Giovedì 28 Marzo

PREGHIAMO PER PADRE EMILIO SPINELLI, MISSIONARIO IN BANGLADESH

Le notizie che giungono dal Bangladesh su episodi di violenza a danno dei cristiani destano più di una preoccupazione per i pericoli che potrebbe correre il nostro concittadino padre Emilio Spinelli. Anche se i suoi famigliari assicurano parenti ed amici che, al momento, padre Emilio non correrebbe alcun pericolo, è sereno e in buoni condizioni di salute

La sorella di padre Emilio, che questa mattina (30 novembre) ha parlato con lui, ci ha assicurato che suo fratello è tranquillo, prosegue nei normali impegni della sua missione e ha ormai superato i problemi di salute che lo avevo costretto, nello scorso maggio, a rientrare in Italia e a rimanervi per quattro mesi.

Padre Emilio Spinelli, missionario del Pime, è in Bangladesh da quarant’anni. Nella sua attuale missione - Bhutahara, diocesi di Rajshahi - è circondato, come ci ha raccontato lui stesso, dai suoi “duecento ragazzi e ragazze. Vivono con me, sono un po’ la mia famiglia: senza di loro non riuscirei a vivere. In missione vivo con tre suore bengalesi e spendo il mio tempo visitando a turno i villaggi o ascoltando i problemi della gente, senza discriminazione di razza o di religione. Accanto al nostro villaggio ci sono altri villaggi mussulmani o indu con tutti abbiamo cordiali relazioni: ci fanno partecipi delle loro feste … Vorrei che in Italia imparassimo ad avere maggior rispetto per le differenti fedi dei nostri fratelli extracomunitari.” Della sua missione fanno parte oltre 40 villaggi dove ci sono piccole comunità cristiane.


Padre Emilio Spinelli da quarant'anni missionario in Bangladesh.

«Un sms contente minacce di morte inviato sul cellulare di un sacerdote cattolico; una missiva recapitata ad un pastore battista in cui si citano i nomi di altri 10 religiosi che “devono morire”; una moschea sciita assaltata nel distretto di Bogra. “Ma non è detto che dietro vi sia l’Isis”, dice ad AsiaNews – l’agenzia giornalistica del PIME (Pontificio Istituto Missioni Estere) - una fonte cattolica riguardo il clima di crescente intolleranza religiosa in atto in Bangladesh. La fonte aggiunge anche “che non si hanno certezze sulla matrice degli attacchi. Anzi, con ogni probabilità l’Isis rivendica le violenze ma non ne ha responsabilità. Piuttosto, la cosa certa è che è in corso uno scontro di potere all’interno delle forze islamiche radicali”.» Questo è quanto riferisce AsiaNews in un articolo pubblicato sul suo sito web lo scorso 27 novembre.

«In Bangladesh si assiste ad una vera e propria escalation della violenza contro i leader delle minoranze religiose e i musulmani sciiti. Ad appena una settimana dal tentato omicidio di padre Piero Parolari – prosegue l’Agenzia -, ferito in modo grave da malviventi a Dinajpur, un altro sacerdote ha ricevuto minacce di morte. Si tratta di padre Karlus Toppo, sacerdote della chiesa cattolica del Cristo Re a Nijpara, a circa 35 chilometri da Dinajpur. Egli ha ricevuto un messaggio sul proprio cellulare in cui viene minacciato di morte da radicali dello Stato islamico.»

«La scorsa settimana altri 12 tra sacerdoti e pastori spiega Asia News - hanno ricevuto sms in cui si promette loro la “giusta morte”. Ieri (26 novembre, ndr) poi fondamentalisti islamici hanno recapitato una lettera minatoria al pastore Barnabas Hemrom, capo della chiesa battista di Rangpur. La missiva contiene i nomi di ulteriori 10 pastori battisti che rischiano la vita. Nel testo si legge: “Il nostro piano è uccidere uno ad uno coloro che predicano il Vangelo in Bangladesh. Il nostro Paese sarà governato solo dalle leggi islamiche”.»

«“La tensione è alta, verso la frontiera al nord del Paese è stato anche schierato l’esercito per condurre le ricerche”. Oltre alle continue violenze contro gli stranieri e le comunità religiose di minoranza – riferisce una fonte cattolica ad AsiaNews - il pericolo è che “l’Isis cerchi il protagonismo. Non riconosce il Jamaat-e-Islami (gruppo fondamentalista locale, ndr) come interlocutore, non si appoggia ai suoi membri sul territorio. Il Califfato rivendica ogni gesto di violenza commesso nel Paese”. Questo atteggiamento, conclude la fonte cattolica, rivela un certo opportunismo: “Il Califfato ha influenza, grazie al nome che si è costruito può denunciare violenze anche non commesse dai suoi membri. Tutto questo per aumentare il proprio prestigio”.»


Missionari del PIME in Bangladesh (febbraio 2014): padre Emilio è riconoscibile per la maglietta rossa

«I missionari del Pime sono presenti nel Paese dal lontano 1855. Attualmente sono 29, attivi nelle diocesi di Dhaka, Dinajpur e Rajshahi, al servizio dei più poveri e bisognosi, soprattutto in ambito sanitario ed educativo – puntualizza PIME NEWS in un articolo del 19 novembre scorso pubblicato sul suo sito web - ma anche accanto alle popolazioni tribali e per la promozione del dialogo con l’islam. Un legame forte, quello tra il Pime e il popolo del Bangladesh, che in queste ore si è ulteriormente rinsaldato, come spiega padre Franco Cagnasso (fino a poche settimane fa superiore del Pime in Bangladesh, ndr): «In alcune missioni, i cristiani si sono offerti di fare essi stessi turni di protezione al missionario, notte e giorno, e di accompagnarlo quando deve visitare i villaggi».

«Non ci sentivamo particolarmente in pericolo in questi ultimi tempi – ha dichiarato a PIME NEWS del 19 novembre padre Michele Brambilla, neo-superiore del Pime in Bangladesh - e non c’erano stati allarmi precisi. Ma quello che è successo a padre Piero ci inquieta. Non sappiamo se lo hanno aggredito in quanto straniero o in quanto esponente della Chiesa. Sappiamo però che la polizia ci ha raccomandato di non uscire di casa. È quello che ho chiesto di fare a tutti i nostri missionari. In questo momento dobbiamo essere un po’ prudenti, anche se nessuno di noi ha intenzione di lasciare il Paese».

Accompagniamo padre Emilio nel suo ministero pastorale in Bangladesh con la nostra preghiera, chiedendo al Signore di donargli la necessaria serenità per continuare ad annunciare il Vangelo e per proseguire nella sua intensa azione di promozione umana e sociale. Chiediamo inoltre al Padre il dono della pace per il Bangladesh e per tutti i Paesi colpiti dalla guerra e dalla violenza anticristiana.

Cernusco sul Naviglio, 30 novembre 2015