se questo servizio non ci fa dimenticare le persone a cui è indirizzato, per evitare di ripiegarci su noi stessi e di compiacerci delle nostre attività.

Il quarto atteggiamento è quello di Maria, la sorella di Marta e di Lazzaro, che mostra nei riguardi di Gesù un amore totale e incondizionato, arrivando addirittura a vivere l’eccesso e lo spreco nei suoi riguardi, versando sui suoi piedi “trecento grammi di profumo di vero nardo, assai prezioso”.

Siamo noi capaci, nei riguardi di Gesù e di chi oggi ce lo rappresenta – i poveri – di questo eccesso di amore?

Il quinto atteggiamento, infatti, è quello di Giuda Iscariota, uno dei Dodici, colui che “teneva la cassa” e “prendeva quello che vi mettevano dentro”. Anche qui i verbi sono all’imperfetto, quasi a dire la sua naturale propensione a curare i propri interessi e a giudicare l’agire degli altri. Se non siamo capaci, almeno qualche volta, di vivere l’eccesso dell’amore nei riguardi di Gesù e di agire per lui secondo la logica dello spreco, alla fine nella nostra vita – anche nella vita di fede – tutto sarà semplicemente calcolo e convenienza.

Il sesto, e ultimo, atteggiamento, quello più importante, però, viene vissuto da Lazzaro, il fratello di Marta e di Maria, “uno dei commensali” alla tavola di Betania. Lazzaro viene ricordato per ben quattro volte in questo racconto, eppure non fa proprio nulla: semplicemente “si lascia fare”: è colui che Gesù aveva risuscitato dai morti; è colui che ora è invitato a mensa insieme a Gesù e viene servito, insieme a lui, dalla sorella; è colui che viene ricercato dalla folla per la sua qualità di essere “redivivo”; ed è colui che, infine, viene coinvolto nelle trame degli avversari di Gesù, al punto da condurlo nuovamente alla morte. Lazzaro, nominato quattro volte, non fa nulla, ma si lascia fare da Dio e dagli altri. Vive – se vogliamo usare questo termine – la “passività della fede”, e mostra, in questo modo, il vero atteggiamento con cui entrare nella Pasqua.

In questi giorni, infatti, non saremo noi a fare qualcosa per Gesù, ma sarà lui a coinvolgerci nella sua passione, come ha fatto con Lazzaro, fino a condividere la sua stessa sorte, stando a mensa con lui e andando incontro alla morte a causa sua. Solo così la “sua” Pasqua diventerà anche la “nostra” e saremo realmente trasformati, come Lazzaro, nell’uomo nuovo, annuncio di vita nuova per tutti.

Don Ettore Colombo
Responsabile Comunità pastorale Famiglia di Nazaret

Per leggere i testi delle letture della Domenica delle Palme (Messa del giorno) - Is 52,13-53,12; Eb 12,1b-3; Gv 11,55-12,11 cliccare qui

Cernusco sul Naviglio, 20 marzo 2016