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Don Luciano, gennaio. La fede in Dio torni ad essere centrale nella nostra vita   

Sabato 20 Aprile

UN TRITTICO D’IDENTITA’: LA TERRA

C’erano una volta quattro fiumi le cui onde scorrevano per lunghe pianure conversando tra di loro. L’aria quieta come una carezza, si divertiva passando di stelo in stelo per annunciare il mattino della storia; mentre un tiepido calore addolciva il rumoreggiare delle onde che si raccontavano la bellezza prima delle montagne, poi delle colline ed infine dei prati verdi delle pianure. L’orizzonte confinava con l’infinito e le acque avevano racchiuso uno spazio di terra perché da quel cuore assiepato potesse nascere qualcosa che potesse dar loro una ragione di vita. Si, mancava ... qualcuno che potesse legare le acque, l’aria, la terra in un unico amplesso, tanto che nessuno non potesse sentirsi più straniero l’uno all’altro, ma legato da una sola voce; allora la terra, quella terra rossa, offerse il seno, l’aria diede lo spirito di vita e l’acqua levigò quella creatura, come un sasso nel fiume, con una serie di forme armoniose e lo chiamarono Adamo. Il primo vagito versava,su quelle tenere gote,tracciate da un colore rosso che ricordava l’origine della sua terra, lacrime di gioia, che i fiumi gli avevano regalato per l’occasione, mentre l’aria coccolava quel viso, Adamo alzava gli occhi al cielo per ringraziare l’Amore che lo aveva posto in quel giardino.

Venne anche il tempo di rendere omaggio alla Luce, che moltiplicò gli uomini sulla terra: ognuno col suo nome, la sua terra, la sua acqua e la sua aria. Erano tutti diversi, ma il loro cuore batteva la musica della vita, secondo il ritmo della fratellanza. Venne un tempo in cui Adamo, come i suoi fratelli, crescendo in età, si rispecchiava ora nelle foreste, ora nelle praterie, ora nei frutteti e queste somiglianze varie lo rallegravano, come uno che va alla festa della vita in ogni momento. Adamo continuava a stimarsi, vestendosi variamente, poiché ad ogni scadere d’ora, la varietà dei colori annunciavano una bellezza diversa, che rimandava il suo sguardo dalla sua persona alla natura, nella quale si riverberava in quell’ uomo, dove ogni elemento trovava la sua armoniosa collocazione.

Ora Adamo prendeva coscienza della sua relazione con la natura e scopriva che la terra che calpestava faceva eco alla sua carne. I sentimenti s’insinuavano come l’acqua nelle crepe di una terra arida ed ogni volta prendevano nomi diversi in situazioni differenti. Quando si allontanava dalla sua terra, il suo spirito pizzicava le corde della nostalgia:” settembre, andiamo. È tempo di migrare”; anche Renzo, quello dei “Promessi Sposi” nella fuga dal suo paese, salutava i suoi monti come una parte di sé stesso, che non poteva più accompagnare il suo sguardo. Il dolore dell’emigrato che dopo anni, in una terra lontana, ritorna alla sua mente la patria: la radice di un Padre e di una madre terra che lo hanno generato ed in un bagliore di lampi si scatenano ricordi immutabili. Un campo di sentimenti invade il cuore di Adamo per l’aria, per il cielo, per i fratelli, con i quali affonda un piede nella zappa ed una mano guida l’erpice in solchi diritti in attesa di frutti maturi anche di affetti, di condivisioni, di sofferenze comuni che sfociano in una nostalgia, già quasi una malattia, che non puoi toglierti di dosso, perché sei vestito da Dio.

La gente del tuo quartiere, del tuo paese con la quale vivi di relazioni più o meno strette ti sembrano solo apparenze che ricorrono, come la cornice di un quadro che s’intona con lo stesso; invece, se volgi lo sguardo per un po’ di tempo, comprendi come le tue aderenze quotidiane con la gentevicina ti ha formato, ovvero ti ha dato un nuovo colorito alla tua identità. Ora sei diventato diverso, nonostante il tuo possibile diniego, perché ti sei nutrito della terra della tua gente e, come direbbe qualcuno:” tu sei quello di cui ti nutri”, cioè quello che sperimenti, quello che condividi o meno, quello che si posa nella tua memoria e diventa senso della tua vita.

O Adamo, non camminare per sentieri selvaggi che non portano a nulla e rovinano la tua salute e quella degli altri; finirai per annientare te stesso senza un possibile ritorno.O Adamo, tu porti il nome della tua terra, non calpestare te stesso, perché ogni pagina del libro della tua vita strappata, non sarà più leggibile, sia per la tua memoria che per la storia degli altri, ovvero una ricchezza distrutta che ha il sapore della morte, mentre tu sei tratto dalla terra per essere chiamato il suo sposo e con essa fecondare, in ogni sua forma, la vita. O Adamo, uomo della tua terra, “da essa sei stato tratto: polvere tu sei e in polvere ritornerai!», ma la luce del Sole che ti ha creato,il calore che ti ha fatto crescere e l’amore di cui sei stato avvolto per tutta la vita, non ti mancherà mai per tutta l’eternità.

Paolo Fiorani