Venerdì 29 Marzo

“TUTTI HANNO LA POSSIBILITÀ DI SALVARSI, NESSUNO ESCLUSO”

Domenica 19 giugno - «Ma per farlo – scrive don Ettore - devono andare alla ricerca della “porta stretta”, che è Gesù stesso, che di sé ha detto: “Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvato”.»


Foto archivio SIR – Riproduzione riservata

Dopo gli eventi della creazione, la nuova tappa della storia della salvezza che stiamo accostando in queste domeniche dopo Pentecoste riguarda una delle figure più importanti della Prima Alleanza, quella di Abramo, che noi consideriamo come “nostro padre nella fede”. Non siamo i soli a farlo: oltre ai cristiani, anche gli ebrei e i musulmani riconoscono in Abramo l’inizio della loro fede e del loro rapporto con Dio. Per questo, con le parole dell’apostolo Paolo, possiamo ben dire che Abramo “è padre di tutti noi”. Nel nostro rito ambrosiano c’è già una domenica, la terza di Quaresima, che mette a tema la figura di Abramo e viene indicata proprio con il suo nome. Ma anche in questa quinta domenica dopo Pentecoste ci incontriamo con la sua testimonianza di uomo di fede, di solidarietà e di intercessione.

Abramo è stato anzitutto un uomo di fede. “Egli credette – ci dice ancora san Paolo – saldo nella speranza contro ogni speranza”. E il bellissimo racconto della pagina della Genesi, che ci presenta Abramo mentre contratta strenuamente con Dio sulla salvezza degli abitanti di Sodoma, come fanno ancora oggi i beduini nel deserto, quando trattano i loro affari, ci mostra proprio questa duplice fiducia che Abramo ha nei riguardi della misericordia di Dio e, allo stesso tempo, nella giustizia degli uomini. Abramo sa che Dio non può mettere sullo stesso piano il giusto con l’empio, il bene con il male, e crede anche che Dio, grazie a un po’ di bene, è capace di vincere il male e di offrire la salvezza e il perdono persino ai malvagi. Ma Abramo spera anche di trovare qualche giusto nella città di Sodoma – almeno dieci, il numero necessario per ritenere valida la preghiera corale in una sinagoga – e ci spera sino alla fine, tanta è la sua fiducia in Dio e negli uomini. È ancora Paolo a sottolinearlo: “Egli non vacillò nella fede”.

Abramo è stato anche un uomo di grande solidarietà: si è fatto carico dei segreti di Dio – per questo a lui il Signore non ha potuto tenere nascoste le sue intenzioni – e, allo stesso tempo, delle fatiche e dei dolori degli uomini. Abramo è solidale con le intenzioni di Dio, che non può sopportare il male davanti ai suoi occhi, ed è solidale con le povertà e le miserie degli uomini, che possono essere sanati solo dalla giustizia di Dio. Per questo motivo, Abramo, nell’esercizio della sua preghiera, è la figura del vero intercessore, cioè di colui che decide di “camminare in mezzo”, mettendo una mano sulla spalla di Dio e l’altra sulla spalla degli uomini. E nella sua preghiera possiamo vedere che, mentre da una parte diminuisce la speranza di trovare dei giusti, dall’altra aumenta la fiducia nella misericordia di Dio. Questa capacità di Abramo di intercedere presso Dio per la salvezza di tutti gli uomini la ritroviamo espressa – e portata al suo compimento – nella persona di Gesù che, davanti a un tale che lo interroga sul numero dei salvati (se sono tanti o pochi), chiede di porre attenzione a ciò che è realmente essenziale.

Gesù invita anzitutto a non interrogarci sulla salvezza degli altri, ma piuttosto a interessarci della nostra salvezza e a fare di tutto per non perdere ogni occasione. In secondo luogo, Gesù apre gli orizzonti della salvezza in un modo che neanche ce lo immaginiamo. Da qui la sua capacità di mettere insieme due immagini di per sé contraddittorie: da una parte quella della “porta stretta” e dall’altra la folla di coloro che “verranno da oriente e da occidente, da settentrione e da mezzogiorno e siederanno a mensa nel regno di Dio”. Come a dire: tutti hanno la possibilità di salvarsi, nessuno escluso, ma per farlo devono andare alla ricerca della “porta stretta”, quella che sta nascosta tra le mura della città e che permette di entrare anche quando le altre porte sono chiuse per timore dei nemici.

Chi sia questa “porta stretta” lo sappiamo bene: è Gesù stesso, che di sé ha detto: “Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvato; entrerà e uscirà e troverà pascolo” (Gv 10,9). Se vogliamo vivere della fede, della solidarietà e della capacità di intercessione di Abramo, ottenendo così il dono della salvezza, dobbiamo passare per la porta stretta che è Gesù, cioè per il mistero della sua morte e risurrezione, conformando la nostra esistenza alla sua, a quella del “solo giusto” che, “consegnato alla morte a causa delle nostre colpe”, ha ottenuto a tutti la salvezza “ed è stato risuscitato per la nostra giustificazione”. Per questo ci ritroviamo a celebrare l’Eucaristia, ogni domenica, nel giorno del Signore, e ravviviamo la nostra fede in Lui, nel Figlio che ci dona salvezza e che permette a tutti gli uomini di sedersi alla sua mensa nel regno di Dio.

Don Ettore Colombo

Responsabile “Comunità pastorale Famiglia di Nazaret”

Per leggere i testi delle letture della Messa di domenica 19 giugno 2016 – Quinta domenica dopo Pentecoste (Genesi 18,1-2a.16-33; Romani 4,16-25; Luca 13,23-29) - cliccare qui

Cernusco sul Naviglio, 19 giugno 2016