“NELL’EUCARISTIA RISCOPRIAMO IL VERO VOLTO DI DIO”

Domenica 25 giugno – “Un Dio amante della vita degli uomini – commenta il prevosto - al punto da condividerla fino in fondo, anche nell’esperienza della morte.”

Se ci guardiamo attorno e vediamo tutti i problemi che assillano la nostra vita quotidiana, rimaniamo come muti, attoniti e spaventati per il tanto male che ci circonda. Papa Francesco ha parlato più volte di una “terza guerra mondiale a pezzi”, considerando i tanti focolai di violenza e le numerose azioni di terrorismo che si susseguono ogni giorno. Ma, accanto a questa situazione di “guerra continua” stanno anche i problemi più ordinari e quotidiani – gli inganni, i furti, gli omicidi, i femminicidi, le dipendenze e ogni altra malvagità – per non parlare della questione ambientale e di tutti i rischi che stiamo vivendo quando non sappiamo salvaguardare il mondo in cui siamo inseriti.

Eppure, proprio oggi, in questa terza domenica del tempo dopo Pentecoste, la parola di Dio offerta dalla liturgia ci ha presentato un quadro completamente diverso. Aiutandoci a scoprire e a comprendere l’azione dello Spirito che guida fin dalle sue origini la storia degli uomini, le pagine della Scrittura ci hanno detto quale è il disegno originario di Dio sul mondo e, in particolare, sull’uomo, su ciascuno di noi.

Gesù, nel vangelo secondo Giovanni, ci ha ricordato che “Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna”. Dunque il disegno di Dio su di noi e sul mondo è un disegno di amore e di eternità. Fin dall’inizio è stato così, e la pagina della Genesi ci ha ricordato di quel primo atto con cui Dio ha dato origine alla nostra esistenza umana: “Dio plasmò l’uomo con polvere del suolo e soffiò nelle sue narici un alito di vita e l’uomo divenne un essere vivente”. Fin dalle origini, noi portiamo nella nostra fragilità il soffio dello Spirito, che ci mantiene in vita e ci fa desiderare una vita non meno che eterna. Anzi, il luogo originario in cui Dio aveva posto l’uomo era un vero e proprio paradiso: “Il Signore Dio piantò un giardino in Eden, a oriente, e vi collocò l’uomo che aveva plasmato”. E all’uomo aveva concesso di mangiare di tutti gli alberi del giardino, anche dell’albero della vita, ma non di quello della conoscenza del bene e del male. Detto in altri termini, fin dall’inizio l’uomo ha ricevuto da Dio il soffio dello Spirito e il dono della vita, ma anche l’invito a riconoscersi come creatura, come essere vivente, e a non sostituirsi al suo Creatore, alla Vita.

Per esperienza, condividendo la sorte degli uomini, noi tutti sappiamo che così non è stato. Paolo, scrivendo ai cristiani di Roma, ricorda il dramma del peccato e della caduta del primo uomo, che ha trascinato con sé l’intera umanità: “a causa di un solo uomo il peccato è entrato nel mondo e, con il peccato, la morte, e così in tutti gli uomini si è propagata la morte, poiché tutti hanno peccato…”. Allo stesso tempo, però, ricorda anche come Dio non sia stato inerme davanti a questo dramma e per noi ha inviato suo Figlio, “il solo uomo Gesù Cristo”, grazie al quale a tutti gli uomini è stata ridonata la vita. E l’opera compiuta da Gesù è molto più grande di quella fatta dal primo uomo: quest’ultimo ha ridotto l’umanità in frantumi, Gesù ha fatto dei molti frantumi un uomo nuovo.

Ciò che stiamo celebrando ora, nel gesto dell’Eucaristia, è proprio questo: grazie all’incontro con Cristo e alla accoglienza della sua vita, la nostra esistenza viene rinnovata nel profondo e dal dramma della dispersione e della morte passiamo alla gioia della comunione e della vita. Incontrando Gesù nell’Eucaristia noi riscopriamo il vero volto di Dio, un Dio amante della vita degli uomini, al punto da condividerla fino in fondo, anche nell’esperienza della morte. Ritroviamo, allo stesso tempo, il vero volto dell’uomo, un uomo capace di obbedire a Dio e di fidarsi della sua parola, come ha fatto Gesù, il Figlio, anche nel momento estremo del finire della propria vita. E ritroviamo, infine, anche il vero volto del creato, di quel giardino in cui Dio ha posto l’uomo fin dalle origini, per condurlo alla piena comunione di vita con sé e con gli altri.

Certo, tutto questo non avviene automaticamente, per il semplice fatto che siamo qui presenti. Tutto ciò avviene a una condizione. Usando il linguaggio di Giovanni, siamo chiamati a scegliere tra la luce e le tenebre. E non è detto che sia una scelta facile e ovvia. Persino davanti a Gesù e alla sua azione di salvezza – egli è “la luce che è venuta nel mondo”, scrive Giovanni – “gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce, perché le loro opere erano malvagie”.

Noi abbiamo ascoltato ora la parola di Gesù e stiamo per contemplare, ancora una volta, i suoi gesti di donazione totale: si rende per noi “pane spezzato” e “vino versato”. Possiamo rispondere come vogliamo, ma poi non ci è dato di incolpare Dio per il male del mondo, perché questo mondo Dio continua ad amarlo, dando suo Figlio.

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Cernusco sul Naviglio, 25 giugno 2017