PAPA ALL’ILVA DI GENOVA: “TOGLIERE LAVORO È ANTICOSTITUZIONALE”

“Attorno al lavoro si edifica l’intero patto sociale, perché quando non si lavora – o si lavora male, poco o troppo – è la democrazia che entra in crisi, è in crisi tutto il patto sociale”. “E’ anche questo il senso dell’articolo primo della Costituzione italiana, che è molto bello: l’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro.”


Foto da www.agensir.it

“L’imprenditore deve essere prima di tutto un lavoratore”. L’ha detto il Papa, che nel primo incontro con la città di Genova, lo scorso 27 maggio, allo stabilimento dell’Ilva, ha dialogato a braccio rispondendo, in primo luogo, alla domanda di un imprenditore. “Se non ha esperienza della dignità del lavoro, non sarà un buon imprenditore”, ha ammonito Francesco: “Nessun buon imprenditore ama licenziare la sua gente: chi pensa di risolvere il problema della sua impresa licenziando gente non è un buon imprenditore, è un commerciante! Oggi vende la sua gente, domani vende la dignità propria”. “Evitare i licenziamenti!”, l’imperativo del Papa.

“Bisogna temere gli speculatori, non gli imprenditori!”, ha affermato poi papa Francesco tra gli applausi. “L’imprenditore – ha commentato Francesco – non va assolutamente confuso con lo speculatore, sono due tipologie diverse: lo speculatore è una figura simile a quella che Gesù nel Vangelo raffigura come un mercenario, per contrapporlo alla figura del Buon Pastore”. “Lo speculatore usa l’azienda e i lavoratori per fare profitto”, ha ammonito il Papa, preda di “un’economia senza volti”, alla base della quale non ci sono le persone. “Quando l’economia perde contatto con il volto, con le persone concrete, essa stessa diventa senza volto, quindi un’economia spietata”, la denuncia del Papa. “Quante volte – il grido d’allarme – il sistema politico sembra incoraggiare chi specula sul lavoro, e non chi investe sul lavoro: crea burocrazia partendo dall’ipotesi che tutti gli imprenditori siano speculatori, e così chi non lo è rimane svantaggiato e chi lo è riesce a trovare i mezzi per sfuggire ai controlli”.

“L’obiettivo vero da raggiungere non è un reddito per tutti, ma il lavoro per tutti, perché senza lavoro per tutti non ci sarà dignità per tutti”. Ne è convinto il Papa, che ha definito “ideologia” il pensare che “solo un terzo dei lavoratori lavoreranno e gli altri sono mantenuti da un assegno sociale”. “Il lavoro di oggi e di domani sarà diverso, forse molto diverso – pensiamo alla rivoluzione industriale – ma dovrà essere lavoro, non pensionati, lavoro!”.

“Si va in pensione all’età giusta, è un atto di giustizia, ma è contro la dignità delle persone mandarle in pensione a 35-40 anni, dargli l’assegno dello Stato e avanti. Ho da mangiare sì, ho la dignità no, perché non ho lavoro”: questo un successivo passaggio del discorso di papa Francesco. “Senza lavoro si può sopravvivere, ma per vivere occorre il lavoro, e la scelta è fra il sopravvivere o il vivere”, il grido d’allarme, soprattutto riguardo ai giovani. “Questi giovani crescono senza dignità, perché non hanno il lavoro che è quello che dà la dignità. Un assegno statale, mensile che ti faccia portare avanti la famiglia non risolve i problemi. Il problema va risolto col lavoro per tutti”.

“Molti lavori della grande economia e finanza non sono in linea con la tradizione cristiana, e dunque con l’umanesimo cristiano”. È il monito lanciato dal Papa, nel botta e risposta con i lavoratori dell’Ilva. La competizione all’interno dell’impresa, secondo Francesco, “è anche un errore economico, perché dimentica che l’impresa è prima di tutto cooperazione, assistenza, reciprocità”. “Quando un’impresa crea un sistema di incentivi individuali che mettono i lavoratori in competizione tra loro può ottenere qualche vantaggio, ma finisce per eliminare quel tessuto di fiducia che è l’anima di ogni organizzazione. E così quando arriva una crisi l’azienda si sfilaccia e implode, perché non c’è più nessuna corda che la tiene”. “Bisogna dire con forza che la cultura competitiva dei lavoratori dentro un’impresa è un errore, e quindi è una visione che va cambiata”, l’appello.

Il Papa ha poi menzionato il caso frequente di lavoratori licenziati a giugno e riassunti a settembre: “E così si gioca. E’ lavoro in nero”. “Attorno al lavoro si edifica l’intero patto sociale, perché quando non si lavora – o si lavora male, poco o troppo – è la democrazia che entra in crisi, è in crisi tutto il patto sociale”, la tesi di Francesco: “E’ anche questo il senso dell’articolo primo della Costituzione italiana, che è molto bello: l’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro. Possiamo dire che togliere il lavoro alla gente, sfruttare la gente con lavoro nero o malpagato, è anticostituzionale”.

Altro valore che in Italia è “un disvalore”, secondo il Papa, “è la tanto osannata meritocrazia, che affascina molto, ma siccome la si strumentalizza e la si usa in modo ideologico, la si snatura e perverte”. “Al di là della buona fede di tanti che la invocano, la meritocrazia sta diventando la legittimazione etica delle disuguaglianza”, la tesi di Francesco. “E il nuovo capitalismo tramite la meritocrazia crea disuguaglianze”.

Un’altra conseguenza della meritocrazia è il “cambiamento della cultura della povertà”, grazie alla quale “il povero è considerato non meritevole e quindi un colpevole: e se la povertà è colpa del povero, i ricchi sono esonerati dal fare qualcosa”. “Non è la logica del Vangelo, non è la logica della vita!”, ha tuonato il Papa: “La meritocrazia è quella del fratello maggiore della parabola del figliol prodigo: lui disprezza il fratello minore e pensa che deve rimanere un fallito perché se l’è meritato”.

“Chi perde il lavoro e non riesce a trovare un altro buon lavoro, sente che perde la dignità, come perde la dignità chi è costretto per necessità ad accettare lavori cattivi e sbagliati”. È quanto ha detto ancora il Papa, nella parte finale dell’incontro con i lavoratori dell’Ilva. “Non tutti i lavori sono buoni: ci sono ancora troppi lavori cattivi e senza dignità, nel traffico illegale di armi, nella pornografia, nei giochi di azzardo e in tutte quelle imprese che non rispettano i diritti dei lavoratori o della natura”, la denuncia: “Come è cattivo il lavoro di chi è pagato molto perché non abbia orari, limiti, confini tra lavoro e vita perché il lavoro diventi tutta la vita”. “Un paradosso della nostra società”, per Francesco, “è la compresenza di una crescente quota di persone che vorrebbero lavorare e non riescono, e altri che lavorano troppo, che vorrebbero lavorare di meno ma non ci riescono perché sono stati ‘comprati’ dalle imprese”.

Il lavoro, invece, diventa “fratello lavoro” quando accanto ad esso c’è il tempo del non-lavoro, il tempo della festa: “Gli schiavi non hanno tempo libero: senza il tempo della festa, il lavoro torna ad essere schiavistico, anche se superpagato; e per poter fare festa dobbiamo lavorare”. “Nelle famiglie dove ci sono disoccupati, non è mai veramente domenica e le feste diventano a volte giorni di tristezza perché manca il lavoro del lunedì”, il grido d’allarme del Papa, secondo il quale “per celebrare la festa, è necessario poter celebrare il lavoro. L’uno scandisce il tempo e il ritmo dell’altra. Vanno insieme”.

Anche il consumo, per Francesco, “è un idolo del nostro tempo”. “Se svendiamo il lavoro al consumo, con il lavoro presto svenderemo anche tutte queste sue parole sorelle: dignità, rispetto, onore, libertà”. “Non dobbiamo permetterlo, e dobbiamo continuare a chiedere il lavoro, a generarlo, a stimarlo, ad amarlo”, l’invito: “Anche a pregarlo: molte delle preghiere più belle dei nostri genitori e nonni erano preghiere del lavoro, imparate e recitate prima, dopo e durante il lavoro. Il lavoro è amico della preghiera; il lavoro è presente tutti i giorni nell’Eucaristia, i cui doni sono frutto della terra e del lavoro dell’uomo”. (Fonte: Agenzia SIR)

Cernusco sul Naviglio, 29 maggio 2017