“GESÙ CI RADUNA, CI SAZIA E FA DI NOI IL SUO POPOLO”

Domenica 22 gennaio – “Quanto più si condivide la propria vita – scrive il Prevosto - con gli altri tanto più si crea comunione”. “Al Signore domandiamo la grazia di diventare accoglienti come lui”

La liturgia della Terza domenica dopo l’Epifania ci presenta un nuovo segno attraverso cui Gesù si rivela e manifesta la sua divinità in mezzo agli uomini. Come ci ha ricordato anche l’inno di Sant’Ambrogio cantato nella festa dell’Epifania, il primo di questi segni è stata la stella che ha illuminato il cammino dei Magi; il secondo la voce dal cielo che, al Giordano, ha indicato in Gesù il Figlio amato di Dio; il terzo è stato il segno di Cana, dove l’acqua trasformata in vino ha ridato gioia ai convitati; e ora, il quarto, è il segno della moltiplicazione dei pani e dei pesci che sfama un gran numero di persone in un luogo isolato.

A questo segno vengono abbinate altre due pagine della Scrittura: quella del libro dell’Esodo, presa dall’Antico Testamento, dove si racconta la richiesta di Israele di avere cibo nel deserto e il dono della manna inviata dal cielo; e quella della Seconda lettera ai Corinti, dove Paolo esorta questa comunità a farsi carico dei bisogni della chiesa madre di Gerusalemme.

In tutte e tre le situazioni – Israele nel deserto, la folla in un luogo isolato e la comunità cristiana delle origini a Gerusalemme – ci troviamo di fronte a casi di bisogno e di necessità: manca il cibo, non c’è pane, non ci sono i beni sufficienti a vivere. Sono situazioni che ancora oggi noi viviamo.

Gran parte dell’umanità non ha il necessario di cui vivere e si mette in cammino per cercare rifugio dalla fame, dalla povertà e dalle guerre, giungendo nelle nostre terre. Di fronte a questa situazione noi siamo tentati di lasciarci andare allo scoraggiamento e alla mormorazione, come Israele nel deserto, che grida contro Mosè e contro Aronne. Oppure rimaniamo sopraffatti e sgomenti davanti a tutti questi bisogni e, alla fine, ce ne disinteressiamo, come hanno fatto i discepoli con Gesù davanti alla folla affamata, suggerendogli di congedarla perché andasse da sola, nelle campagne vicine, a cercare cibo e alloggio.

Gesù, invece, lascia un invito che interpella tutti noi nella nostra libertà: “Voi stessi date loro da mangiare”. Che non vuol dire solo “Sfamateli”, ma “Fatevi carico in prima persona, mettendo in questione la vostra stessa vita”. Solo mettendosi in discussione, infatti, possiamo far fronte ai bisogni che ci stanno di fronte, ai nostri come a quelli degli altri. Se ciascuno, invece, pensa per sé, chiudendo le proprie frontiere e arroccandosi dietro i propri diritti, alla fine nessuno è vincitore e tutti risultano perdenti.

Lo stesso suggerimento viene dato da Paolo ai cristiani di Corinto quando li esorta a farsi carico dei loro fratelli che vivono a Gerusalemme e che devono affrontare una situazione di indigenza e di povertà: “Per il momento la vostra abbondanza supplisca alla loro indigenza, perché anche la loro abbondanza (questa volta nella fede, che hanno ricevuto e trasmesso per primi) supplisca alla vostra indigenza (senza la fede, infatti, eravate più poveri di loro, mancavate di tutto). Non è una semplice questione di “buon senso”. Paolo giustifica questo comportamento che il discepolo di Gesù deve tenere nei riguardi di chi si trova nel bisogno a partire dalla testimonianza di Gesù stesso: “da ricco che era si è fatto povero per voi, perché voi diventaste ricchi per mezzo della sua povertà”.

Noi tutti, proprio in questo cristiani, siamo stati arricchiti dal dono della fede e questa fede ci invita a cambiare in modo radicale il nostro stile di vita, per renderlo sempre di più simile a quello di Gesù. La logica dell’arrangiarsi – ciascuno pensi a se stesso e ai suoi problemi e cerchi di risolverli – non favorisce certo la comunione tra gli uomini (e questo vale per i singoli come per le nazioni), ma invita alla contrapposizione e alla dispersione. Quanto più si cerca di trattenere per sé, tanto più si disperde ciò che si possiede.

Il comportamento di Gesù, invece, e la sua logica sono di altro tipo: quanto più si condivide la propria vita con gli altri – Gesù si fa pane per tutti, e ora lo diventa per noi in questa Eucaristia – tanto più si crea comunione. Anche in questo momento, come già in quella zona deserta vicino a Betsaida, nelle colline della Galilea, Gesù ci raduna insieme, ci sazia con la sua parola e con la sua vita e fa di noi il suo popolo.

Viviamo in un mondo e in una società dove ogni giorno sperimentiamo la tentazione di dividerci e di contrapporci gli uni con gli altri, nel tentativo di salvaguardare i propri interessi, e la deriva verso l’indifferenza e la paura nei riguardi dell’altro è dietro l’angolo. Al Signore Gesù, che quest’oggi rivolge a noi lo stesso invito fatto ai suoi discepoli: “Voi stessi date loro da mangiare”, domandiamo la grazia e il coraggio di lasciarci toccare il cuore e di diventare accoglienti come lui.

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Cernusco sul Naviglio, 22 gennaio 2017