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UN DISPERATO BISOGNO DI PERSONE

Segnali inattesi nella cronaca sul Festival di Sanremo. Un cantante di 22 anni: “abbiamo un disperato bisogno di avere davanti persone”


Sanremo: Teatro Ariston (Foto d’archivio)

“Viviamo con questo sempre in mano (e indica il cellulare, ndr), abbiamo un disperato bisogno di avere davanti persone”. La frase è di un cantante di 22 anni intervistato da un quotidiano nazionale dopo la sua esibizione al Festival di Sanremo. È un giovane che non teme di parlare della sua vita un po’ contorta, ma anche non teme di raccontare la sua ricerca di senso.

Si aggiunge, nella sua originalità, la dichiarazione di Carlo Conti che, in un’intervista apparsa sullo stesso giornale, dice: “E ora basta Ariston, la vita è anche altrove”. E spiega che a questa scelta lo ha portato suo figlio di tre anni che, indirettamente, lo ha motivato nell’accettare la proposta di essere il direttore artistico dello Zecchino d’Oro che compie 60 anni. Al riguardo, aggiunge: “Non c’è niente da stupirsi, sono lietissimo”.

Poi un’altra voce, quella di Ermal Meta, nato in Albania e in Italia da 28 anni, che canta la fatica e il dolore di uomini e donne costretti a lasciare il Paese natale. “Mi sembrava giusto – dice il cantante – fare un omaggio a tutte le persone che abbandonano le proprie terre e provano il dolore di cui parla la canzone (‘Amara terra mia’, ndr)”.

Sono alcuni frammenti di umanità che la cronaca del Festival ha messo tra le righe consentendo anche a uno spettacolo di diventare un terreno di ricerca e di incontro. C’è un sovrapporsi continuo tra apparenza e realtà, tra effimero e perenne. Alla fine del percorso durato alcuni giorni, non è di poco conto sentire da un professionista affermato che “la vita è anche altrove”. Così come, dopo aver sperimentato l’emozione generata dalla musica, dal canto, dalla scenografia, si prova stupore nell’ascoltare un giovane che ha “un disperato bisogno di avere davanti persone”.

Cellulari e altri sofisticati strumenti digitali non sono capaci di dare risposte a domande esistenziali ma possono essere una via per arrivare a un volto piuttosto che a un profilo. Ma ci sono ancora i volti? Possono ancora tornare i volti? Le domande non dovrebbero rimanere senza risposta ora che i riflettori si sono spenti, le pagine del giornale si sono chiuse, il video è tornato nero. Forse anche la cronaca, con i racconti di segni di un’umanità che ancora esiste, potrebbe suggerire un motivo perché a “un disperato bisogno di avere davanti persone” non rispondano il vuoto e il nulla. Non è certamente facile ma a volte le notizie, anche le più piccole, possono andare oltre se stesse e bussare alla porta del pensiero perché si affacci sullo spettacolo del mondo, sul mistero della vita.

Paolo Bustaffa per Agenzia SIR

Riproduzione riservata

Cernusco sul Naviglio, 13 febbraio 2017