“Non aspettare l’ultimo momento della nostra vita per collaborare con la grazia di Dio, ma farlo già da adesso”. È il consiglio del Papa, durante l’Angelus di domenica 12 novembre, sulla scorta della parabola delle dieci vergini, cinque stolte e cinque sagge, che vanno incontro allo sposo.

Foto da www.agensir.it

“Sarebbe bello pensare un po’: un giorno sarà l’ultimo”, ha detto Papa Francesco all’Angelus, aggiungendo poi: “Se fosse oggi, come sono preparato, preparata? Ma devo fare questo e questo … Prepararsi come fosse l’ultimo giorno: questo fa bene”. “Dobbiamo tenerci pronti all’incontro con lui”, l’esortazione del Papa: “Vegliare non significa soltanto non dormire, ma essere preparati; infatti tutte le vergini dormono prima che arrivi lo sposo, ma al risveglio alcune sono pronte e altre no. Qui sta dunque il significato dell’essere saggi e prudenti”.

La lampada “è il simbolo della fede che illumina la nostra vita - ha spiegato Francesco - mentre l’olio è il simbolo della carità che alimenta, rende feconda e credibile la luce della fede”. “La condizione per essere pronti all’incontro con il Signore non è soltanto la fede, ma una vita cristiana ricca di amore e di carità per il prossimo”, ha detto il Papa: “Se ci lasciamo guidare da ciò che ci appare più comodo, dalla ricerca dei nostri interessi, la nostra vita diventa sterile, incapace di dare vita agli altri, e non accumuliamo nessuna scorta di olio per la lampada della nostra fede; e questa – la fede – si spegnerà al momento della venuta del Signore, o ancora prima.”

“Se invece siamo vigilanti e cerchiamo di compiere il bene – ha proseguito il Papa - con gesti di amore, di condivisione, di servizio al prossimo in difficoltà, possiamo restare tranquilli mentre attendiamo la venuta dello sposo: il Signore potrà venire in qualunque momento, e anche il sonno della morte non ci spaventa, perché abbiamo la riserva di olio, accumulata con le opere buone di ogni giorno. La fede ispira la carità e la carità custodisce la fede”.

Riflettendo – “Ama il prossimo tuo come te stesso” dice Gesù nel Vangelo. Questo è il comandamento che noi cristiani dobbiamo seguire e vivere nel corso del nostro pellegrinaggio terreno. Siamo nati per amare, per vivere in comunione con i nostri simili, nostri fratelli della grande famiglia umana. Viviamo con fede quando doniamo il nostro amore, la nostra consolazione, la nostra speranza al prossimo, quando siamo caritatevoli. Vivere chiusi in se stessi non ha senso, ci inaridisce. Amare il prossimo come noi stessi ci rende felici e ci darà la gioia di partecipare con gioia al banchetto in Paradiso con il Signore e gli angeli della corte celesta nell'ora e nel giorno nel quale Gesù ci chiamerà a sè. (Fabio F.)

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Cernusco sul Naviglio, 13 novembre 2017