RISCOPRIAMOCI PIETRE VIVE DELLA CHIESA AMBROSIANA
Nato a Treviri ed educato a Roma, entrò in magistratura e fu nominato console a Milano. Nel pieno infuriare delle lotte fra cattolici e ariani (seguaci di Ario che sosteneva che Gesù non fosse realmente divino, cioè figlio reale di Dio, ma che fosse solo la creatura più perfetta di tutte) per il dominio della città, Milano rimase senza vescovo e Ambrogio fu costretto ad intervenire per gestire le folle in tumulto. Lo fece con così grande competenza e dignità che il popolo stesso lo volle vescovo, benché egli fosse ancora un catecumeno. Tentò di sottrarsi, ma non ci riuscì e, in pochi giorni, fu battezzato è nominato vescovo. La voce del popolo, in questo caso, fu proprio la voce di Dio: il nuovo vescovo donò tutti i suoi beni ai poveri e, dedicandosi ad un attento studio delle scritture, divenne un grande e affascinante predicatore. Lo stesso ribelle Agostino, giunto in quel periodo ad affermare che si dovesse dubitare di tutto perché era assolutamente impossibile conoscere la verità, rimase affascinato dalla sua spiegazione cristocentrica delle scritture e dal modo in cui parlava di Dio, un Dio spirituale, che non si mescolava con la materia, ma la creava e la custodiva. Fu grazie al vescovo Ambrogio che Agostino si convertì e divenne il grande santo i cui scritti ancora ci incantano. Fu uomo di così grande è perfetta carità che, quando nel 378 i Visigoti sconfissero l'esercito Romano prendendo migliaia di prigionieri, egli arrivò perfino a vendere i vasi delle sue chiese per poterli riscattare. E diceva: "Meglio salvare i corpi viventi che i vasi di metallo". Non esitava ad esercitare il proprio potere spirituale di vescovo neppure con l'imperatore che in quel tempo risiedeva a Milano, sostenendo il principio: "L'imperatore è dentro la Chiesa, non sopra la Chiesa".
Liturgista sapiente ed appassionato, diede un'impronta indelebile alla sua Chiesa Milanese tanto che dopo di lui il rito si chiamò Ambrosiano. È un rito latino, come lo è il rito romano, ma Ambrogio gli diede un'impronta più centrata in Cristo e lo arricchì anche con molteplici inni liturgici, ancora oggi considerati una preziosa eredità. Quando Ambrogio morì, l’impronta da lui lasciata nell’Arcidiocesi di Milano fu di tale portata che il suo successore venne definito dall'allora Papa Gregorio Magno come “vicario” di Sant'Ambrogio, definizione precedentemente riservata solo al “vicario” di Cristo, il vescovo di Roma. Questo grande santo è nostro protettore, nostra guida spirituale e noi, orgogliosi di essere ambrosiani, vogliamo seguirne l'esempio con decisione e generosità e ringraziamo il Signore per il grande dono che ha voluto fare alla Chiesa e a tutti noi che ne siamo parte viva.
Dal Mozambico è giunto qui, nella parrocchia Beata Vergine Assunta di Seggiano, per studiare teologia sistematica patristica nella facoltà di Milano, don Feniasse Maneira, parroco nella parrocchia di Nossa Senhora de Fátima della città di Gondola diocesi di Chimoio. Ci ha spiegato che, leggendo le confessioni di Sant'Agostino, aveva incontrato la figura di Sant'Ambrogio, artefice della conversione di Agostino. Così, per approfondire la conoscenza di questo grande santo, ha deciso di venire qui da noi, a vivere il rito Ambrosiano, mentre, alla facoltà di teologia patristica, incentra il suo studio proprio su Sant'Ambrogio. “Mi affascinano il suo interesse pastorale e il suo amore per la vita comunitaria. La sua spiritualità, profondamente radicata nella virtù della carità e in quella dell'umiltà, come si comprende anche dal suo libro “de officiis ministrorum”, può essere anche oggi un esempio nelle parrocchie e nelle comunità. I suoi insegnamenti sono di grande attualità e le sue riflessioni sulla Sacra Scrittura, le sue preghiere, il suo impegno liturgico sono di grande aiuto per la nostra vita spirituale. È un santo vivo e l’impronta da lui lasciata è un sentiero sicuro che conduce all'amore di Cristo e per Cristo".
Questa testimonianza di un sacerdote che è arrivato dal Mozambico seguendo Ambrogio, ci è parsa molto bella per tutti noi che talvolta tendiamo a non renderci conto dei doni che abbiamo ricevuto.