«DIO CI INSEGNA A COLTIVARE “PENSIERI NOBILI”»

L’apostolo Paolo, scrive il Prevosto, «anzitutto chiede che la nostra amabilità sia nota a tutti. In una società come la nostra, segnata da conflitti e contrapposizioni, essere – come cristiani – delle persone “amabili” non è qualcosa di scontato.»

Com’è tradizione, la sesta e ultima domenica di Avvento – lo scorso 20 dicembre - nel rito ambrosiano è dedicata dalla liturgia alla figura di Maria e alla contemplazione del mistero della sua divina maternità e dell’Incarnazione.

L’incarnazione del Signore e la Divina Maternità di Maria sono le due facce della stessa medaglia: da una parte contempliamo la vicinanza di Dio alla storia degli uomini, al punto da diventare uno di noi – è la parola che si fa carne – dall’altra siamo invitati a guardare a Maria che – proprio accogliendo questa parola nel suo grembo – diventa la madre del Signore.

Le pagine scelte dalla Scrittura per commentare questo mistero riguardano, ciascuna, uno dei tre personaggi coinvolti in questo avvenimento: il Figlio di Dio che si fa uomo; Maria di Nazareth che diviene la madre di Dio; e noi, la sua Chiesa, ogni singolo cristiano, chiamati a rivolgere il nostro sguardo e il nostro cuore alle origini della salvezza.

Gesù è il Signore vittorioso che entra nella città santa, con il dono della sua vita, e invita alla gioia - Della figura di Gesù – il Figlio di Dio che si fa uomo – ci parla (in modo enigmatico) la pagina del profeta Isaia (Isaia 62,10-63,3b). Ciò che Isaia canta in questo inno di gioia e di esultanza è la vittoria dei persiani sui babilonesi, causa della liberazione del popolo di Israele dalla schiavitù. Un soldato persiano arriva di corsa a Gerusalemme e annuncia alla sentinella della città questo evento gioioso. Ha “le vesti tinte di rosso”, cioè del sangue dei propri nemici, e grida parole cariche di speranza, annunciando la venuta del suo signore, Ciro il grande, nuovo salvatore dell’umanità. La liturgia riprende questo grido di esultanza e lo applica alla figura di Gesù: è lui il Signore vittorioso che entra nella città santa – con il dono della sua vita (le vesti tinte di sangue) e invita alla gioia.

Al mistero dell’Incarnazione Maria risponde con la forza e la docilità dell’obbedienza - La pagina evangelica (Luca 1,26-38°), attraverso l’annuncio dell’angelo a Maria, pone l’accento sulla persona della madre di Dio, immagine della vera figlia di Sion che riceve dall’inviato di Dio l’invito a rallegrarsi per la vicinanza del suo Signore. Maria – che pure rimane turbata dalla novità di questo annuncio – non deve temere, perché da sempre ha trovato grazia presso Dio. Su di lei quello sguardo carico di amore che Dio rivolge all’uomo fin dalla sua creazione non è mai venuto meno perché mai è stato messo in dubbio. Per questo il Signore stesso può trovare dimora in lei e lo Spirito santo, la potenza dell’Altissimo, può coprirla con la sua ombra. E’ il mistero dell’Incarnazione. A questa rivelazione Maria risponde con la forza e la docilità dell’obbedienza: si riconosce “serva del Signore” – un titolo che nella Scrittura è riservato a grandi figure, sintetizzate nell’anonimo “servo di Jahwe” del profeta Isaia – ed è disponibile al compimento della Parola.

Accanto alla “amabilità”, Paolo ricorda altre qualità, molto laiche, con cui siamo invitati a vivere il Natale - L’epistola di Paolo ai cristiani di Filippi (Filippesi 4,4-9) sposta il nostro sguardo su di noi, sulla vita della Chiesa. Quanto Maria vive in prima persona è il compito della Chiesa e dei fedeli di ogni tempo: riconoscersi oggetto della misericordia di Dio e rimanere aperti alla Parola. L’invito a essere sempre lieti nel Signore e a rallegrarsi perché il Signore è vicino – stiamo ormai per celebrare il suo Natale, cioè la sua nascita come uomo tra noi – è ora rivolto alla nostra Chiesa e a ciascuno di noi. Paolo ricorda anche quali sono le modalità concrete con cui possiamo rallegrarci nel Signore. Anzitutto chiede che la nostra amabilità sia nota a tutti. In una società come la nostra, così spesso segnata dai conflitti e dalle contrapposizioni, l’invito ad essere – come cristiani – delle persone “amabili”, che sanno attirarsi la stima e l’amore degli altri attraverso la loro affabilità, non è qualcosa di scontato. Accanto a questa “amabilità”, Paolo ricorda pure altre qualità, molto laiche, con cui siamo invitati a vivere il Natale del Signore manifestando la nostra nuova umanità: “Quello che è vero, quello che è amabile, quello che è onorato, ciò che è virtù e ciò che merita lode, questo sia oggetto dei vostri pensieri”. Con la sua venuta tra noi Dio ci ha insegnato a coltivare “pensieri nobili” e a dare dignità alla nostra esistenza e a quella altrui.

Possiamo fare nostro in questo Natale ormai prossimo, l’invito che il nostro Arcivescovo, con le parole di Paolo, ci rivolge a lasciarci educare al pensiero di Cristo, ad avere in noi i suoi stessi sentimenti. Possiamo aprire il nostro cuore, come ha fatto Maria, alla misericordia di Dio, che sempre ci fa grazia, come ci invita a fare il Giubileo straordinario della misericordia. Maria, che si è proclamata “la serva del Signore” ed è stata resa “madre di Dio” proprio per questa sua disponibilità ai suoi disegni, aiuti anche noi, come ha fatto con Gesù, a diventare “uomini veri”, immagine di quel suo figlio, che è il Figlio di Dio.

Don Ettore Colombo
Responsabile della Comunità pastorale Famiglia di Nazaret

Letture della VI Domenica di Avvento: Isaia 62,10-63,3b; Filippesi 4,4-9; Luca 1,26-38°

Cernusco sul Naviglio, 20 dicembre 2015