BCC, I SOCI INTERVENGONO SU COMMERCIO D’ARMI E AGGREGAZIONI

Dopo la lettura delle relazioni al bilancio 2015 della BCC Cernusco, ci sono stati quattro interventi dei soci, nello spazio che viene solitamente lasciato prima delle votazioni dei documenti presentati.

Due interventi hanno riguardato richieste di chiarimenti in merito ai bond argentini e al “Fondo Tfr” iscritto in bilancio. Mentre altri due hanno affrontato questioni più ampie.

Commercio d’armi - Il primo intervento è stato del cronista che scrive queste righe. Un intervento volto a rilevare, da una parte, “con soddisfazione che la nostra BCC ha registrato una crescita degli impieghi del 4,18% a favore di famiglie e imprese, rafforzando così il suo legame con il territorio” ma dall’altra parte a registrare “con rammarico che la nostra BCC, tra le circa 360 BCC italiane, ha il triste primato di essere l’unica a prestare servizi alle aziende che esportano armi. Come risulta dalla Relazione che ogni anno il Governo invia al Parlamento. Negli scorsi giorni sono stati resi noti i dati del 2015 e la nostra BCC non solo continua a compiere queste operazioni ma di anno in anno aumenta gli importi: nel 2014 l’ammontare delle operazioni transitate tramite la BCC erano di 6 milioni di euro, nel 2015 siamo a 7,5 milioni di euro. In questi elenchi la nostra BCC c’è dal 2009. Quindi per i primi vent’anni non si è prestata per queste operazioni. Chi ha costituito la BCC non pensava certamente che il commercio delle armi potesse essere un campo di attività per la nostra banca. Personalmente ritengo eticamente inaccettabile che questa situazione continui.” È seguita quindi la richiesta al consiglio d’amministrazione di spiegare se intende oppure no “intervenire per escludere dall’ambito dell’attività della nostra Banca operazioni connesse con il commercio di armi. In caso contrario, ai soci che non condividono questa scelta non rimarrebbe che trarne le conseguenze”

All’intervento ha dapprima risposto il direttore generale della BCC, Luca Frecchiami, sostenendo che le operazioni che generano la presenza nella relazione del governo sono relative ad una sola azienda cernuschese, che però non riceve finanziamenti dalla banca. Che la medesima azienda non produce armamenti ma altimetri che vende alla Boeing; che l’azienda comunque fa lavorare un centinaio di cernuschesi. Il presidente della BCC, Enio Sirtori, ha aggiunto che dal 2011 tutti i consigli d’amministrazione della BCC cittadina hanno dedicato attenzione a questo tema e hanno poi deciso che non ci fossero motivi per interrompere i rapporti con l’azienda interessata.

Aggregazioni - L’intervento di un altro socio si è, invece, soffermato, in particolare, su possibili future aggregazioni della nostra BCC. Il presidente ha precisato che ci sono stati degli incontri con la BCC di Carugate che non hanno però portato ad un’intesa. Quindi ha aggiunto che “compattandoci con altre BCC potremmo solo ricevere vantaggi”. Infine, ha messo in guardia dal pensare che “adesso con la riforma del credito cooperativo si potrebbe presumere che non sia più necessaria un’aggregazione” perché “nel volgere di poco tempo, alla Banca Europea si attendono che le BCC si riducano a una cinquantina”.


La sede della BCC Cernusco in piazza Unità d’Italia

PUNTO DI VISTA - Sulla presenza della BCC Cernusco nell’elenco delle banche che prestano servizi a società che vendono “materiale di armamento” all’estero è opportuna qualche precisazione e considerazione. Senza voler alimentare polemiche – per lo stesso motivo non si è replicato in assemblea - pur in presenza di contraddizioni tra dichiarazioni pubbliche e comunicazioni private, tra spiegazioni non coerenti con quanto previsto dalla legge vigente ed esempi non pertinenti portati a giustificazione della scelta fatta.

C’è una legge italiana, la 185 del 1990, che regolamenta il commercio di armi e che obbliga ogni anno il Governo a trasmettere al Parlamento entro il 31 marzo, una Relazione sulle operazioni di esportazione, importazione e transito dei materiali di armamento, completa di una lista degli istituti di credito che mettono a disposizione i loro servizi e conti correnti per l’accreditamento del denaro che i loro clienti incassano vendendo armi all’estero. In questi elenchi, dal 2009 in poi è presente anche la BCC di Cernusco con importi che negli anni si sono mantenuti significativi. Come noto, i ricavi di una banca derivano oltre che dai finanziamenti concessi ai clienti anche dai servizi che mette a loro disposizione e per i quali percepisce adeguate commissioni. Oggi più che mai, come è stato detto anche in assemblea.

Gli importi delle operazioni riferiti alla BCC Cernusco, relativi agli anni dal 2009 al 2015, e desunti dall'elenco governativo, sono i seguenti (in milioni di euro): anno 2009, 5,9; anno 2010, 1,9; anno 2011, 4,6; anno 2012, 1,5; anno 2013, 5,3; anno 2014, 6,0; anno 2015, 7,5. Ricordiamo che per la legge 185/90 sono da considerarsi “materiali di armamento” quelli “costruiti per un prevalente uso militare o di corpi armati o di polizia”. I dati desunti dall'elenco governativo sono quindi riferiti alla vendita di "materiali di armamento". Se non sono tali non confluiscono nell’elenco!

Per la nostra BCC - che all’articolo 2 dello suo statuto sociale dichiara di ispirarsi “ai principi dell’insegnamento sociale cristiano e ai principi cooperativi della mutualità senza fini di speculazione privata” e che intende distinguersi “per il proprio orientamento sociale e per la scelta di costruire il bene comune” - è coerente prestare i propri servizi a una società che commercia “materiale di armamento”? Sembrerebbe proprio di no, se nell’elenco del 2014, tra le 44 banche presenti una sola è del credito cooperativo ed è proprio la BCC Cernusco; nel 2015 ne compare un’altra ma per un importo decisamente inferiore. Le altre BCC italiane, circa 360, hanno fatto evidentemente scelte diverse. Quando nelle campagne pubblicitarie del credito cooperativo si proclama che sì è “differenti per natura”, non ci si riferisce forse anche alla capacità di sostenere iniziative imprenditoriali che non fanno sicuramente i loro affari sul commercio di strumenti di morte? Il dramma dei profughi e dei rifugiati, e più in generale il fenomeno epocale dell’immigrazione, non sono soprattutto conseguenza di scelte politiche orientate esclusivamente alla guerra (come avvenuto in Iraq e Libia), sostenute in questo dalle potenti lobby delle industrie delle armi, senza percorrere alcuna altra strategia?

Quando presidente e direttore generale della BCC affermano che non ci sono motivi per interrompere i rapporti con la società locale che vende, in base alla legge 185/90, “materiale di armamento” all’estero, tornano alla mente le parole dell’economista Stefano Zamagni, che recentemente ha affermato: “io insisto da vent’anni su questo punto: il mondo cooperativo non può smettere di investire nel suo capitale culturale. In passato c’era una forte lavoro sull’educazione ai principi cooperativi, all’identità mutualistica. Oggi questa educazione è venuta meno, si è puntato tutto sulla formazione professionale e tecnica, sul pensiero calcolante, che risolve i problemi, invece che su quello pensante, che dà un senso al proprio agire”. Perché alla fine il problema è proprio questo: quando c’è una “debolezza identitaria” non ci si pongono troppe domande e tutto serve pur di cercare di far quadrare i conti. (Carlo Guzzi)

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Cernusco sul Naviglio, 9 maggio 2016