COMMERCIO ARMI, IN CONTINUA CRESCITA

C’è una grande ipocrisia nel mandare armi da una parte e aiuti umanitari dall’altra. Se siamo perseveranti e coerenti, il sogno di un mondo senza guerre prima o poi diventerà realtà.


Foto archivio SIR

Il commercio inter­nazionale di armi sta conoscendo una fase di continua crescita. Secondo i dati del Sipri, lo Stockholm Internatio­nal Peace Research Institute, il commercio di armi è cresciu­to dell’8,4% nell’ultimo quinquennio (2012-16) rispetto a quello prece­dente, il volume più al­to dalla fine della Guer­ra Fredda. Un trend che non conosce interruzio­ni dal 2004. I flussi di armi sono aumentati verso l'Asia, l’Oceania e il Medio Oriente, mentre sono diminuiti verso l’Europa, l’America e l’Africa. I cinque maggiori esportatori - Stati Uniti, Russia, Cina, Francia e Germania - concentrano da soli il 74% del volume totale delle esportazioni di armi.

Nel quinquennio 2012-16 le importa­zioni di armi da parte degli Stati del Me­dio Oriente sono aumentate dell’86% e rappresentano il 29% delle importa­zioni mondiali. Il Paese che in assoluto ha importato più armi è l’India, con il 13% delle im­portazioni totale.

Sul fronte opposto, quello dei Paesi esportatori, gli Usa restano al primo posto, con un aumento del 21% ri­spetto al quinquennio 2007-11. Circa la metà delle loro esportazioni è destina­ta al Medio Oriente. La Russia rappre­senta il 23% delle esportazioni mon­diali, destinate per il 70% a India, Viet­nam, Cina e Algeria.

Intanto, nel nostro Paese la potentissima lobby delle armi non cessa di esercitare la sua influenza. Merita, quindi, la massima attenzione quanto denunciato dal vicepresidente di Pax Christi, Sergio Paronetto: «Il Consiglio dei ministri ha approvato il 10 febbraio scorso un assai preoccupan­te disegno di legge per l’attuazione del "Libro Bian­co per la sicurezza internazionale e la difesa"» ha scritto, lo scorso 22 febbraio su Avvenire. Paronetto ha poi spiegato: «La difesa della Patria (art. 52) viene riformulata qua­le “contributo alla difesa collettiva dell’Alleanza Atlantica e al mantenimento della stabilità nelle aree incidenti sul Mare Mediterraneo, al fine della tute­la degli interessi vitali o strategici del Paese”. Il ri­pudio della guerra (art. 11) viene sostituito dalla “ge­stione delle crisi al di fuori delle aree di prioritario intervento, al fine di garantire la pace e la legalità in­ternazionale”. Allarmante, poi, è il fatto che il nuo­vo modello apra le porte delle Forze armate a “diri­genti provenienti dal settore privato” che potranno ricoprire incarichi di massimo livello e, c’è da te­mere, pilotarle secondo interessi legati alla guerra. L’industria militare viene definita nel Libro Bianco “pilastro del Sistema Paese” poiché “contribuisce, attraverso le esportazioni, al riequilibrio della bi­lancia commerciale e alla promozione di prodotti dell’industria nazionale”.»

«È esagerato dire che sia­mo in presenza di una deriva anticostituzionale? Sta morendo la politica?», si è domandato Paronetto. A suo parere, «l’attuazione del Libro Bian­co può annullare il fondamento ideale, promotore di pace, della Costituzione italiana, più volte ricordatoci da persone come Giuseppe Dossetti, Giorgio La Pira, Oscar Luigi Scalfaro. L’Italia si sta snatu­rando come potenza che si arroga il diritto di inter­venire militarmente sotto comando degli Stati Uni­ti (non dell’Onu che non viene vista come protago­nista di un auspicabile “ordinamento che assicuri la pace e la giustizia tra le Nazioni” secondo lo spi­rito dell’art. 11 della nostra Costituzione).»

«Il Parlamento per ora tace. Viene messa in disparte – conclude il vicepresidente di Pax Christi - ogni proposta riguardante la riduzione delle spese militari con l’eventuale loro riconversione sociale; la verifica dell’attuazione della legge 185/90 sul com­mercio delle armi; l’iniziativa Onu per il disarmo nucleare. Il progetto per una Difesa civile non ar­mata, che si è affacciato in sede politica, come po­trà realizzarsi con queste premesse?»

“Importante poi verificare come le banche investono i soldi. Non deve mai accadere che ci siano investimenti in armi, ad esempio. Mai”: è quanto affermato da Papa Francesco nel recente colloquio con i superiori generali dell’Usg. Sul medesimo piano si collocano, a nostro parere, anche quelle banche che lucrano consistenti provvigioni sulle transazioni relative alla vendita di armi.

C’è una grande ipocrisia nel mandare armi da una parte e aiuti umanitari dall’altra. Se siamo perseveranti e coerenti, il sogno di un mondo senza guerre e violenze prima o poi diventerà realtà.

C&A

Cernusco sul Naviglio, 27 febbraio 2017