VIMERCATE, IN AZIENDA TUTTI SOLIDALI CON UN NIGERIANO
Rigettata la richiesta d’asilo, i dipendenti scrivono in massa al giudice. Entro luglio il verdetto. L’amministratore delegato: «Se ce lo lasciano l’assumo»
Un’intera azienda che prende carta e penna e scrive alla Prefettura per dire ai giudici che Harris il nigeriano non può andarsene, che è troppo «un ragazzo d’oro» e se venisse rimpatriato «l’impresa perderebbe il suo valore aggiunto». Succede nell’Italia del Nord operosa e sempre di corsa, ma anche da secoli ospitale, dove ai dipendenti della Imi Norgren di Vimercate, multinazionale leader nella vendita di componenti per automazione industriale, non è andato giù che Harris Momodu, 28 anni, dopo sei mesi di lavoro fianco a fianco si sia visto respingere la domanda di asilo e debba tornare nella Nigeria da cui aveva impiegato due anni per scappare.
Al suo arrivo, nel 2016, aveva chiesto lo status di rifugiato, ma il suo popolo non è 'in guerra', la sua gente non è 'perseguitata', non ci sono 'carestie' o 'epidemie', dunque può tornarsene felicemente a casa... Le norme tagliano i destini con l’accetta, per loro la carneficina domenicale di cristiani nelle chiese della Nigeria non è una guerra, la mancanza di un pasto certo da dare ai figli non è povertà, acqua infetta e analfabetismo non sono vere e proprie epidemie...
«La nostra consulente del lavoro – ha dichiarato ad Avvenire l’amministratore delegato della Imi Norgren – mi ha proposto di permettere a un ragazzo straniero un tirocinio per inserimento lavorativo della durata di un anno, l’idea mi è piaciuta e siamo partiti così, quasi per gioco. Harris all’inizio era impaurito, ma sul lavoro è serio e umile, presto si è fatto voler bene da tutti. Dopo sei mesi il mio bilancio è che grazie a lui il clima aziendale è nettamente migliorato e in un modo o nell’altro siamo tutti cambiati: di immigrazione sentiamo parlare anche troppo dai media, ma è un’iperinformazione che in realtà non ci dice nulla. Finché non incontri un Harris in carne ed ossa e allora conosci le fatiche, il coraggio, la voglia di farcela... Anche io mi unisco ai nostri dipendenti e dico al giudice: lo lasci qua, io mi impegno ad assumerlo».
La richiesta di asilo di Harris è stata cestinata. Sono stati i colleghi a spingerlo a fare ricorso e tutti insieme si sono appellati «al buon senso e alla lungimiranza del giudice» chiedendo che il giovane possa restare. Hanno sommerso il Tribunale di decine e decine di lettere tutte diverse, ognuna con fotocopia della carta d’identità dello scrivente perché abbia valore di testimonianza.
Ora la parola finale spetta appunto al Tribunale di Milano, che a fine luglio emetterà il verdetto. (Avvenire, domenica 8 luglio 2018)
Cernusco sul Naviglio, 9 luglio 2018