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Sabato 20 Aprile

“AMARE GLI ALTRI COME GESÙ”

Domenica 17 aprile – Scrive il prevosto: «Il segreto per poter amare così, dello stesso amore di Gesù, è quello di ‘rimanere con lui’. Ce lo dice egli stesso nel vangelo: ‘Rimanete nel mio amore’.»

Le parole di Gesù di questa domenica sono state pronunciate da lui durante la sua ultima cena, nella notte in cui veniva tradito, in un contesto di intimità e di profonda partecipazione da parte dei suoi discepoli, come dovrebbe avvenire per ogni Eucaristia. Gesù consegna ai suoi amici il suo testamento: “Questo vi comando: che vi amiate gli uni gli altri”.

 

Noi siamo abituati a considerare la nostra vita di fede e ancora di più la pratica religiosa come un insieme di comandamenti. Ci siamo convinti che per essere cristiani dobbiamo soddisfare numerosi precetti: dai quelli classici e fondamentali – i cosiddetti “dieci comandamenti” – a quelli che la tradizione cristiana e l’insegnamento della Chiesa ha via via proposto lungo i secoli: andare a Messa alla domenica, non mangiare carne il venerdì, digiunare in alcuni giorni dell’anno, pregare il mattino e la sera, e così via… Alcuni di questi comandamenti li osserviamo, altri siamo riusciti a evitarli con interpretazioni e letture personali; e non è detto che abbiamo sempre insistito su ciò che è essenziale. Ci sono alcuni fedeli, ad esempio, che saltano quasi regolarmente l’Eucaristia domenicale e non hanno una vita di preghiera, senza troppi problemi, ma che si preoccupano di aver mangiato carne il venerdì. Se invece di crearci tutta questa confusione nella nostra vita di fede, ci fossimo attenuti alle parole di Gesù, tutto sarebbe stato molto più semplice.

Gesù, infatti, ha voluto lasciare ai suoi e a tutti noi un solo comandamento e lo ha fatto nel momento estremo della sua vita, mentre stava consegnandola: “Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io vi ho amato”. Se fossimo stati attenti a coltivare questo comandamento nella nostra vita – il comandamento di Gesù – tutti gli altri sarebbero venuti di conseguenza. Lo aveva detto bene sant’Agostino: “Ama e poi fa ciò che vuoi!”.

Amare gli altri come Gesù – “dare la vita per i propri amici”, come ha fatto lui – ci sembra davvero qualcosa di impossibile. E, in effetti, lo è. Nessuno di noi è capace di fare questo, di amare “come Gesù”. Per il semplice fatto che Gesù non solo ha amato i suoi amici, ma ha pure amato i suoi nemici, coloro che ne chiedevano la vita, come se fossero amici. Il segreto per poter amare così – dello stesso amore di Gesù – è quello di “rimanere con lui”. Ce lo dice egli stesso nel vangelo: “Rimanete nel mio amore”. Per noi il verbo “rimanere” richiama qualcosa di statico. Per Gesù, invece, è una realtà totalmente dinamica. Rimanere nell’amore di Gesù significa, infatti, entrare in quella corrente di amore che dal Padre raggiunge noi: “Come il Padre ha amato me, anch’io ho amato voi”. C’è un amore del Padre per il Figlio Gesù. Questo amore viene dato da Gesù a noi, nel momento in cui non ci chiama servi, ma amici, e domanda che sia fatto circolare nei nostri legami. E proprio perché ci amiamo, allora portiamo frutto e il nostro frutto rimane, continua a vivere. Questo è ciò che celebriamo in ogni Eucaristia, e in modo del tutto particolare in questo tempo pasquale: l’amore di Dio per noi, che Gesù ci ha manifestato e ci ha chiesto di vivere con i fratelli per portarlo poi a tutti.

Nella lettura degli Atti degli Apostoli e nella Lettera ai Filippesi abbiamo la testimonianza di un amore così, attraverso la vicenda dell’apostolo Paolo, che Gesù ha chiamato “amico”, da persecutore che era. Raggiunto dall’amore di Dio che gli si è manifestato in Gesù, Paolo ha saputo leggere la sua esperienza di recluso e di perseguitato a causa del vangelo come una grande occasione di testimonianza, al punto da definirsi “prigioniero per Cristo”. E, “avvinto dallo Spirito”, ha affermato di essere pronto “non soltanto a essere legato, ma anche a morire a Gerusalemme per il nome del Signore Gesù”, invitando tutti i suoi amici a riconoscere in questo non una sconfitta, ma il compimento della volontà del Signore.

Noi facciamo certamente fatica a dare la vita per i nostri nemici, come ha fatto Gesù, e a volte ci è difficile anche amarci tra di noi, benché egli ci abbia reso suoi amici. Ma certo, ogni volta che celebriamo l’Eucaristia, ci viene domandato di esporre un po’ la nostra esistenza a favore degli altri, portando quel poco che siamo e deponendolo ai piedi di Gesù, perché possa utilizzare noi per far giungere la buona parola del vangelo agli altri. Ed è forse per questo che dovremmo riscoprire il senso del nostro partecipare all’Eucaristia: non perché è un dovere o un precetto comandato dalla Chiesa, ma perché è una nostra necessità, consapevoli che senza di lui – come egli stesso ci ha detto – non possiamo fare nulla.

Nella 53° Giornata Mondiale di preghiera per le Vocazioni domandiamo al Signore di suscitare nel cuore di molti giovani e ragazze il desiderio di donarsi così, di esporre totalmente la propria vita per Dio e per gli altri, nel vivo desiderio di rispondere al comandamento dell’amore.

Don Ettore Colombo
Responsabile della Comunità pastorale “Famiglia di Nazaret”

Per le letture della IV Domenica di Pasqua (Atti 21,8b-14; Filippesi 1,8-14; Giovanni 15,9-17), cliccare qui

Cernusco sul Naviglio, 17 aprile 2016