TERREMOTO E NEVICATE, PERCHÉ TANTA FURIA?

Gli ultimi tragici avvenimenti, al di là degli enormi problemi contingenti, sollecitano anche le lancinanti riflessioni di sempre intorno al senso del nostro pellegrinare su questa terra


Foto AFP/SIR – Riproduzione riservata


Nei giorni scorsi, il terremoto e le consistenti nevicate hanno messo nuovamente a dura prova le popolazioni dell’Italia centrale. Tante sono le immagini che abbiamo visto scorrere davanti ai nostri occhi. Immagini che ci hanno trasmesso anche messaggi di solidarietà e lo sguardo di un popolo che nonostante tutto riesce a esprimere la profondità, la bellezza, la concretezza di un umanesimo quotidiano. Espressioni di volti che segnano la perenne fragilità di fronte alla tragedia ma anche altrettanta forza interiore. E allora, di fronte a questi volti, nascono le domande più profonde e più vere sul senso della vita, della sofferenza, della morte.


«Un evento drammatico come il terremoto suscita, alla stregua di altri cataclismi naturali, interrogativi circa la fragilità e la precarietà dell’esistenza umana. Di fronte a fenomeni di così spaventosa potenza l’uomo si sente atterrito e consapevole di essere solamente in grado di limitare i danni, con articolati provvedimenti di carattere preventivo, non di dominare l’accadimento. Noi moderni non ricorriamo più alle interpretazioni mitologiche; diamo letture e risposte scientifiche, che spiegano però solo le cause e le dinamiche fisiche degli eventi catastrofici, non il senso di tanta forza distruttiva.»


«Perché su uomini, donne, bambini inermi si abbatte una simile furia mortale? Il non credente si limita a registrare il fatto: è così per pure e semplici ragioni naturali. Punto e basta. Non c’è un senso o un non senso da ricercare oltre la logica ferrea delle leggi di natura. Per il credente (cristiano) le cose sono più complesse, perché deve conciliare l’idea di un Dio Padre buono e provvidente con la constatazione di eventi brutali, che lasciano sul terreno distruzione e vittime innocenti. È una sfida per l’intelligenza e la fede che percorre l’intera storia del cristianesimo. Intorno ad essa si sono affaticati i più grandi pensatori religiosi.»


«Con l’esito che a tali domande non si troverà mai una risposta razionale, nel senso attribuito da noi moderni a questo termine. Piuttosto c’è una ragionevolezza da ricercare nella direzione dell’affidamento, in spirito di fede, al mistero di Dio e della sua sconfinata passione per l’uomo, che ha assunto, definitivamente, il volto del Figlio, incarnato, morto e risorto. Se, con il sostegno della grazia, si riesce ad aprire mente e cuore a quest’insondabile mistero, qualche passo in avanti per superare sconforto, scetticismo e, addirittura, senso di rivolta può essere fatto, senza tuttavia illudersi di raggiungere evidenze di tipo cartesiano.»


«La vita di fede, del resto, è un cammino sempre avvolto nella nube della “non conoscenza” piena e definitiva, ma al tempo stesso salda nella certezza di un Dio che in Cristo ha irreversibilmente ratificato il suo amore per ogni creatura. Anche questi ultimi tragici avvenimenti, al di là degli enormi problemi contingenti, si sono riproposti come eventi in grado di sollecitare in molti le lancinanti riflessioni di sempre intorno al senso del nostro pellegrinare su questa terra ricca di meraviglie eppure a volte matrigna.» (Da: www.azionecattolica.it)

Cernusco sul Naviglio, 23 gennaio 2017