UN TRITTICO D’IDENTITA’: LA RELIGIONE

“Sant’Agata nasce a Palermo o a Catania nell’anno 238. Consacratasi a Dio come diaconessa intorno ai ventuno anni, esercita un ruolo attivo all’interno della comunità cristiana, impegnata nella catechesi (istruendo alla fede cristiana i nuovi adepti) e preparando i giovani a essere battezzati, comunicati e cresimati. Tra il 250 e il 251 deve fare i conti con le molestie subite dal proconsole Quinziano, arrivato a Catania allo scopo di far abiurare pubblicamente i cristiani, secondo l’editto dell’imperatore Decio. Invaghitosi della ragazza, Quinziano, dopo aver saputo della sua consacrazione, le impone di ripudiare la propria fede: Agata, però, rifiuta di adorare gli dei pagani, e per questo motivo viene affidata per alcune settimane alla custodia rieducativa di Afrodisia, cortigiana corrotta, e delle sue figlie. Lo scopo dell’affidamento a Afrodisia, dedita alla prostituzione sacra in quanto sacerdotessa di Cerere, è quello di corrompere moralmente la giovane siciliana, tra minacce e allettamenti, pressandola psicologicamente al fine di sottometterla alla volontà del proconsole. Portata spesso in orge e ritrovi dionisiaci, però, Agata resiste strenuamente agli attacchi perversi che è costretta a subire, trovando forza nella fede in Dio: al punto che le sue tentatrici, scoraggiate dai continui insuccessi, rinunciano all’impegno di corromperla e la riconsegnano a Quinziano.”

Che cosa è mai l'uomo perché di lui ti ricordi, il figlio dell'uomo, perché te ne curi?”. Questo è il grido di Dio per la sua creatura. L’uomo, invece, punta sulla ragione, per la quale non ha fatto nulla per crearla o acquistarla e a lei si affidaciecamente. Ogni popolo, per quanto potesse essere primitivo, ha avuto sempre una percezione diversa da sé, ovvero aveva sperimentato la presenza di un altro dal quale dipendeva. La relazione di questo rapporto è diventata azione necessaria di vita. Più popoli antichi hanno sempre compreso che le loro forze fisiche e mentali, per essere alimentate, avevano bisogno di una dimensione spirituale, definita sempre in qualche modo come divina. Non c’era frattura tra la materia e lo spirito, perché si arrivava alla divinità con la memorizzazione di segni naturali come la luce, le nubi, il sole, i quali rimandavano in modo allegorico, al valore spirituale. La relazione, inoltre, era strettamente significativa come il vento e lo spirito e come la paternità, o generazione della vita, con il sole. I graffiti e le insegne rupestri hanno sempre dimostrato come l’uomo attingeva la conoscenza della vita, nei suoi gesti quotidiani, in relazione con il loro dio. Ai tempi dei romanila “pietas” non era un” pallino” di pochi, ma una connotazione umana imprescindibile, tanto che quando arrivò il cristianesimo, non fu accettato perché non avevala “pietas”, almeno come pensata allora.Nei tempi primitivi fino ad oggi, solo per i più fortunati, il pensiero del divino non è mai stato un fatto puramente razionale e neppure di mera fantasia, come oggi si vuol far credere, ma una illuminazione alla quale l’uomo partecipa e diventa vita personale, coronata dai vari sentimenti, che l’uomo possiede e manifesta.

Nello scorrere dei secoli, l’uomo non si è accontentato di rivolgersi agli dei come una sorta di umanità superiore, ma ha accolto senza troppi dubbi, una relazione reciproca di paternità e fedeltà filiale. Quando, poi, si arriva all’ebraismo o al cristianesimo, la relazione è fondata su frasi:” ti ho amato di amore eterno”; infatti se Dio è eterno e nello stesso tempo è amore, allora significa che l’umanità è capace di esistere e vivere delle qualità divine, ovvero è immagine e somiglianza di Dio. Un passo oltre, l’uomo si sente generato da Dio, per cui lo chiama Padre, con tutto quanto ne consegue, come l’affettività, la stabilità di un rapporto e la soddisfazione di una vita svolta con gioia. L’esercizio del rapporto fa esclamare: “Il tuo Dio”, ripetuto ben 312 voltenella Bibbia: hai amato la giustizia e odiato l'iniquità, perciò Dio, il tuo Dio, ti ha consacrato
con olio di esultanza, a preferenza dei tuoi compagni
.” Il senso di queste parole rivelal’aria di famiglia, dove grandi e piccini si guardano, si stimano e si completano secondo il senso della vita. Anche nel libro di Giona i marinai hanno rispetto e considerazione per la religione dell’altro e credono nell’intimità del suo Dio: “Gli si avvicinò il capo dell'equipaggio e gli disse: «Che cosa fai così addormentato? Alzati, invoca il tuo Dio! Forse Dio si darà pensiero di noi e non periremo».Infine si noti l’unicità di Dio con il suo popolo, la sua terra e la sua lingua, proprio come due innamorati: “Tu hai sentito oggi il Signore dichiarare che egli sarà Dio per te, ma solo se tu camminerai per le sue vie e osserverai le sue leggi, i suoi comandi, le sue norme e ascolterai la sua voce”.

La storia finisce così:“Questi, (Quinziano) non riuscendo a scalfire i principi della ragazza, la processa. Convocata al palazzo pretorio, Agata viene quindi portata in carcere, dove subisce numerose violenze che hanno lo scopo di farle cambiare idea. Dapprima viene fustigata e, tramite delle tenaglie, sottoposta a un crudele strappo delle mammelle (quella notte riceve la visita di San Pietro, che le risana le ferite rassicurandola, poi è obbligata a camminare sui carboni ardenti. Agata muore nella sua cella la notte del 5 febbraio 251.”

I carnefici di Agata, come quelli di tuti i tempi, pensanoa cancellare la vita, la bellezza e l’amore che, invece, i secoli hanno stabilito, nella memoria di ogni cuore, essere la terra, la lingua e la religione: la vita di un Dio che cammina con potenza negli uomini, rendela sua terra impreziosita, la sua linguachescrive il martirio e la tenacia della vita sulla morte e la religione, ancora dopo 1.769 anni, in ognuno dei quali, si è ricordata e celebrata la martire, ma non certo i malvagi che sono spariti qual povere al vento, che ogni memoria non potrà mai raccogliere.

Paolo Fiorani

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