DALLE MIE MANI …. NASCE IL NATALE
Cronaca: L’anno scorso, Egidio mi raccontava cosi:” Mi sono trovato senza lavoro, le cause furono diverse e dalla sera alla mattina, mi trovai su un marciapiede. Come sai, “sono sposato ed ho due figli che frequentano la scuola primaria”. I primi giorni non mi rendevo conto: qualcosa da magiare c’era sempre”, ma poi in seguito tutto mi veniva istintivamente calcolabile: i tempi della durata di questa situazione, gli spazi in cui muoversi per portare a casa uno stipendio decente, le considerazioni che ora gli altri avevano di me, gli equilibri familiari che diventavano più asciutti e, soprattutto, questo stato di cose mi faceva sentire un verme, come se tutte le colpe del mondo fossero mie. Avevo spedito curriculum ovunque ed attendevo risposte ogni momento e per non perdere tempo, ogni mattina camminavo a piedi sui marciapiedi delle strade, nelle zone industriali, suonando i campanelli alle aziende, per sapere se avessero bisogno di me. Tutto sembrava un incubo, o meglio, un tunnel buio, dove uno sguardo fisso, verso il fondo cerca la luce, soluzione di ogni disagio e ”pace in terra agli uomini di buona volontà”, ma quel punto luminoso tardava sempre. Siamo a dicembre, il freddo pungente acuiva anche i sentimenti e gli umori a terra. Quella mattina avevo già avuto un colloquio, ma non lasciava sperare bene e me ne tornavo sfiduciato dalla zona industriale percorrendo la strada ormai vuota di gente che si era affaticata ad andare al lavoro, mentre io non ne ero degno di avere questo onore; poi dalle finestre uscivano suoni i più diversi che mi evocavano un passato: stridii di macchine, sbattimenti ferrosi, sirene nel reparto, voci di gente, l’abbaiare di qualche cane e da ultimo, il ruotare gommoso di un grosso camion che lento trasportava la terra, nel silenzio di quella strada, mentre il Natale si avvicinava …”
Egidio continuava così il suo racconto: “Mentre camminavo a testa bassa, nel mio cuore si affollavano sensazioni che si elevavano come nubi di fumo arrotolate tra di loro, confondendosi le une alle altre, senza arrivare ad una conclusione. Tra le varie forme di questi pensieri, ne apparve una che mi ricordava san Giuseppe, anche lui con una vita travagliata senza tante soddisfazioni. A lui i fatti accadevano senza alcun preavviso e doveva agire con prontezza, per condurre una vita normale: prendere non facili decisioni …” Giuseppe che era giusto non volle ripudiarla”; accettare disposizioni inconsuete dall’alto … “fece come gli aveva ordinato l’angelo”; sopportare situazioni a doppia faccia … “prima che andassero a vivere insieme si trovò in cinta”. Ora mi pareva che il mondo fosse più un luogo di pena che di gioia, senza alcuna possibilità di fuggire, ma San Giuseppe ebbe l’ordine di fuggire: “alzati e fuggi” e tuttavia i suoi problemi rimasero, sebbene in forma diversa. Persino avevo pensato, che se Gesù fosse stato qui presente, cosa mi avrebbe detto?”
Egidio così riprendeva: “Mi era venuto in mente, quel brano che mostra Gesù nella sua sinagoga e citava quel passo biblico: “Oggi si è compiuta questa scrittura che avete ascoltato”; e qui ho capito, che per me oggi, la mia vita si realizzava alla sua luce. La sua infinita sofferenza, in un unico oceano, dove si trova tutta l’umanità cristiana, sgravava la mia sofferenza. La Risurrezione poi teneva in serbo per me un progetto di pace, di maturazione umana e di gioia interiore, che aumentava la mia fede, in ragione dell’esperienza vissuta. Dice il profeta: “Lo Spirito del Signore è sopra di me; e mi ha mandato … per rimettere in libertà gli oppressi”, ed ora io mi sentivo più sereno, non per una assicurazione intellettiva o per qualcosa che mi aveva convinto, ma in me era calato qualcosa di nuovo, che irrobustiva i miei fianchi sfiniti: ora ammettevo che si poteva anche non essere oppressi. Si affacciava ora al mio cuore un nuovo sentimento dettato dalla preghiera: “Possa io vivere per lodarti”. Mi sentivo ancora lontano da questa affermazione, ma ora la ritenevo possibile. Mi sembrava quasi una bestemmia la possibilità di lodare nella mia condizione, ma ora capivo che il Natale si stava avvicinando al mio cuore, forse un barlume di luce s’intravvedeva: “Ecco l’opera del Signore”. Non avevo mai pensato che il mio lavoro si potesse intrecciare con una realtà divina che già viveva in me. Ora sembrava che la guarigione del mio stato d’animo prendeva lentamente la sua strada, facendomi ricordare quando ero occupato nel lavoro che esercitavo e si apriva una nuova considerazione: il Natale è ogni lavoro, dal più facile al più difficile, una sorgente di vita che ti nasce nuova tra le mani. Quelle mani, quei pensieri e quella volontà che da soli ti possono portare alla delusione, invece se li guardi, seppur trafitte dai chiodi della vita quotidiana, ti svelano il Natale che è in te, perché dentro quei chiodi, è nato uno che già ti ha aperto la strada alla tua gioia per la tua vita”.
Egidio concludeva così:” Quando arrivai a casa, mia moglie disse, con una punta di gioia: ti ha telefonato la società “Enterprise …” che dice di presentarti subito perché ti vuole assumere; allora avevo compreso che ogni lavoro, e tutto è un lavoro, che usciva dalle mie mani valeva un Natale, e questo, nato nella povertà dei miei pensieri, era sbocciato in una grande luce, mentre gli angeli annunciavano ai vicini che era nata una gioia grande.
Paolo Fiorani
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