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“L’EUCARISTIA DOMENICALE, OCCASIONE PER TROVARE ‘RIPOSO’ IN DIO”

Domenica 2 luglio – “Possiamo essere così indaffarati nella nostra vita - commenta il prevosto - uomini e donne “senza riposo”, da non avere tempo né per noi né per gli altri, e tanto meno per Dio”

Nelle domeniche dopo Pentecoste la liturgia ambrosiana ci presenta le tappe fondamentali della storia della salvezza – dalla creazione del mondo fino alla venuta di Gesù Cristo – perché possiamo rilegge alla luce di questi avvenimenti la nostra stessa storia attuale.

Nella IV domenica dopo Pentecoste, dopo aver visto il disegno originario di Dio sull’umanità, vediamo come questa umanità si sia irrimediabilmente corrotta: “Il Signore vide che la malvagità degli uomini era grande sulla terra e che ogni intimo intento del loro cuore non era altro che male, sempre”. È una descrizione che ci lascia senza parole, anche se siamo ben consapevoli di come questo male può abitare nel nostro cuore. Paolo, nella lettera ai Galati, elenca ben quattordici situazioni di male che riempiono il cuore dell’uomo: “fornicazione, impurità, dissolutezza, idolatria, stregonerie, inimicizie, discordia, gelosia, dissensi, divisioni, fazioni, invidie, ubriachezze, orge”. Tutte cose di cui facciamo ancora esperienza.

Di fronte a questa situazione di malvagità, causata dalla superbia e dall’arroganza dell’uomo che vuole essere come Dio – forse a questo si riferisce il racconto iniziale dell’unione tra “i figli di Dio” e “le figlie degli uomini” – Dio si pente di aver fatto l’uomo sulla terra e si addolora nel suo cuore. Dio non è insensibile al male degli uomini e vuole porvi rimedio. Lo fa attraverso la figura di Noè, che anche Gesù ricorda nella pagina evangelica. In mezzo a tanta malvagità, “Noè era uomo giusto e integro tra i suoi contemporanei e camminava con Dio”. Per questo “trovò grazia agli occhi del Signore”. A Dio basta un solo uomo giusto per poter rinnovare il cuore di tutti gli altri e costruire così una nuova umanità. A Noè – il cui nome significa “riposo” – Dio chiede di costruire un’arca di legno di cipresso. Noi, forse, a queste parole immaginiamo una grande barca o una nave, ma, in realtà, ciò che Dio chiede è semplicemente di mettere in atto un “salvagente”. Quest’arca, infatti, non ha ne prua ne poppa e nemmeno un timone. Deve semplicemente galleggiare e permettere all’umanità e all’intero creato di trovare salvezza. Il racconto si conclude con questa sottolineatura: “Noè eseguì ogni cosa come Dio gli aveva comandato: così fece”. Proprio perché Noè trova il suo riposo in Dio, si fida di lui, obbedisce alle sue parole e accetta di compiere quello che gli viene richiesto, diventando così causa di salvezza per molti.

Al contrario, nel racconto evangelico, Gesù ricorda che gli uomini della generazione dei tempi di Noè, non vivevano con questa stessa fiducia in Dio, ma erano tutti affannati nei propri interessi: “mangiavano, bevevano, prendevano moglie, prendevano marito, fino al giorno in cui Noè entrò nell’arca e venne il diluvio e li fece morire tutti”. Ciò che avvenne nei giorni di Noè, avvenne anche nei giorni di Lot, e avviene anche ai nostri giorni: noi stessi possiamo essere così indaffarati nella nostra vita, uomini e donne “senza riposo”, da non avere tempo né per noi né per gli altri, e tanto meno per Dio, ma solo per le cose da fare, per il lavoro da compiere, per i progetti da portare avanti, senza renderci conto del perché e del per chi agiamo in questo modo. Un rimedio a tutto ciò, per recuperare lo stile di Noè, cioè quello del “riposo” e non dell’affanno, può essere quello suggerito da Gesù e ripreso dalle parole di Paolo.

Nel vangelo Gesù suggerisce di non cercare di salvare la propria vita, ma di essere disponibile a perderla per gli altri e per Dio. Solo così si evita di vivere l’affanno dell’esistenza, tentando di trattenere tutto per se, e ci si mette con fiducia nelle mani di Dio, trovando ristoro in lui.

Paolo, usando un altro linguaggio, ci invita a non vivere secondo “le opere della carne”, ma a coltivare, invece, “il frutto dello Spirito”. Solo dando spazio all’azione dello Spirito nella nostra vita, infatti, possiamo superare i limiti e le ristrettezze della carne, impoveritasi proprio dalla assenza dello spirito, come ci ha ricordato il Signore nello stesso passo del libro della Genesi: “Il mio spirito non resterà sempre nell’uomo, perché egli è carne e la sua vita sarà di centoventi anni”.

Al contrario, su Gesù lo Spirito di Dio si posa e rimane per sempre. Ma anche su di noi, se siamo disposti ad assecondarlo, lo Spirito si posa e rimane, dandoci una vita come quella del Figlio di Dio. È quello che domandiamo in questa Eucaristia. Anzi, proprio l’Eucaristia domenicale, in mezzo agli affanni e alle preoccupazioni della vita, è l’occasione per trovare “riposo” in Dio, specie nel giorno che fa memoria della risurrezione di Gesù ed è a lui dedicato.

Il nostro partecipare alla Messa non sia una delle tante cose da fare in mezzo alle altre, ma il desiderio di trovare “riposo” in Dio – come fece Noè – per diventare anche noi, come lui, “salvagente”, cioè uomini e donne capaci di dare speranza e riposo a chi ci sta accanto.

Don Ettore Colombo
Responsabile della “Comunità pastorale Famiglia di Nazaret”

Per leggere i testi delle letture della Messa di domenica 2 luglio 2017, cliccare qui

Cernusco sul Naviglio, 2 luglio 2017