CHIAMATI INSIEME A EDIFICARE LA CHIESA IN CUI NESSUNO SI SENTA STRANIERO

Nella V domenica dell’Avvento ambrosiano, in Duomo, sono stati invitati collaboratori familiari, assistenti domestiche, colf e badanti. A tutti il “grazie” dell’arcivescovo Delpini. «Penso che sia un segno dovuto ringraziarvi a nome della città di Milano per quello che fate e che siete»

Perché invitare in Duomo, per la Celebrazione eucaristica di una domenica di Avvento, le badanti e le collaboratrici familiari? Perché – si legge sul sito web della nostra diocesi, www.chiesadimilano.it - poche persone come queste lavoratrici (il 90% sono donne) conoscono la realtà, oggi, dei nuclei familiari. In una gelida V Domenica dell’Avvento ambrosiano, si riflette così – calorosamente e con affetto – mentre l’arcivescovo Delpini dialoga, ai piedi dell’altare maggiore, con badanti, collaboratrici e assistenti domestiche.

Ciò che sottolinea, in apertura, don Alberto Vitali, responsabile dell’Ufficio per la Pastorale dei Migranti è come stia cambiando non solo la società, ma anche la Chiesa in terra ambrosiana. «Ci lamentiamo che i nostri bimbi non sappiano più le preghiere, ma un parroco mi ha detto che alcuni piccoli del suo oratorio conoscono l’Ave Maria in ucraino perché è stata la collaboratrice a insegnarla, non la mamma o la nonna».

Elisabetta, colf di mattina e badante di sera, filippina appartenente alla Comunità di Santo Stefano a Milano, racconta, con commozione, di aver lavorato presso due anziani coniugi di religione ebraica che le sono stati riconoscenti per il servizio prestato, ma anche per la sua preghiera di cattolica. Le fa eco Maria, da 10 anni in Italia, che di lavori ne ha tre: accudire anziani, curare una casa e fare la cameriera in un albergo. «Non basta lavorare bisogna dire cosa abbiamo dentro», spiega con semplicità disarmante.

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Cernusco sul Naviglio, 11 dicembre 2017