“SOLO UN CUORE CHE SA ASCOLTARE OTTIENE GRANDI RISULTATI”

Domenica 24 luglio - “Nessuno si illuda. Se qualcuno tra voi si crede un sapiente in questo mondo, si faccia stolto per diventare sapiente, perché la sapienza di questo mondo è stoltezza davanti a Dio”.

Nella narrazione delle vicende di Israele come storia della salvezza e luogo dello Spirito – così come il tempo dopo Pentecoste ce la presenta – ci incontriamo questa domenica con la figura di Salomone, figlio del re Davide e successore al trono in Gerusalemme. Sotto di lui il Regno di Israele, appena sorto, ha avuto la sua massima espansione. Quale è stato il motivo di questo grande successo, che non si è più ripetuto nella storia del popolo dell’alleanza? Il motivo ce lo ricorda la pagina del Primo libro dei Re che la liturgia ci propone in questa domenica: Salomone ha domandato a Dio il dono della sapienza. Il testo mette sulle labbra di questo giovane re questa espressione: “Concedi al tuo servo un cuore docile”. In realtà, nella versione originale, possiamo leggere: “Concedi al tuo servo un cuore che sappia ascoltare”. Questo è il segreto della riuscita di Salomone: il suo cuore è rimasto costantemente in ascolto. In ascolto di Dio, per invocare da lui lo spirito di sapienza; e in ascolto degli uomini, per operare la giustizia in mezzo al suo popolo.

Solo un cuore che sa ascoltare ottiene grandi risultati nella vita. Ma per essere capaci di ascolto sono necessarie almeno due condizioni: anzitutto lo svuotamento di sé, il togliere dal proprio cuore tutto ciò che lo rende ingombrato e arrogante, impedendo di essere riempito da Dio.

E, in secondo luogo, è necessaria una grande fiducia e disponibilità nei riguardi di chi ci sta di fronte, sia esso Dio o un nostro fratello. Quando portiamo nel cuore l’arroganza e l’indifferenza verso l’altro, allora la nostra vita si chiude in se stessa. Così facendo, immaginiamo di essere ricchi e al sicuro, ma – in realtà – siamo poveri e bisognosi di tutto.

E’ quanto Gesù ricorda nel Vangelo secondo Luca, dove esprime alcune considerazioni su quel giovane notabile che lo aveva interrogato su come ottenere la vita eterna. Gesù lo aveva invitato ad osservare i comandamenti e, quando si è sentito rispondere dal giovane che tutto ciò lo aveva già fatto, gli aveva chiesto di lasciare tutto e di seguirlo, cioè di avere un cuore libero e capace di fidarsi di lui. Ma il giovane – che aveva molte ricchezze, sottolinea il vangelo – preferì tenersi i suoi beni e abbandonare il Signore. Da qui il commento di Gesù: “Quanto è difficile per quelli che possiedono ricchezze, entrare nel regno di Dio. E’ più facile infatti per un cammello passare per la cruna di un ago, che per un ricco entrare nel regno di Dio!”.

Sono parole che ci interrogano profondamente, non solo perché – rispetto a gran parte dell’umanità – la maggior parte di noi ha una vita “da ricco”, ma soprattutto perché spesso siamo “ricchi di noi stessi”, molto legati alle nostre sicurezze e alle nostre aspettative. Il Signore Gesù, rispondendo al giovane che lo aveva interrogato e poi anche ai discepoli e alla domanda di Pietro, capovolge i nostri interrogativi: la salvezza non dipende da noi, ma da Dio (nessuno si può salvare da solo) e la perdita dei nostri beni per seguire Gesù è, in realtà, un grande guadagno.

Paolo ha dovuto ricordare più volte questo insegnamento ai cristiani di Corinto che si credevano già arrivati nella loro vita di fede, colmi della propria sapienza. Per questo – come abbiamo sentito nell’epistola, la Prima lettera ai Corinzi – scrive: “Nessuno si illuda. Se qualcuno tra voi si crede un sapiente in questo mondo, si faccia stolto per diventare sapiente, perché la sapienza di questo mondo è stoltezza davanti a Dio”. E aggiunge: “Tutto è vostro! Ma voi siete di Cristo e Cristo è di Dio!”. Ecco il segreto della sapienza cristiana, che permette di utilizzare al meglio i beni che possediamo.

In ogni Eucaristia siamo messi a contatto con la stoltezza della croce che è sapienza agli occhi di Dio. Facendo memoria della consegna che Gesù ha fatto della propria vita, nella notte in cui veniva tradito, anche noi siamo invitati a svuotarci delle nostre sicurezze, a rinunciare ad ogni nostra ricchezza, per affidarci nelle mani di Dio e metterci a disposizione dei bisogni di coloro che ci stanno accanto. Qui sta la vera ricchezza e la riuscita della nostra esistenza. E siccome siamo tentati di non credere a una vita vissuta così – perché ci sembra di essere più al sicuro quando accumuliamo le nostre ricchezze o ci fidiamo delle nostre capacità – il Signore ci domanda di fare costantemente memoria di lui e del suo gesto di donazione, così da essere in grado di fare altrettanto: “Fate questo in memoria di me”. Come a Salomone, anche a noi, il Signore Gesù ci dona il suo spirito di sapienza, per renderci sicuri – se ce ne fosse bisogno – che ciò che è impossibile agli uomini, è possibile quando ci si mette nelle mani di Dio.

Don Ettore Colombo

Responsabile della Comunità pastorale “Famiglia di Nazaret”

Per leggere i testi delle letture della Messa di domenica 24 luglio 2016, X domenica dopo Pentecoste (1Re 3,5-15; 1Corinti 3,18-23; Luca 18,24b-30), cliccare qui

Cernusco sul Naviglio, 24 luglio 2016