Nacque il tuo nome da ciò che fissavi


Un verso da una poesia di Karol Wojtyla, il tema del 40° Meeting di Rimini, svoltosi dal 18 al 24
agosto 2019.

Nella folla in cammino verso il luogo del Supplizio —
ti apristi un varco a un tratto o te lo aprivi dall’inizio?
E da quando? — dimmelo tu, Veronica.
Nacque il tuo nome nello stesso istante in cui il cuore
divenne l’effige: effige di verità.
Nacque il tuo nome da ciò che fissavi
”. (Karol Wojtyla, Il nome)

Solo poche ore prima di partire per Rimini, mi sono soffermata su quel titolo e finalmente me ne
sono incuriosita. Ho cercato in internet questa poesia di Karol Wojtyla e, da subito, ne sono rimasta
affascinata.. A chiarire la natura del titolo di questa 40^ edizione è intervenuta Guadalupe Arboma
Abascal, professoressa di letteratura comparata all’Università di Madrid introdotta il lunedì da
Emilia Guarnieri; già nei mesi scorsi la Presidente del Meeting aveva più volte ricordato che “il
titolo vuole trattare l’urgenza di persone in grado di stare dentro questo mondo impaurito,
incattivito e impoverito. Di starci da uomini sapendo da dove ripartire cioè dall’unico punto di
partenza; il desiderio di felicità di bene e di realizzarsi. Questo desiderio si potenzia nel momento in
cui si incontra uno sguardo da fissare”.

Dunque Veronica che aveva un altro nome, a noi ignoto, “è diventata Veronica in una seconda
nascita – ha detto Guadalupe - La nostalgia della nascita per ritrovare chi siamo – ha aggiunto – è
un leit motiv del nostro tempo”. E cita l’ultimo film di Almodòvar “Dolor y gloria” che racconta di
un regista esaurito, vuoto e apatico che ritrova tracce di vita e un qualche interesse nel ricordo.
C’era l’amore di una mamma, c’era una gioia. Ma perduta negli anni.
Ad immedesimarci nell’esperienza della Veronica ci aiutano anche le parole che Don Giussani
usava per spiegare la poesia: “Immaginiamoci la folla, Cristo che passa con la croce, e lei che fissa
Cristo e si apre un varco nella folla, guardandolo. Tutti la guardano, Lei che non aveva volto, era
una donna come le altre, ha acquistato nome, cioè volto, era una donna come le altre, ha acquistato
nome, cioè volto, personalità nella storia, per cui la stiamo ancora ricordando, per ciò che fissava.”
I versi della poesia di Karol Wojtyla mettono a fuoco il fatto – sperimentato da tutti, almeno nei
momenti più importanti e decisivi della vita – che il proprio “nome”, cioè la propria consistenza
umana nasce da quello che si fissa, e cioè dal rapporto con un altro da sé, con ciò da cui ci si sente
chiamati ad essere. L’immagine cui la poesia si riferisce è quella della Veronica che fissa Cristo
mentre passa con la croce. Ma tanti incontri evangelici raffigurano questa dinamica: come quello di
Zaccheo che si sente guardato da Gesù e viene chiamato per nome: «Scendi in fretta, vengo a casa
tua!».

Per questo la domanda più interessante, e insieme la più pertinente al nostro presente, è: ma da dove
nasce l’io? Da dove viene il “volto” di ciascuno di noi? Cosa dà peso e significato irriducibile al
nostro “nome” proprio? Senza volto non si può guardare niente e non si può godere di niente; e
senza nome ci si riduce al niente di una massa indistinta…
E con questo bellissimo inizio il Meeting - protagoniste la bellezza, l’operosità, il divertimento, lo
sport, la politica, l’amicizia, il cibo, la gratuità, il lavoro, l’economia - è stato davvero un incontro di
Persone la cui vita è stata una scoperta del proprio nome e del proprio volto.

Angela Belussi