«NON RASSEGNIAMOCI IN UN MONDO CHE PARE IMPERMEABILE AL BENE»

L’Arcivescovo ha ricordato Santa Gianna Beretta Molla nel XV anniversario della sua canonizzazione e a 25 anni dalla sua beatificazione

Foto da www.chiesadimilano.it

Nella grande Basilica prepositurale di San Martino a Magenta l’arcivescovo, monsignor Mario Delpini, lo scorso 24 aprile, ha presieduto l’Eucaristia a 25 anni dalla beatificazione di santa Gianna Beretta Molla, avvenuta il 24 marzo 1994, e a 15 dalla sua canonizzazione del 16 maggio 2004, l’ultima di san Giovanni Paolo II.

Medico, madre, patrona della famiglia – cui è intitolato il “Santuario della Famiglia” di Mesero, paese dove aveva l’ambulatorio – Santa Gianna è morta a nemmeno 40 anni, il 28 aprile 1962 (ora giorno della sua memoria liturgica), una settimana dopo aver dato alla luce la figlia Giannina.

L’arcivescovo, monsignor Mario Delpini, nel ricordarla ha parlato dell’«impermeabilità» oggi così diffusa. «Come mai alcune situazioni si sclerotizzano e non si riesce in nessun modo a risolverle? Come, talvolta, la famiglia diventa un luogo di amarezza, di frustrazione, di tensione o di scontro aperto e non vi e modo di fare opera di riconciliazione? Come mai alcuni giovani, che hanno davanti tutta la vita, invece di essere disponibili a un cammino, si rendono impermeabili a ogni proposta di bene e di cambiamento?».

Diverse le letture dell’«impermeabilità». «Forse, possiamo darci delle ragioni con una lettura fatalista: se uno nasce e vive in un certo ambiente, se ha certi genitori, non può che diventare insensibile ai valori, precluso a determinati cammini. Oppure, possiamo trovare una soluzione nella superficialità: sono talmente tante le attrattive, i diversivi e le notizie da inseguire, che non vi è più neppure la possibilità di un momento di sosta per chiedersi perché essere così arrabbiati e risentiti. O, ancora, la ragione – nota l’Arcivescovo – è nel discredito che viene gettato su persone e Istituzioni, anche verso la Chiesa, i maestri e gli educatori che non vengono più neanche ascoltati».

«Noi che stiamo celebrando la Pasqua e che crediamo che persino la morte sia stata sconfitta – ha quindi sottolineato l’Arcivescovo - non ci sentiremo mai convinti e autorizzati alla resa di fronte all’impermeabilità. Contemplando la figura di santa Gianna possiamo comprendere come questa continua freschezza, il desiderio di bene, la perseveranza tenace nei valori in cui ha creduto, il suo esempio ci incoraggi a non farci mai cadere le braccia».

L’Arcivescovo ha poi suggerito tre parole, tratte dalle letture della Messa, per «per reagire al fatalismo e alla rassegnazione». L’indicazione «del gesto minimo di attenzione che può recare la presenza di una persona buona. Un fare il bene che non è un programma per risolvere i problemi o una strategia per ottenere dei risultati, ma è il gesto gratuito, immediato, sempre possibile e spicciolo di chi, magari, si è ricordato di noi». Poi, praticare «quel modo di parlare che ascolta le domande, accoglie perplessità e inquietudini, cercando risposte adatte all’interlocutore». Insomma, il dialogo, «la conversazione che non è la pretesa di insegnare, ma l’accompagnamento a capire, che edifica e che fa ardere il cuore». Infine, guardare a Cristo non solo come un esempio o ascoltandolo come un insegnamento, ma sentirlo come un rapporto da «condividere, un essere con Lui attraverso i Sacramenti per risorgere a vita nuova». (Fonte: www.chiesadimilano.it)

Cernusco sul Naviglio, 29 aprile 2019