“ATTRAVERSO GESÙ, DIO ENTRA NELLE NOSTRA STORIA”

Domenica 17 luglio – “Dio entra nella nostra storia e la fa sua – scrive il prevosto -, ricostruendola dall’interno, con i criteri che gli sono propri. Non ha paura di abbassarsi al livello della nostra umanità.”

Tra le figure più significative della storia di Israele, che stiamo ascoltando in queste domeniche del tempo dopo Pentecoste, c’è sicuramente quella di Davide. Abbiamo ascoltato, nel lungo racconto del Primo libro di Samuele, la sua elezione a re di Israele, dopo la tragica e fallimentare esperienza di Saul. Dio ha scelto e ha unto Davide come re di Israele non per la sua forza o per la sua intelligenza, ma semplicemente per il suo amore gratuito. È andato alla ricerca del più piccolo e del meno considerato – Iesse il Betlemmita, il padre di Davide, neppure aveva pensato di presentarlo a Samuele, quando il profeta gli aveva chiesto di vedere i suoi figli – e lo ha messo a capo del suo popolo, facendo di lui l’unto del Signore, il Messia, il Cristo. Questi sono i criteri di Dio: “L’uomo vede l’apparenza, ma il Signore guarda il cuore”. E il cuore di Davide, fin dalla giovinezza, era rivolto a Dio. Per questo su di lui, da quel giorno in poi, irruppe il dono dello Spirito.

Dalla discendenza di Davide – ci ha ricordato Paolo nella sua Seconda lettera a Timoteo – è nato Gesù, chiamato proprio per questo il Cristo, l’unto del Signore. Per questo motivo, durante la liturgia di questa domenica, rileggiamo la figura di Davide a partire dal compimento che Gesù stesso ne ha dato, riscoprendo così il nostro rapporto con Cristo che, nella pagina evangelica parla di sé come “figlio di Davide” e come “Signore di Davide”. Offrendo un ragionamento secondo lo stile dei rabbini, Gesù invita i suoi ascoltatori – quei farisei che tanto hanno ostacolato la sua attività – a riflettere sul mistero della sua persona e sull’identità del Cristo.

Dopo aver accolto il pensiero comune – il Cristo è “figlio di Davide”, proviene dalla sua discendenza –, partendo dalle parole del Salmo 110, Gesù rivendica per il Messia anche il titolo di “Signore” e applica a sé queste due caratteristiche. Egli, in quanto discendente di Davide, della tribù di Giuda e della casa di Betlemme, è il Cristo. Ma, allo stesso tempo, possiede un’origine e un legame particolare con Dio, al punto da poter essere riconosciuto come “Signore”.

Queste pagine della Scrittura, nella loro complessità e ricchezza, ci aiutano a comprendere meglio la persona di Gesù, che noi spesso dimentichiamo, pur essendo suoi discepoli, proprio in quanto “cristiani”, e riduciamo a una generica rappresentazione di divinità o a un’immagine di superuomo, dai poteri divini. Gesù, invece, ci si presenta come il Cristo, l’unto del Signore, strettamente legato alla storia – è “figlio di Davide” – e inseparabile dalla vita stessa di Dio – è “Signore” e “Messia”. Attraverso Gesù, Dio entra nelle pieghe della nostra storia e la fa sua, ricostruendola dall’interno, con i criteri che gli sono propri. Non ha paura di abbassarsi al livello della nostra umanità e non smette, allo stesso tempo, di vivere la sua divinità. Anzi, ci rende partecipi della sua stessa vita. Quest’azione di Dio ci permette di comprendere meglio anche la memoria che in questa domenica celebriamo.

Il 17 luglio 1932 è avvenuta la dedicazione della nostra chiesa prepositurale e, a distanza di 84 anni, ne facciamo memoria. Durante il rito della dedicazione della chiesa, oltre agli altari, sono state unte anche le pareti e i dodici ceri accesi in prossimità delle croci lo ricordano.

Dunque il luogo in cui ci troviamo, questa nostra chiesa prepositurale che ci accoglie quotidianamente nella sua ampiezza, è – come già per il Cristo – “unto dal Signore”. Ciò che noi diciamo oggi di Gesù, nella liturgia, vale anche per la sua Chiesa, che – secondo le parole di Paolo – è il suo corpo. E in questo luogo, “unto” e consacrato a Dio, ci troviamo noi pure come “unti” – questo significa il termine cristiani – per dare lode al Signore e per edificare la sua comunità, secondo quei criteri che ci sono stati offerti e che sono i suoi: guardare al cuore e non all’apparenza, scegliere chi è ultimo e piccolo e non chi è forte e potente, costruire legami che abbiano Dio come proprio fondamento e non i nostri semplici progetti, contare sulla sua fedeltà e non sulla nostra forza, perseverare nella comunione con Lui, per vivere la comunione con i fratelli.

Riscoprendo l’identità del Signore Gesù dalle parole della Scrittura e dalla celebrazione dell’Eucaristia, oggi siamo invitati a riscoprire anche l’identità della Chiesa, nel giorno anniversario della dedicazione della nostra chiesa prepositurale. Siamo chiamati a vivere il mistero di questa realtà che, pur manifestandosi attraverso la fragilità e la debolezza degli uomini, trova la sua sorgente e la sua origine nel cuore stesso di Dio, che ama tutti. Non dimentichiamocelo mai, per poter accogliere anche noi nella nostra Chiesa tutti, senza giudicare nessuno.

Don Ettore Colombo
Responsabile della Comunità pastorale “Famiglia di Nazaret”

Per leggere i testi delle letture della Messa della IX domenica dopo Pentecoste (1Samuele 16,1-13; Timoteo 2,8-13; Matteo 22,41-46), cliccare qui

Cernusco sul Naviglio, 17 luglio 2016