“INSEGNACI A CONTARE I NOSTRI GIORNI E ACQUISTEREMO UN CUORE SAGGIO”

Con queste parole, durante l’udienza generale di oggi, il Papa ha sintetizzato l’atteggiamento del cristiano nei confronti della morte, “una realtà che la nostra civiltà moderna tende sempre più a cancellare”. “Quando la morte arriva, per chi ci sta vicino o per noi stessi, ci troviamo impreparati, privi anche di un alfabeto adatto per abbozzare parole di senso intorno al suo mistero, che comunque rimane”.


Foto da www.agensir.it

“I primi segni di civilizzazione umana sono transitati proprio attraverso questo enigma (quello della morte, ndr). Potremmo dire che l’uomo è nato con il culto dei morti”. “Altre civiltà, prima della nostra, hanno avuto il coraggio di guardarla in faccia”, ha ricordato il Papa: “Era un avvenimento raccontato dai vecchi alle nuove generazioni, come una realtà ineludibile che obbligava l’uomo a vivere per qualcosa di assoluto”. Poi la citazione del salmo 90: “Insegnaci a contare i nostri giorni e acquisteremo un cuore saggio”.

“Cosa siamo noi? Siamo quasi un nulla”, ha proseguito Francesco citando un altro Salmo: “I nostri giorni scorrono via veloci: vivessimo anche cent’anni, alla fine ci sembrerà che tutto sia stato un soffio”. “Tante volte io ho ascoltato anziani dire: la vita mi è passata come un soffio”, la testimonianza del Papa.

“La morte mette a nudo la nostra vita. Ci fa scoprire che i nostri atti di orgoglio, di ira e di odio erano vanità, pura vanità”, ha aggiunto il Papa, secondo il quale di fronte alla morte “ci accorgiamo con rammarico di non aver amato abbastanza e di non aver cercato ciò che era essenziale. E, al contrario, vediamo quello che di veramente buono abbiamo seminato: gli affetti per i quali ci siamo sacrificati, e che ora ci tengono la mano”.

“Gesù ha illuminato il mistero della nostra morte”, ha ricordato Papa Francesco: “Con il suo comportamento, ci autorizza a sentirci addolorati quando una persona cara se ne va”. “Lui si turbò profondamente davanti alla tomba dell’amico Lazzaro, e scoppiò in pianto”, ha proseguito citando il Vangelo di Giovanni: “In questo suo atteggiamento, sentiamo Gesù molto vicino, nostro fratello. Lui pianse per il suo amico Lazzaro. E allora Gesù prega il Padre, sorgente della vita, e ordina a Lazzaro di uscire dal sepolcro. E così avviene”. “La speranza cristiana attinge da questo atteggiamento che Gesù assume contro la morte umana”, ha commentato Francesco: “Se essa è presente nella creazione, essa è però uno sfregio che deturpa il disegno di amore di Dio, e il Salvatore vuole guarircene”.

“Tutta la nostra esistenza si gioca qui, tra il versante della fede e il precipizio della paura”. Ne è convinto il Papa, che ha poi citato le parole di Gesù: “Io non sono la morte, io sono la risurrezione e la vita, credi tu questo?, credi tu questo?”. L’episodio evangelico citato da Francesco è la risurrezione della figlia di Giairo.

“Siamo tutti piccoli e indifesi davanti al mistero della morte. Però, che grazia se in quel momento custodiamo nel cuore la fiammella della fede!”. Con questo auspicio il Papa ha concluso l’udienza, in cui ha raccontato che “Gesù ci prenderà per mano, come prese per mano la figlia di Giairo, e ripeterà ancora una volta: ‘Talità kum’, ‘Fanciulla, alzati!’ Lo dirà a noi, a ciascuno di noi: ‘Rialzati, risorgi!'”.

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Cernusco sul Naviglio, 18 ottobre 2017