MARTEDÌ A LECCO L’ULTIMO SALUTO A DON GIUSEPPE LOCATELLI
Il funerale di don Giuseppe Locatelli, morto sabato 21 ottobre a Lecco, all’età di 86 anni, verrà celebrato martedì 24 ottobre, alle 14.30, nella chiesa parrocchiale Santa Maria Assunta in Rancio, attigua alla canonica nella quale ha abitato negli ultimi anni. Sarà poi sepolto nel cimitero di via Parini a Lecco. La camera ardente è allestita, sempre a Rancio, nel salone parrocchiale “Don Pietro Ceppi”, vicino alla canonica, con ingresso da via San Giovanni Bosco. Predisposto un servizio bus.
Don Giuseppe Locatelli premia Roberto Galbiati (poi calciatore di Fiorentina e Torino) - anno 1969
Don Giuseppe Locatelli, nato ad Acquate di Lecco il 24 gennaio 1931, fu ordinato sacerdote il 28 giugno 1959. Come primo incarico pastorale venne inviato nella nostra città come responsabile dell’oratorio Sacer. Vi rimase per tredici anni, lasciando in tutti un positivo e duraturo ricordo.
Per favorire la partecipazione dei Cernuschesi al funerale di don Giuseppe Locatelli – che si terrà martedì 24 ottobre, alle ore 14,30, nella chiesa di Santa Maria Assunta a Rancio di Lecco - la nostra Comunità pastorale mette a disposizione un servizio di pullman con ritrovo alle ore 12,30 e partenza alle ore 13,00 davanti al Collegio delle Suore Marcelline (via Marcelline). Chi intende avvalersi di questo servizio è invitato a iscriversi presso la segreteria della Parrocchia Santa Maria Assunta nella mattinata di lunedì, lo può fare anche telefonando allo 02.9243991.
Per capire chi era e che cosa ha fatto don Giuseppe Locatelli a Cernusco, pubblichiamo due testimonianze di Cernuschesi che - in gioventù, negli anni Sessanta - collaborarono intensamente con lui. Le riprendiamo da Voce Amica: la prima è del 1999, la seconda del 2009 dell’ex sindaco Giovanni Farina, pubblicate in occasione, rispettivamente, del quarantesimo e del cinquantesimo anniversario di ordinazione sacerdotale dell’allora assistente della Sacer.
Al Campeggio Sacer (1969)
CLAUDIO TRICELLA: “CI HA EDUCATO ALLA RESPONSABILITÀ” - «Quando nel lontano mese di luglio del 1959 don Giuseppe arrivò a Cernusco, non si capì bene cosa avrebbe fatto, quali competenze gli sarebbero state affidate. In quegli anni monsignor Claudio Guidali era il parroco indiscusso del paese. La Parrocchia era una sola e i due oratori, quello maschile e quello femminile, erano nelle mani sicure di due sacerdoti di grande affidamento: don Felice e don Ercole. Insomma, don Giuseppe arrivava a Cernusco in un momento, sì, di grande crescita urbanistica, però con una parrocchia ben strutturata ed organizzata e condotta da un parroco e due assistenti che non lasciavano spazi scoperti. E per qualche tempo infatti, questo nuovo giovane prete, magro, dalle orecchie a sventola, dagli occhi grandi ed all’apparenza impaurito, lo si vedeva vagare qua e là, in Sacer e per le vie del paese, a cercare contatti, quasi ad elemosinare una chiacchierata con qualcuno. Nemmeno una casa aveva. Non che fosse in mezzo alla strada, questo no. Però tutti i preti che erano passati per Cernusco avevano sempre avuto una casa della parrocchia, una casa isolata, nell’oratorio o nel paese, separata dalle abitazioni della gente. Per don Giuseppe non è stato così. Il parroco gli aveva procurato un appartamento nelle case della Constantes in via Adua, proprio là dove allora finiva il paese e cominciavano i prati e i campi di grano che portavano alla cascina Torriana. E là in quell’appartamento, in mezzo alla gente, don Giuseppe ci abitò con suo papà Agostino.»
«Una cosa va evidenziata però. Già dai primi contattati per la strada o nel cortile della Sacer, questo nuovo prete magro e... piuttosto bruttino, non sembrava tanto prete, o meglio, non era come gli altri preti. Tant’è che quando monsignor Guidali annunciò che don Giuseppe avrebbe assunto l’incarico di assistente dell’oratorio maschile, si diffuse tra noi (allora) giovani una certa perplessità e... sì, anche delusione. Perplessità e delusione che trovarono puntualmente conferma nelle prime riunioni con il nuovo assistente, don Giuseppe appunto, per programmare le attività con i giovani dell’oratorio, dell’Azione Cattolica e di altre realtà esistenti allora in Sacer. Eravamo prima abituati con don Felice, un organizzatore meticoloso e capace, che ci suggeriva proposte piene di estro e di originalità che poi noi ci impegnavamo a realizzare.»
«Con don Giuseppe le cose non andavano così. Lui ripeteva di non essere capace, di non sapere, di non essere all’altezza... ed aspettava da noi proposte progetti e soluzioni. Qualcuno di noi, allora, arrivò a dire che don Giuseppe non era proprio del tutto adatto a condurre un oratorio maschile! E invece? E invece quello era il modo per renderci responsabili, per abituarci giorno dopo giorno, ad assumere le responsabilità ed i rischi delle nostre azioni, per alimentare in noi una sempre maggiore fiducia nelle nostre capacità per farci crescere. Certo, quel metodo comportava dei rischi perché favoriva la crescita delle singole persone che, essendo diverse portava ed ha portato anche alla crescita delle diversità e quindi delle discordanze... di percorsi di vita anche contrapposti.»
«Però, lasciatemelo dire, che fioritura di vocazioni! E non mi riferisco solo alle vocazioni religiose, che pure sono state tante e tutte tanto originali e diverse. Penso alle molteplici “vocazioni laiche” fiorite in quell’epoca tutte caratterizzate dall’originalità e dalla diversità. Entrambe queste vocazioni appaiono oggi come tanti rigagnoli di acqua viva che scendono per sentieri diversi della vita, in direzioni diverse, ma tutte provenienti da quell’unica lontana sorgente. Tanti rigagnoli diversi che due-tre volte all’anno, ancora oggi, trovano il luogo ed il momento per incrociarsi, mescolare le acque scambiandosi esperienze di vita sociale, politica, religiosa, frutto di vissuti su diversi sentieri della vita. E questi incontri sono possibili ancora oggi nonostante le diversità, solo se si accetta il presupposto che sta alla base della Creazione: la persona umana, figlia della vita è collocata prima ed al di sopra di tutto! Per questa grande ricchezza, che ci troviamo gratuitamente tra le mani, grazie a te don Giuseppe. Un grazie però che, deve essere esteso anche ad un altra persona che tanto peso ha avuto in tutta la tua vita sacerdotale e pure in tutti noi, un ruolo nascosto, non sempre visibile, ma efficace. Quella persona è tuo papà, il nostro “Papà Agostino”. Un esempio di delicata attenzione, di profondo rispetto, di costante disponibilità verso tutte le persone che si avvicinavano a lui. Perché anche per lui, la persona umana, “nuda di partiti e religioni” era collocata prima ed al di sopra di tutto!»
Chiesa prepositurale: don Giuseppe
Locatelli presiede la concelebrazione per il suo 50° di ordinazione sacerdotale
(2009)
GIOVANNI FARINA: “DA LUI GRANDE STIMOLO ALL’IMPEGNO IN CAMPO SOCIALE” - Fin dall’inizio di don Giuseppe mi aveva favorevolmente impressionato il suo percorso vocazionale iniziato non nella prima giovinezza, come quasi sempre avveniva allora, ma in età adulta interrompendo gli studi universitari in medicina. Questo fatto, legato alla sua personalità, gli aveva permesso di instaurare da subito rapporti amichevoli, ma esigenti con i giovani dell’oratorio, suscitando una cauta attenzione al suo operare da parte delle persone adulte. Con la realizzazione del Centro sportivo Don Gnocchi, riuscì ad impegnare in prima persona molti giovani e a coinvolgere la popolazione tutta contro ogni più rosea aspettativa. In quegl’anni i miei impegni di lavoro e gli studi universitari mi lasciavano poco tempo per frequentare le attività in oratorio, ma raccoglievo dagli amici sempre più favorevoli apprezzamenti di stima e fiducia in lui anche per il grande stimolo che dava loro verso l’impegno in campo sociale.»
«Nella seconda metà degli anni Sessanta vi era un grande fermento nel mondo giovanile ed universitario che attrasse anche alcuni dei suoi giovani, che lasciarono l’oratorio per aderire a movimenti di contestazione sociale. Il loro allontanamento non impedì a Don Giuseppe, pur dispiaciuto, di mantenere con loro rapporti cordiali di confronto e stima reciproca. Negli stessi anni, altri giovani, me compreso, decisero di impegnarsi nella realtà politica locale dove avrebbero potuto, seguendo le sue sollecitazioni e insegnamenti svolgere un proficuo lavoro ai servizio delle persone e del paese. In pochi minuti ho rivisto alcuni dei momenti più significativi condivisi con lui: la celebrazione del mio matrimonio, pochi giorni prima delle sua partenza per il nuovo incarico di parroco a Magenta; la festa dei cento anni di papà Agostino, che per tutta la vita lo ha accompagnato con grande discrezione e disponibilità, stabilendo allo stesso tempo amichevoli relazioni con tutti. Poi il nostro viaggio in Brasile per condividere la gioia dell’ordinazione sacerdotale di don Enrico Bertazzoli che, come altri giovani, lui ha sempre incoraggiato e sostenuto nell’impegno missionario.»
«Degli anni a Monza, come vicario episcopale, pur vissuti come sempre con grande impegno, ci confidava quanto gli mancasse il contatto diretto con la sua gente, recuperato poi negli ultimi anni con il nuovo incarico di parroco di Inzago. Anche qui è stato molto apprezzato per la sua intensa attività pastorale e la sua capacità, già dimostrata a Cernusco e a Magenta, di coinvolgere tutti nella realizzazione di opere necessarie alle attività parrocchiali ed oratoriane.»
Domenica 2 ottobre
2016: Messa al campo per il 50° del Centro sportivo Don Gnocchi
“SIATE SEMPRE DEI CRISTIANI VERI” - Alla festa di Santa Maria del 1999, don Giuseppe Locatelli ricordò, con una celebrazione eucaristica, il suo quarantesimo di ordinazione sacerdotale. Il santuario era gremito di cernuschesi, accorsi per esprimere riconoscenza a questo sacerdote che tanto si era speso, negli anni Sessanta, per la gioventù cittadina. In quell’occasione, don Giuseppe disse: “io ho dato qualcosa a voi, ma voi avete dato molto di più a me, mi avete fatto imparare a fare il prete”. E poi lasciò una riflessione sul futuro della Chiesa, che oggi suona come profetica: “Siate sempre dei cristiani veri. Siate come la Madonna dei veri seguaci di Cristo. In un’epoca come la nostra segnata da rapide trasformazioni socio-culturali bisogna saper cogliere la sfida del nostro tempo e non rassegnarsi. È necessario passare da una pastorale ordinaria o di mantenimento dell’esistente a una profondamente missionaria e dinamica, per non essere in un futuro prossimo schiacciati dalle nuove situazioni sociali. Non è tempo di piangere sul passato, come se fosse stato il tempo migliore. Il tempo che viviamo è quello giusto. Se così non fosse il Signore ci toglie via. Vediamo invece di riflettere, di prendere coscienza del nostro essere cristiani, e di essere responsabili nella Chiesa e nella società”.
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Cernusco sul Naviglio, 21 ottobre 2017