BRUNI ALLA NUOVA FONDAZIONE: “SIATE CAPACI DI UNO SGUARDO NUOVO SULLA GENTE”

Presentata alla Casa delle Arti, lunedì 4 giugno, la Fondazione “Cernusco SMS”. In “un tempo avaro di felicità pubblica”, “non si fanno cose nuove se non c’è un ottimismo antropologico”.


Il Sindaco, Ermanno Zacchetti

“Fondazione Cernusco si inserisce in un contesto cittadino già ricco di associazioni - una cinquantina, senza contare quelle sportive - di questo ne siamo consapevoli e nostra ferma volontà è quella di operare in uno spirito di aperta collaborazione con tutti i soggetti del Terzo Settore”: è quanto ha espresso, in apertura di serata, il presidente della Fondazione, Carlo Guzzi, dando così il senso a tutto l’evento. Sono quindi seguiti i saluti e gli auguri del Sindaco e del prevosto.

“Guardo con orgoglio a questa iniziativa – ha detto il Sindaco Ermanno Zacchetti - nella quale vedo le caratteristiche dei Cernuschesi: pragmatica idealità culturale e sociale mai scevra dalla realtà. È la stessa che sostiene la cooperazione cernuschese e che attraversa un incredibile tessuto associativo cittadino. Alla Fondazione il mio in bocca al lupo e buon lavoro per la città”

Per il prevosto, monsignor Luciano Capra, “il fatto che i principi ispiratori della Fondazione traggano esplicita ispirazione dalla Dottrina sociale della Chiesa cattolica dice come essere cristiani significa stare vicino agli uomini e ai loro bisogni. Questo penso sarà l’impegno che animerà la Fondazione per il bene comune della nostra città. Quindi buon lavoro!”


Il prevosto, monsignor Luciano Capra

I tre valori che ispirano la Fondazione – solidarietà, mutualità e sussidiarietà – ha osservato Riccardo Bonacina, che ha moderato la serata, hanno una storia lunga di secoli. Oggi chi ha dato vita a questo nuovo soggetto giuridico vuol “far rivivere gli ideali che sono giunti a loro come un dono dalle generazioni passate”.

“In Italia sul finire dell’800 si inventano forme nuove di attività - cooperative, mutuo soccorso, latterie sociali … - che permettono ai partecipanti di non avere relazioni di subalternità, ma di sentirsi a casa loro, radicati, nel momento in cui decidono di entrare a farne parte”: è partito da questa constatazione l’excursus storico del professor Marco Dotti, docente all’Università di Pavia, sui cambiamenti avvenuti nel corso dei decenni nel Terzo Settore. I pionieri della solidarietà e della mutualità – ha osservato – di fronte ad una necessità vitale hanno inventato nuove forme giuridiche e hanno lottato affinché venissero accettate: “il sociale, il corpo intermedio, ha modificato il diritto, introducendo nuove forme giuridiche. Questo ha permesso, in momenti di gravissima crisi, di attuare riforme che gettassero le radici di una nuova socialità e idealità.”


Il professor Marco Dotti

“La solidarietà, la mutualità e la sussidiarietà se custodite insieme – per Dotti - sono qualcosa in più del semplice valore negoziali di beni merce. Sono valori molto concreti che hanno permesso agli uomini di ogni tempo di alzare lo sguardo, di relazionarsi con gli altri, di puntare più in alto, al bene comune.” Il docente ha, infine, messo in evidenza come “la società odierna spinge sempre più al disimpegno morale e per farlo mette in atto meccanismi che ci impediscono di vedere la sofferenza o la reazione dell’altro. Invece le vocazioni ideali sono fondamentali per mantenere vivo e umano il nostro tessuto civile, per evitare che non ci sia più questo disimpegno morale sistemico, che spinge sino all’irresponsabilità totale.” La sua sollecitazione conclusiva: “oggi è importante attivare dei punti di luce sul territorio e connetterli con le radici ideali altrimenti ci rimane solo il disimpegno.”


Il professor Luigino Bruni

È stata quindi la volta dell’atteso intervento del professor Luigino Bruni, economista alla Lumsa di Roma. “Quando la gente si mette insieme e fa nascere qualcosa di bello, come una fondazione, è una festa. Perché è come se nascesse una nuova piazza, una nuova città: è un bene comune, è un patrimonio civile.” Siamo purtroppo in “un tempo avaro di felicità pubblica”, quella che porta a ritrovarsi in piazza, a stare insieme, a condividere fatiche e gioie, perché il nostro è “un tempo in cui gli ideali sembrano parole logore”

Che cosa c’era alle radici dell’albero degli ideali che ha fatto fiorire le generazioni precedenti? Innanzitutto Bruni ha spiegato che “le radici non sono il passato, ma guidano il presente, perché se pensiamo ad una pianta, sono ciò che la fanno vivere, senza muore.” E pensando alle precedenti generazioni, ha ricordato che alle loro radici c’erano i legami famigliari, il sacrificarsi per i figli, la voglia di vivere, di tessere relazioni, un’umanità popolare, una grande resilienza alla sofferenza, il saper vivere e morire, avevano il cristianesimo. C’era la dimensione del ‘noi’. Anche loro avevano “un terreno su cui discutere e litigare, ma su tutto c’era una concordia civile.” E a questo proposito il professore ha accennato all’esempio di Peppone e don Camillo: “discutevano, litigavano, ma quando esondava il grande fiume andavano insieme a salvare il loro paese, Brescello. C’era una base civile che fondava la politica. Questo è il ‘noi’!”. A questa dimensione è oggi urgente tornare.

Oltre a “una base civile comune, c’era anche la parola.” Quella parola detta e data che aveva preminenza su tutto e rimaneva ferma. “Oggi invece a dominare sono le bufale”. Bruni ha poi messo in guardia i continuatori delle organizzazioni a movente ideale (associazioni, fondazioni, cooperative, imprese sociali …) dal non sapere innovare, dal vivere di “rendita parassitaria”, ciò accade quando non si costruisce più qualcosa di nuovo ma si vive su quello che è stato fatto in passato. Si manifesta, in questo modo, l’incapacità a dare risposte nuove ai bisogni in grado di tenere vive le domande dei pionieri, dei fondatori. Come cambiare? Ecco la raccomandazione del professore: “Cambiare le risposte storiche per tenere vive le domande. Il pericolo altrimenti è quello di affezionarsi alle risposte e dimenticare così le domande.”

Negli ultimi vent’anni – è un’altra annotazione del docente - “il mondo è cambiato velocemente, producendo una lacerazione pazzesca” a tal punto che “non esiste più un ponte fra le generazioni” e così oggi siamo costretti a “raccontare le cose di un tempo in modo profondamente diverse”. Dopo aver spiegato che a ben guardare il “mercato è un modo di operare cooperativo”, ha messo in guardia dal ritenere ogni nuovo concorrente un nemico. Al contrario, è da vederlo come un’opportunità in più, che può aiutare a creare migliori condizioni a mutuo vantaggio.

“Non si fanno cose nuove se non c’è un ottimismo antropologico. Per far nascere una fondazione che vuole diffondere i valori di solidarietà, mutualità e sussidiarietà – è stata la conclusione di Bruni - ci vuole uno sguardo nuovo sulla gente”: e questo è l’augurio che ha rivolto ai promotori.


Il presidente del Circolo Acli di Cernusco, Giuseppe Parmendola

Sono poi intervenuti i rappresentanti di quattro significative realtà cernuschesi per illustrare come nella loro storia e attività concreta coniugano i valori che ispirano la Fondazione. L’Avis nella donazione del sangue e nell’attività di informazione e formazione delle nuove generazioni, le Acli nei servizi di patronato, di assistenza, ma anche di attenzione al mondo del lavoro, agli immigrati con il corso di italiano per stranieri, di educazione alla geopolitica, L’Aurora Opere educative nella scuola, la Caritas cittadina nella sensibilità verso le diverse forme di bisogno e fragilità.


Il vicepresidente della Fondazione Cernusco SMS, Guido Brovelli

È toccato quindi al vicepresidente della Fondazione, Guido Brovelli, presentare origine, valori e scopi della Fondazione. “La Fondazione si presenta per ultima – ha esordito Brovelli - come nuovo germoglio, logica conseguenza di tutto quello che qui a Cernusco si è pensato, progettato, realizzato negli anni, per il raggiungimento del bene comune, grazie a uomini e donne che hanno dato vita ad associazioni e cooperative, che oggi possono vantare anche settanta e cento anni di servizio alla nostra comunità.”

La nascita della Fondazione, 4 novembre 2016, “scaturisce dalla necessità – ha aggiunto Brovelli - ravvisata dai fondatori, Cooperativa edificatrice Constantes e Associazione Amici della Cooperazione di Cernusco, di dar vita e offrire ai Cernuschesi un nuovo soggetto sociale, un nuovo strumento giuridico in grado di studiare e fornire risposte adeguate, mirate e strutturali, alle nuove emergenze sociali e al contempo di sviluppare una rinnovata e moderna azione culturale, in grado di trasmettere, soprattutto alle nuove generazioni, i valori di solidarietà, di mutualità e di sussidiarietà”.

Lo statuto della Fondazione – ha specificato il vicepresidente - “ci indica due direttrici precise: la consegna alle giovani generazioni dei valori ideali che, a Cernusco, sono alla base del nostro vivere sociale e l’attenzione e la cura verso chi vive un particolare disagio abitativo”

La spiegazione del logo della “Cernusco SMS” è stato l’ultimo passaggio dell’intervento di Brovelli: “Abbiamo cercato di racchiudere in un’immagine, in un logo, la nostra identità e mission. I colori: verde della nostra terra, azzurro del nostro naviglio, giallo del sole. I simboli grafici: due linee come onde, una realtà dinamica, non stagnante, ferma su sè stessa; rivolte verso l’esterno, braccia aperte che attraggono, accolgono: un cuore, i nostri valori, linfa vitale, luce, energia, ispirazione, vita.” Con un’ultima aggiunta: “la Fondazione non è dei fondatori, che l’hanno regalata ai Cernuschesi e la sostengono, ne tanto meno degli amministratori. È di Cernusco. Appartiene a tutti. Se così sarà, darà i frutti sperati.”

Foto di G. Melzi

In allegato, il “chi siamo” e la “mission” della Fondazione

Cernusco sul Naviglio, 5 giugno 2018