IL SALUTO DI DON ETTORE, TRE SEMPLICI PAROLE
Il prevosto a settembre lascerà la nostra città per assumere la guida di un'altra comunità pastorale. Il suo saluto prende spunto dalle tre parole con cui papa Francesco si è rivolto in più occasioni alle famiglie per offrire una strada di vita: “permesso?’, “grazie”, “scusa”
Come ho avuto modo di ricordare più volte durante questo anno pastorale, il prossimo 4 settembre, dopo nove anni, scade il mio mandato quale responsabile della Comunità pastorale “Famiglia di Nazaret” in Cernusco sul Naviglio. Il cardinale arcivescovo ha confermato questa scadenza e mi ha già dato una nuova destinazione. Mi è stato chiesto di trasferirmi in Milano e di assumere il ruolo di responsabile della Comunità pastorale “Santi Apostoli”, nel centro storico della città, comprendente le quattro parrocchie di Sant’Eufemia, San Francesco di Sales, Santa Maria al Paradiso e San Calimero, Santi Apostoli e Nazaro Maggiore. Subentro così a don Claudio Nora, nominato parroco di Santa Maria del Suffragio in Milano, che è stato il primo responsabile di questa Comunità e che ringrazio di cuore per il lavoro svolto in questi nove anni, insieme agli altri sacerdoti residenti.
A Cernusco sul Naviglio, come nuovo responsabile della Comunità pastorale “Famiglia di Nazaret”, il cardinale Angelo Scola ha scelto di nominare il suo attuale segretario, monsignor Luciano Capra, al quale rivolgo il mio più cordiale augurio a nome di tutti i sacerdoti e i fedeli delle tre parrocchie cittadine.
Vorrei lasciare alcune riflessioni che possano aiutarci nel nostro cammino futuro. Non è il tentativo di un bilancio quello che desidero proporre, ma piuttosto l’invito ad abbandonarci ancora di più alla fedeltà di Dio che guida la nostra storia. Lo faccio prendendo spunto dalle tre parole con cui papa Francesco si è rivolto in più occasioni alle famiglie per offrire una strada di vita: “permesso?’, “grazie”, “scusa”.
Permesso? - Il cardinal Martini ricordava spesso ai parroci di nuova nomina di entrare con molta discrezione nelle parrocchie loro affidate - chiedendo “permesso?”, appunto - senza stravolgere l’esistente e rispettando il cammino compiuto. In queste due settimane di anni in cui sono rimasto a Cernusco per svolgere iI mio ministero ho cercato di accostarmi alla ricchezza della città e all’animo di chi mi era dato di incontrare con quella delicatezza necessaria per vivere nella fiducia e nel rispetto reciproco. Mi è stato di aiuto, in tutto questo, il triplice cambiamento richiestomi, rimanendo sempre tra voi: prima come parroco di una sola parrocchia, Madonna del Divin Pianto; poi come vicario parrocchiale della nascente Comunità pastorale e, infine, come responsabile della stessa. Tutto questo succedersi di incarichi, a volte un po’ caotico, mi ha chiesto di non procedere con fretta o per imposizioni, ma di considerare il tanto bene esistente e di valorizzare le doti di ciascuno e il lavoro comune. Non so se sono sempre riuscito, ma questo era l’intento che mi ha guidato, tenendo come punto costante di riferimento la parola di Dio. Proprio per indicare questo stile, nel numero di “Voce Amica” del novembre 2008, commentando la mia nomina a responsabile della Comunità, si diceva: “Nessuna rivoluzione, si riparte dal Vangelo!”. In realtà, il Vangelo è la più grande rivoluzione che possiamo incontrare, perché cambia radicalmente il nostro cuore. Ma anche il Vangelo chiede a ciascuno di noi il permesso.
Grazie - Alla Comunità pastorale di Cernusco sul Naviglio e alle tre parrocchie che la compongono devo il mio più vivo ringraziamento. Il mio “grazie” va a ciascuna delle persone che ho incontrato durante i poco più di tredici anni di permanenza in città. Qui ho imparato anzitutto a fare il parroco, perché mi è stata affidata la mia prima parrocchia quando il cardinale Dionigi Tettamanzi, di cui ero segretario, mi ha inviato alla Madonna del Divin Pianto. Ricordandolo nella preghiera, lo ringrazio ancora per questo dono e perché ha voluto essere presente di persona nel giorno del mio ingresso. Ma a Cernusco ho appreso anche a fare un passo indietro, collaborando come vicario con gli altri sacerdoti alla costituzione della nascente Comunità pastorale “Famiglia di Nazaret”, e a riassumere poi gli onori e gli oneri quando mi è stato chiesto, a distanza di soli nove mesi, di diventarne il nuovo responsabile. Allo stesso tempo, assumendo questo incarico, ho mosso i primi passi come parroco di più parrocchie. Il compito che andrò ad assumere nella nuova Comunità pastorale che mi verrà affidata l’ho appreso dunque in mezzo voi. Ciascuno di voi, fedeli laici e confratelli nel sacerdozio, si senta ringraziato personalmente, perché da tutti ho avuto modo di apprendere qualcosa, nel modo di servire e di amare la Chiesa, anche attraverso le nostre povertà.
Scusa - E proprio parlando di povertà, mi viene spontaneo domandare scusa per tutto quanto non ho saputo o voluto fare. È sempre difficile domandare perdono, e a volte si rischia di cadere anche nella retorica, ma è necessario farlo, per riacquistare quella libertà di cuore che consente di riprendere il cammino. In particolare, domando perdono per quelle volte che non ho favorito i rapporti di comunione, che sono fondamentali per la vita di una Comunità, così come domando perdono per quanti non si sono sentiti accolti, capiti e amati nel modo in cui desideravano. La fretta, la ricerca di un risultato, la tranquillità di fare ciò che è già noto e si è sempre fatto, così come i preconcetti e le attese eccessive, a volte hanno impedito a me e alla Comunità intera di rispondere alla domanda che ci deve stare più a cuore: ciò che stiamo facendo è davvero secondo il Vangelo?
Nella lettera che il cardinale Angelo Scola ha inviato alla nostra diocesi al termine della visita pastorale, ad un certo punto il nostro arcivescovo, parlando del suo ministero e delle sue responsabilità, scrive: “Ho appreso a conoscermi meglio, a fare miglior uso dei doni che Dio mi ha dato e, nello stesso tempo, ho imparato un po’ di più quell’umiltà (humilitas) che segna in profondità la nostra storia. Ho potuto così, grazie a voi, accettare quel senso di indegnità e di inadeguatezza che sorge in me tutte le volte che mi pongo di fronte alle grandi figure dei nostri patroni Ambrogio e Carlo”. Faccio mie queste sue parole e rinnovo la richiesta di scuse per la povertà con cui ho fatto fronte alla missione affidatami.
Affidati alla Parola - Mi rendo conto di aver abbondantemente superato le “tre parole” con cui volevo rivolgere il mio saluto e il mio ringraziamento alla Comunità di Cernusco e per questo mi rifaccio a quell’unica Parola che sola può garantire la nostra gioia. Lasciando la città di Efeso e salutando gli anziani di quella comunità, san Paolo non dice: “Vi affido ora la parola di salvezza”, ma più precisamente: “Vi affido a Dio e alla parola della sua grazia” (Atti 20,32). Accogliendo anche l’invito del nuovo arcivescovo, monsignor Mario Delpini, domando a Dio il dono della gioia e anche un po’ di quel sano umorismo che permette di affrontare al meglio la realtà.
Sorretti da questa certezza di essere stati “affidati alla Parola”, continuiamo il nostro cammino, per portare a compimento l’opera che Dio ha su ciascuno di noi, sulla Chiesa e sul mondo intero. Grazie, e ricordiamoci nella preghiera.
Don Ettore Colombo
Responsabile della Comunità pastorale “Famiglia di Nazaret”
(Da “Voce Amica”, luglio 2017)
Cernusco sul Naviglio 15 luglio 2017