IL “REDDITO D’INCLUSIONE” È LEGGE

Arriviamo per ultimi in Europa, ma per la prima volta si interviene contro la povertà assoluta con una misura strutturalmente inserita nel bilancio dello Stato e unica su tutto il territorio nazionale.


Foto archivio SIR

Il “reddito d’inclusione” (Rei) è diventato finalmente legge dello Stato con l’approvazione in via definitiva da parte del Senato, lo scorso 9 marzo, dopo il sì della Camera alla fine di luglio 2016. Arriviamo per ultimi in Europa, ma per la prima volta si interviene contro la povertà assoluta con una misura strutturalmente inserita nel bilancio dello Stato e unica su tutto il territorio nazionale. Insieme al Rei è prevista una serie di servizi alla persona, di cui pure la legge dispone il riordino, nell’ambito di un piano personalizzato per ciascun nucleo familiare, rivolto a incentivare l’inclusione sociale. Con l’impegno a seguire corsi di formazione per favorire la ricerca di un lavoro, per esempio, o a mandare i figli a scuola e a vaccinarli.

Requisiti. Il provvedimento viene presentato come universale, ma in concreto non lo è perché – stante la limitatezza delle risorse – arriva a coprire poco più di un terzo dei potenziali destinatari. Quindi i beneficiari saranno individuati prioritariamente tra i nuclei familiari con figli minori o con disabilità grave o con donne in stato di gravidanza o con disoccupati con più di 55 anni. Per gli stranieri sarà richiesto il requisito di un minimo di durata della residenza sul territorio nazionale (dovrebbe trattarsi di cinque anni di presenza regolare).

L’erogazione sarà subordinata alla “prova dei mezzi”, quindi si terrà conto dell’Isee (Indicatore della situazione economica equivalente), dell’effettivo reddito disponibile e degli indicatori della capacità di spesa. Saranno i Comuni, con il monitoraggio nazionale del Ministero del Lavoro e il contributo dell’Inps, a gestire operativamente il Rei.

Beneficiari. Quella approvata è una legge-delega e quindi per conoscere tutti i dettagli bisognerà attendere i decreti attuativi del governo. Il ministro competente, il titolare del ‘Lavoro’, Giuliano Poletti, ha assicurato che ci sarà un solo decreto e in tempi rapidissimi. Del resto i tecnici del ministero hanno già avuto modo di lavorare sul testo potendo contare sulla sperimentazione compiuta con il Sia (Sostegno per l’inclusione attiva) che da settembre ha coinvolto circa 200mila famiglie, soprattutto al Sud. Come il Sia, anche il Rei si materializzerà in una carta (non è stato ancora deciso se ricaricabile o prepagata).

L’importo dovrebbe passare dai 400 euro mensili del Sia a 480 e soprattutto si allargherà la platea dei beneficiari: la stima per il 2017 è di circa 400mila nuclei familiari, pari a un milione e 700mila persone. Ma quelle in condizione di povertà assoluta sono quasi il triplo: 4milioni e 600mila. Il problema sono le risorse. Le somme stanziate complessivamente, anche a tener conto dei finanziamenti europei aggiuntivi, si aggirano sui due miliardi di euro. Il confronto con i venti miliardi per il salvataggio delle banche è inevitabile.

Punto di partenza. Il Rei sarà un’uscita stabile nel bilancio dello Stato, non un investimento temporaneo destinato a rientrare. È stato calcolato che occorrerebbero almeno 7 miliardi di euro per aggredire in modo sostanziale il problema. Un impegno finanziario arduo, per i nostri conti pubblici, ma non impossibile. Questione di priorità. È pur vero che il Rei non è l’unica misura di sostegno sociale nel nostro ordinamento, ma allora diventa ancora più urgente mettere a punto quel Piano nazionale contro la povertà che diventerà il banco di prova di quel che davvero si intende fare su un fronte decisivo per la qualità umana e civile di un Paese.

Per il pieno dispiegamento dei suoi effetti il nuovo provvedimento deve vincere la tentazione di massimizzare il beneficio, quando avrà tutti i fondi necessari, distribuendo sotto forma di sussidio l’intero stanziamento. Sarebbe, questa tentazione, una visione di corto respiro. Invece, nei prossimi mesi si dovrebbero gettare le fondamenta di un robusto sistema di servizi di formazione, accompagnamento verso il lavoro, di cura sociale e sanitaria, fondamentali per far uscire le famiglie in difficoltà dalla trappola della miseria in cui si trovano per disoccupazione, ignoranza e spesso dipendenze. (Fonti: Agenzia SIR, Avvenire)

C&A

Cernusco sul Naviglio, 13 marzo 2017