IL VULCANO PIU’ GRANDE DEL MONDO SI CHIAMA … ADOLESCENTE

Questa è la cronaca:

Marta Buonadonna - 18 settembre 2018 - Negli ultimi giorni due storie di cronaca hanno riacceso i riflettori su un diffuso fenomeno che appare preoccupante: la voglia degli adolescenti di mettersi in mostra con azioni audaci, che a volte hanno esiti tragici. Sfide online che diventano sempre più pericolose, con rilanci continui a spingersi sempre un po' più in là nella beffarda sfida alla morte. Il blackout game, pratica di auto soffocamento, che si è portata via il quattordicenne milanese Igor Maj e la mania del selfie estremo, che ha fatto precipitare un altro adolescente, Andrea Barone, nel condotto dell'aria di un centro commerciale, sempre a Milano; sono casi che noi adulti tendiamo spesso a bollare, con una certa dose di superficialità, come tragiche conseguenze del senso di onnipotenza degli adolescenti.

Commento

La vita è un rigagnolo, poi un torrente ed infine un fiume, che attraversa paesaggi diversi e, nello stesso tempo plasma la natura e condiziona il paesaggio circostante. Allo stesso modo l’adolescenza esplode come un vulcano incontrollato ed il fiume della sua vita lo oltrepassa portando con sé tutti i detriti per il resto della sua esistenza fino a sfociare nel mare dell’eternità.

Qui le parole escono facili e pericolose come proiettili, perché quello che dicono non sono forgiate da un senso. Come bambini molto piccoli che mettono in bocca tutto quello che toccano per provare, per dominare, per affettività, così i giovani sperimentano le parole perché provano sensazioni e una libertà dissoluta, ma null’altro che vada al di là della propria pelle.

C’è un vocabolario di morte, tutto loro, che usano: l’amore Sono cose che possono essere banali”; L'amore appunto non avvisa, e per questo non ha età; L’amicizia vista solo come supporto per il gioco o il passatempo. Poi si scende sempre più in basso con altre parole come:” Selfie estremo”; “Sfida alla morte”; “Blackout game” (pratica di auto soffocamento); “la Balena blu”, (un gioco di 50 regole che spinge al suicidio i più deboli); “Fortnite” (videogioco con milioni di utenti e di una complessità incredibile); “Sexting” (immagini intime con il partner via chat o social); “Hikikomori” (termine giapponese che significa ritirarsi nella propria stanza senza avere un’attività sociale);”Revenge Porno” (forma di ricatto per non uscire dal giro); “vita sedentaria” da annoiati; “alcol” come mezzo per non pensare e perdere coscienza; “Sextorsion” (sesso virtuale in cambio di danaro e le pretese continuano).

Se queste sono prove che si iniziano per caso o sperimentazioni di gioco, l’adolescente trova, in questi strumenti di morte, delle motivazioni per eccellere ed affermarsi, senza un confronto morale di ciò che è bene o è male.

Matteo Lancini, psicologo e psicoterapeuta, dice:” da sempre c'è la propensione a guardare in faccia la morte, finita la vera epoca dell'onnipotenza, che è l'infanzia, l'adolescente entra in contatto con le verità anche depressive della vita: il suo corpo è mortale. Questa ricerca della paura è un tentativo, di avere un controllo attivo sulla morte. A questa età bisogna farci i conti.

Internet si è diffusa in un contesto rilevanza sociale ma siamo noi adulti che lo abbiamo costruito e dato ai ragazzi come parte fondante della vita". La ricerca di popolarità e di successo non è la trasgressione, non lo fanno per disubbidire, ma per tollerare quote di delusione. L’infrazione era tipica delle generazioni precedenti, che dovevano opporsi a genitori autoritari, che vietavano e punivano, ponevano molti limiti, dicevano molti no.

Ora stiamo crescendo una generazione di figli unici, con l'imperativo di avere tanti amici, di essere popolari fin dalla più tenera età e quando diventano adolescenti non si sentono mai abbastanza popolari e belli. In pratica mettiamo i telefonini in mano ai nostri figli a partire dall'età di 8 anni, li spingiamo a svolgere mille attività e ad avere tanti amici, poi quando diventano adolescenti proviamo a riprendere il controllo. Quei paletti non li puoi introdurre a 13 anni, dopo un'infanzia tutta espressiva, dalla quale è stata bandita la solitudine, ma l'autorevolezza dei genitori, quella sì gli manca un bel po'.

Abbiamo preso i corpi dei nostri figli e li abbiamo messi sotto sequestro togliendoli dai giardini e dalla strada per saperli in casa, ma hanno sostituito le battaglie in strada, che procuravano qualche sbucciatura e ora si sentono bloccati, perché noi abbiamo disboscato il pianeta, plastificato il mare e abbiamo fatto capire che il loro futuro lavorativo è un'incognita".

A percorrere questi sentieri di morte ci sembra di vivere all’inferno. In questi adolescenti non si trova la speranza, il desiderio di una carriera di lavoro, una concezione di vita che umanamente abbia senso, ma solo desiderio di morte senza una ragione. Nel mio immaginario, vedo i progenitori che avevano in mano una bottiglia d’acqua, che raccoglieva le fatiche della giornata di lavoro. A sera sedevano tra gli alberi mossi da un venticello: era Lui che veniva al desco per condividere quell’acqua trasformata in vino, la gioia, prima, per l’incontro, poi, per lo stare insieme e la voce del vento interloquiva con loro. La brezza era una carezza che toglieva la fatica del giorno, donava la pace al cuore ed una comunione di sentimenti che rallegrava la felicità di vivere. Purtroppo un giorno, la bottiglia della vita … cadde …e andò, come ogni vetro, in frantumi. La parola impoverita stentava a farsi capire, i sentimenti erano vulcani pieni sassi ed il calore dei sentimenti rispettosi si disperdeva nell’aria, l’amore divenne sesso e possesso, e la Sua immagine fresca e silenziosa sparì.

Questi adolescenti hanno rotto la bottiglia della loro vita e a loro rimane il dolore di una rovinata, la delusione di un incantesimo a pezzi come un puzzle in frantumi e una incapacità di essere, non di avere, quella meravigliosa persona chiamata dalla creazione. Se potessimo ritornare in noi stessi, vedremmo la voragine del nostro nulla, ma anche uno Spirito che soffia dove vuole e che cosa può volere se non una riconciliazione con la Vita perché la nostra gioia sia piena? L’uomo ha saputo addomesticare tanti animali e non riesce a domare quel fuoco del vulcano così rovinoso. E’ molto bello vedere una radice di legno che brucia nel caminetto di questo pianeta e continua ardere per la gioia di chi ha una vita fredda e si riscalda al tepore di una sera che vedrà l’indomani eterno. Aggiungeremo ciocco a ciocco per ogni generazione che si consumerà per una vita nuova, cantando nel suo cuore, giorno e notte, la propria bellezza, lavata con il sangue di una vita persa per amore, perché la misericordia si trasformi, per i puri di cuore, in amore.

Paolo Fiorani