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Sabato 20 Aprile

COM’È BELLA LA CITTÀ APERTA

Nella nostra città, la campagna elettorale per la scelta del sindaco e dei consiglieri comunali, dopo che è stata resa nota la data della consultazione, il prossimo 11 giugno, si appresta a entrare nella fase più intensa. Nei prossimi mesi ci auguriamo di poter assistere a un confronto sereno e pacato tra le diverse formazioni, già oltre la dozzina, che si presenteranno agli elettori.


Villa Greppi, sede del Comune

Ci aspettiamo di poter ascoltare, nelle settimane che verranno, proposte chiare, concrete e articolate sulla città. Rifuggendo la comoda strada dell’approssimazione, dei facili e ritriti slogan e delle favole. Anche a Cernusco, ricompresa nella Città metropolitana, in questi anni di ‘cambiamento d’epoca’ si sono resi evidenti i problemi che stanno caratterizzando le grandi città. Tenerli presenti, comprenderne le origini, le possibili conseguenze e le vie d’uscita può aiutare a lavorare costruttivamente per il futuro della nostra città. In questa direzione ci orienta una profetica riflessione del cardinale Carlo Maria Martini che sebbene rivolta alla grande città, Milano, ben si adatta anche a realtà più piccole come la nostra.

«La complessità dei processi in atto nei grandi agglomerati ur­bani – osservava Martini - sembrano indurre a un senso di sgo­mento di fronte alla difficoltà di reggere alle sfide che pone la grande città. Eppure la città è un patrimonio dell’umanità. Essa è stata creata e sussiste per tenere al riparo la pie­nezza di umanità da due pericoli contrari e dissolutivi: quello del nomadismo, cioè del­la desituazione che disperde l’uomo, to­gliendogli un centro di identità; e quello del­la chiusura nel clan che lo identifica ma lo isterilisce dentro le pareti del noto. La città è invece luogo di una identità che si ricostrui­sce continuamente a partire dal nuovo, dal diverso, e la sua natura incarna il coordina­mento delle due tensioni che arricchiscono e rallegrano la vita dell’uomo: la fatica del­l’apertura e la dolcezza del riconoscimento.»


Via Briantea

«Noi avvertiamo la fatica di costruire la città del nostro tempo – aggiungeva l’allora arcivescovo di Milano - come un luogo insie­me protettivo e aperto, come una specie di Gerusalemme celeste dalle molte porte (Apocalisse 21,12-13). Per queste porte infatti entrano e sono entrate tante differenze di­sorientanti. E vi sono entrate ancor prima di quelle che noi comunemente definiamo con il prefisso di extra e a cui tendiamo ad attri­buire mali che sono più radicalmente epo­cali e culturali. È stata infatti la società com­plessa a sancire la fine dell’unità di un co­stume comune e identificante. È stata la frammentazione ad essa congenita che ha polverizzato quella che prima era un’unica identità nei tanti sottoinsiemi della società, i quali aspirano ciascuno a regole particola­ri e diverse.»

La città è «palestra di costru­zione politica generale ed esaltazione della politica come attività etica architettonica. E in più - spiegava Martini - ha dalla sua il vantaggio di una tradi­zione di identità propria. Ce l’ha in particola­re Milano - e le è comunemente riconosciuta - nel ruolo del lavoro e dell’organizzazione amministrativa e di servizi, di un raccordo tra religione e strutture formative e caritate­voli, che la rendono luogo facilmente rico­noscibile da chi vi sopraggiunge. Ma se si perdono le radici culturali di questa identità e si cerca solo di mantenerne vivi i vantaggi tecnici, si finisce col perdere l’anima della identità e, alla lunga, anche i suoi vantaggi.» Una riflessione quanto mai stringente anche per la nostra Cernusco.


Parco dei Germani

«La capacità di integrare il nuovo e il diverso» è iscritta nella identità di Milano – evidenziava il compianto arcivescovo, che poi commentava: «L’accoglienza, come categoria ge­nerale, non è per la milanesità solo un affare di buon cuore e di buon sentimento, ma uno stile organizzato di integrazione che rifug­ge dalla miscela di principi retorici e di acco­modamenti furbi, e si alimenta soprattutto ad una testimonianza fattiva.» Pensiamo quanto sia mai vero questo stile anche per la nostra città, che dell’apertura ha fatto un suo tratto distintivo, testimoniato, per esempio, dalle tantissime associazioni di volontariato locali e dai religiosi e religiose cernuschesi che hanno scelto la via della Missione.

«La paura urbana si può vincere con un so­prassalto di partecipazione cordiale – è l’ultima sottolineatura del nostro indimenticabile Pastore - non di chiusure paurose; con un ritorno ad occupa­re attivamente il proprio territorio e ad occu­parsi di esso; con un controllo sociale più serrato sugli spazi territoriali e ideali, non con la fuga e la recriminazione. Chi si isola è destinato a fuggire all’infinito, perché trove­rà sempre un qualche disturbo che gli fa elu­dere il problema della relazione.»

Riflettere sul futuro della nostra città - tenendo conto della complessità dei processi in atto e della fatica odierna nel costruire la comunità civile, poggiandosi sulla sua propria identità, mantenendo la vocazione all’apertura e vincendo la “paura urbana” - non è un esercizio retorico e inutile, ma ci sembra il primo passo per la costruzione di una proposta credibile per il futuro della nostra Cernusco.

C&A

Cernusco sul Naviglio, 30 marzo 2017