DIO CI GIUDICHERÀ “SULL’AMORE PER IL PROSSIMO IN DIFFICOLTÀ”

Il “criterio decisivo del giudizio di Dio, cioè l’amore concreto per il prossimo in difficoltà” - ha spiegato il Papa all’Angelus di domenica 26 novembre - è “il potere dell’amore, la regalità di Dio: solidale con chi soffre per suscitare dappertutto atteggiamenti e opere di misericordia”.


Foto d’archivio da www.agensir.it

“Tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me”. È il versetto evangelico al centro dell’Angelus di domenica 26 novembre di Papa Francesco. “Questa parola – ha commentato Francesco – non finisce mai di colpirci, perché ci rivela fino a che punto arriva l’amore di Dio: fino al punto di immedesimarsi con noi, ma non quando stiamo bene, quando siamo sani e felici, no, ma quando siamo nel bisogno. E in questo modo nascosto lui si lascia incontrare, ci tende la mano come mendicante”.

Il “criterio decisivo del suo giudizio, cioè l’amore concreto per il prossimo in difficoltà”, ha spiegato il Papa, è “il potere dell’amore, la regalità di Dio: solidale con chi soffre per suscitare dappertutto atteggiamenti e opere di misericordia”. La parabola del giudizio prosegue presentando il re che allontana da sé quelli che durante la loro vita non si sono preoccupati delle necessità dei fratelli: “Anche in questo caso – ha detto il Papa – costoro rimangono sorpresi e chiedono: ‘Signore, quando ti abbiamo visto affamato o assetato o straniero o nudo o malato o in carcere, e non ti abbiamo servito?’. Sottinteso: ‘Se ti avessimo visto, sicuramente ti avremmo aiutato!’. Ma il re risponderà: ‘Tutto quello che non avete fatto a uno solo di questi più piccoli, non l’avete fatto a me'”.

“Alla fine della nostra vita saremo giudicati sull’amore, cioè sul nostro concreto impegno di amare e servire Gesù nei nostri fratelli più piccoli e bisognosi”, ha ammonito Francesco: “Quel mendicante, quel bisognoso che tende la mano è Gesù; quell’ammalato che devo visitare è Gesù; quel carcerato è Gesù; quell’affamato è Gesù. Pensiamo a questo. Gesù verrà alla fine dei tempi per giudicare tutte le nazioni, ma viene a noi ogni giorno, in tanti modi, e ci chiede di accoglierlo”.

Di qui l’auspicio di incontrare il Signore “nella sua Parola e nell’Eucaristia, e nello stesso tempo nei fratelli e nelle sorelle che soffrono la fame, la malattia, l’oppressione, l’ingiustizia”.

Riflettendo - La parabola del giudizio ci ricorda che siamo nati per amare nel corso di tutti i minuti e di tutti i giorni della nostra vita. Gesù ci chiede di vivere come fratelli, membri della stessa famiglia umana. Amare vuol dire sostenerci e consolarci secondo le proprie capacità e possibilità. Dobbiamo amarci gli uni e gli altri come Dio ci ha amato. Gesù ci chiede di accoglierlo ogni giorno nel nostro cuore per vivere la sua parola perché ci ama e ci sostiene nelle difficoltà e nelle tribolazioni. Ci chiede di sostenere i nostri simili per dare un senso alla nostra vita e nell'ora del giudizio, per entrare o no nel suo regno, dovremo rendere conto al Signore se abbiamo vissuto la nostra vita nel suo amore o nel disinteresse e rancore verso i nostri fratelli. (Fabio F.)

Per il video / testo completo dell’Angelus di Papa Francesco di domenica 26 novembre 2017, cliccare qui

Cernusco sul Naviglio, 27 novembre 2017