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Sabato 20 Aprile

VENERDI´ SANTO, "CON MARIA PRESSO LA CROCE"

Per tutto il Sabato Santo, in ciascuna chiesa parrocchiale cittadina, c’è la possibilità di accostarci al Crocifisso e di baciarlo: “un gesto umano molto bello, intenso” per “corrispondere all’amore di Gesù”

La ‘Celebrazione della Passione del Signore’, in ciascuna parrocchia cittadina nel pomeriggio, e la ‘Celebrazione nella Deposizione del Signore’, per tutti in chiesa prepositurale, alla sera, hanno caratterizzato questo secondo giorno del triduo pasquale. “Che cosa grida Gesù come ultimo grido nel momento estremo?”. È partita da questa domanda la riflessione che il nostro arcivescovo, monsignor Mario Delpini, ha proposto nella sua omelia durante la celebrazione della Passione del Signore che ha presieduto in Duomo. “Secondo l’evangelista Matteo – ha spiegato – l’ultimo grido, il più potente e sconvolgente rimane indecifrato o, piuttosto, da interpretare secondo la fede e l’esperienza di colui che guarda al crocifisso”.

“Ci sono buone ragioni per credere che l’ultimo grido - ha proseguito Delpini - capace di scuotere il cielo e la terra, capace di convincere il centurione, lo straniero sensibile e incline alla serietà della fede, alla sua professione di fede: ‘Davvero costui era figlio di Dio!’ (Mt 27,54), sia stato ‘Amen!’. Amen cioè: ‘Sì!’”. Con quel “Sì, amen!”, Gesù è come se avesse detto: “sono disposto ad amare questo popolo che non mi ama!”, “sarò l’amore che attira con legami d’amore, sarò la presenza che apre porte di paradiso a coloro che hanno visto l’inferno!”, “mi consegno nelle mani di questa umanità: facciano di me quello che vogliono. Ma finiranno per credere che io li amo!”. Con quel “Sì, amen!”, ha osservato l’arcivescovo, Gesù si è consegnato “al disprezzo perché i miei fratelli e le mie sorelle possano volgere lo sguardo a colui che hanno trafitto e riconoscendo d’essere amati così, fino al compimento, abbiano motivo per aver stima di sé”. Si è consegnato “al soffrire perché nessuno mai, quando soffre, possa dire che Dio è lontano da lui”. Si è consegnato “alla solitudine perché tutti i figli di Dio che sono dispersi siano radunati insieme nella fraternità costruita dal mio amore crocifisso”.

“Noi sappiamo che il sepolcro per Gesù non è la tomba della sconfitta”, ha commentato il prevosto della città, monsignor Luciano Capra, nella liturgia serale nella prepositurale di piazza Conciliazione. Poi ha aggiunto: non è la sconfitta, “perché poi viene la Pasqua, che vince il dramma più grande dell’uomo, la morte, il peccato.”

La sera del Venerdì Santo è anche quella della tradizionale processione dal santuario alla prepositurale, quest’anno annullata perché le previsioni meteo segnalavano piogge consistente. Ma i due simulacri, quello della Madonna Addolorata e del Cristo morto, erano stati comunque portati negli scorsi giorni in “Santa Maria Assunta”. Il prevosto ha, quindi, invitato a contemplare anche Maria: “l’Addolorata è un mamma che piange il Figlio che non c’è più. Le sue lacrime sono anche quelle di ciascuno di noi che davanti al dramma della morte sta in silenzio. Allora vogliamo stare con Maria presso la croce e contemplare questo silenzio, carico di speranza e di fede. Non è un silenzio di disperazione. È un silenzio di amore e di attesa. Lasciamoci coinvolgere e avvolgere da questo silenzio.” È il silenzio che la Chiesa ci fa vivere sino a domani, quando nuovamente esulteremo con il canto dell’Alleluia per gioire del ritorno dello Sposo, della risurrezione di Gesù. “È l’attesa – ha concluso il prevosto - di chi affida a questo Amore crocifisso la propria vita.”

Per tutto il Sabato Santo, in ciascuna chiesa parrocchiale cittadina, c’è la possibilità di accostarci al Crocifisso e di baciarlo. “Un gesto umano molto bello, intenso”, ha sottolineato il prevosto: “noi in quel bacio non vogliamo essere come Giuda, ma vogliamo essere come figli, fratelli, che corrispondono all’amore di Gesù, dicendogli: ‘ti do anch’io la mia vita, voglio anch’io essere con te’. Allora in quel bacio c’è tutto il nostro amore, il nostro affetto, la nostra fede, fragile e debole. La fede di chi lo ama perché lo incontra.”

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Cernusco sul Naviglio, 31 marzo 2018